La pandemia ha messo in evidenza le criticit croniche della sanit pubblica, che ha comunque retto lÕurto, cos come ha modificato profondamente lÕorganizzazione e i modelli di lavoro nella pubblica amministrazione. Serena Sorrentino, segretaria generale della Funzione Pubblica della Cgil, fa il punto su come dovr essere ripensato il settore pubblico, rafforzando gli investimenti e puntando sulle persone e le loro competenze. E per la ripresa, afferma, bisogno puntare su nuovi modelli socio-economici, ma senza commettere errori che metterebbero pi a rischio la salute delle personeSorrentino, la pandemia ha messo a nudo le criticit della sanit pubblica. Quali scelte sbagliate ci siamo portati dietro?I dati pi recenti dimostrano come nella sanit, e in altre filiere del pubblico impiego, ci sia stata una forte contrazione dellÕoccupazione, soprattutto quella stabile, in ragione di anni di blocco del turnover. Nello specifico la sanit ha visto una riduzione di oltre 50mila unit negli ultimi dieci anni. Un impoverimento non solo quantitativo ma anche qualitativo. Infatti la pandemia ha messo in evidenza alcune carenze in determinate aree, sia specialistiche che in termini di servizi territoriali, frutto di scelte politiche ed economiche sbagliate, finalizzate al restringimento del perimetro pubblico. La conferma viene dalla misura dei tagli che la sanit pubblica ha subito negli ultimi anni, con una riduzione di 37 miliardi, tra il 2009 e il 2018, del Fondo Sanitario Nazionale. Questo lo stato di salute con il quale il Servizio Sanitario Nazionale ha dovuto gestire la pandemia.Il sistema ha comunque retto lÕurto.Certamente, ma questo grazie ai nostri professionisti che hanno saputo riorganizzarsi e riorganizzare le strutture per affrontare al meglio la pandemia. La risposta del sistema pubblico stata ottima, nonostante le numerose criticit. Molto meno quella del privato.Perch? Non cÕ stata sinergia tra pubblico e privato?CÕ stata nella misura in cui le strutture private hanno gestito prevalentemente i malati non Covid19, solo pochissime di queste hanno direttamente curato chi stata colpito dal virus. NellÕemergenza si visto come alcune prestazioni e servizi essenziali non possono essere delegati al privato. Un caso esemplifico il modello lombardo, dove per anni si praticata sussidiariet pubblico-privato, e che, a differenza di altre regioni, ha manifestato forti criticit. Dove la sanit territoriale incardinata in una radicata presenza del sistema pubblico pi forte la rete assistenziale ha retto meglio la gestione dellÕemergenza Covid19.Forse andrebbe ripensato proprio questo rapporto.Assolutamente s. La quota persa come finanziamento ordinario del Sistema Sanitario Nazionale ammonta ad una cifra pari a quella privata dei cittadini, orientata verso le strutture private e i fondi sanitari integrativi. In teoria si potrebbe pensare di orientare queste risorse di nuovo verso il sistema pubblico tornando ad un modello pi universale, dove il privato effettivamente aggiuntivo e non in concorrenza.In che modo si potrebbe ovviare a questa situazione?Per quanto riguarda i fondi sanitari integrativi, si potrebbe pensare di convenzionarli con strutture pubbliche. Tuttavia per poter avere tempi di attesa pi brevi come quelli del privato-privato, perch comunque il sistema accreditato ha tempi di attesa che si collocano in posizione mediana, occorre investire nellÕassunzione di personale, nella diagnostica, e nel potenziamento del territorio a partire dalla specialistica ambulatoriale. Oggi il mercato privato riempie il vuoto lasciato dal sistema pubblico su prestazioni di larga diffusione dalle cure odontoiatriche alla riabilitazione, alla gestione della cronicit. Riprendere queste prestazioni allÕinterno del sistema pubblico produrrebbe effetti di maggiore benessere e armonizzazione territoriale nel rispondere ai bisogni di salute.Crede questa crisi riaprir il dibattito sul rapporto Stato-Regioni in materia di sanit, e quello sullÕautonomia differenziata?Sicuramente serve un nuovo equilibrio. Il federalismo solidale al quale ambiva la riforma del Titolo V stato un processo incompleto. Il decentramento amministrativo un qualcosa di positivo, perch accresce la partecipazione democratica delle comunit locali, ma questo non deve trasformarsi in un secessionismo legislativo. LÕistruzione fa capo allo Stato, che in questo modo dovrebbe garantire uniformit, e una certa sinergia tra programmazione e gestione. Nella sanit, invece, cÕ concorrenza, conflitto di competenze tra lo Stato e le singole regioni. Il Ministero della Salute pu dare delle indicazioni, ma non pu obbligare, ad esempio, a uniformare i modelli gestionali. In questo modo il Sistema Sanitario Nazionale si frammentato in venti sistemi regionali diversi, con forte criticit al Sud, facendo venir meno quel principio di universalit che ne costituisce lÕessenza. Non so se sar questa la stagione politica adatta per riforme istituzionali cos profonde, ma quasi sicuramente non potranno essere fatte mantenendo invariata la Costituzione.Il coronavirus ha impattato molto anche nella pubblica amministrazione. Che cosa dovremmo portarci dietro da questa esperienza?LÕepidemia ha dimostrato che la pubblica amministrazione pronta per nuovi modelli organizzativi e di lavoro. Molte attivit ora vengono svolte in smart working o comunque in modalit da remoto. CÕ stata molta flessibilit da parte dei lavoratori ad adattarsi alle nuove circostanze, e una sburocratizzazione di molte procedure. Una flessibilit che invece dimostra meno la dirigenza, ancora orientata a vecchie prassi, che valutano il lavoro in base alla presenza fisica e non sul risultato in termini di raggiungimento degli obiettivi e valutazione degli esiti.In che cosa si dovr insistere?Prima di tutto sulla formazione, che i lavoratori ci chiedono sia come aggiornamento professionale che come processo di acquisizione di nuove competenze. Poi sulla riapertura dei concorsi e su nuove assunzioni. Tra il 2019 e il 2021 previsto lÕesodo di circa 500mila dipendenti, per effetto della legge Fornero e al netto di Quota 100. Andiamo incontro a una vera e propria desertificazione occupazionale, se non si procede ad un piano straordinario di assunzioni, con lÕimpoverimento di servizi essenziali per la collettivit. Dobbiamo inoltre pensare a un nuovo modello di contrattazione, nel quale venga rafforzata quella decentrata, e si dia pi peso e attenzione a tutti gli istituti che possono portare a una maggiore flessibilit della prestazione lavorativa, nuovi modelli di valorizzazione professionale e ad un modo diverso di pensare il rapporto ed il tempo tra vita privata e lavorativa.Il governo come ha gestito questa prima fase?Il nostro paese, come altri, non era pronto ad una pandemia. Inizialmente si forse sottovalutato la gravit e la necessaria priorit da assegnare allÕemergenza sanitaria prima ancora che a quella economica. Prova ne il ritardo per quanto riguarda lÕapprovvigionamento dei dispositivi di protezione individuale, il periodo troppo lungo di attesa prima di arrivare a misure cautelari di diminuzione della circolazione delle persone per abbassare il rischio dei contagi. Ma tutti i ritardi iniziali sono stati colmati dal Governo anche attraverso lÕimportante confronto avuto coi sindacati, e con le istituzioni locali, che hanno dato un contributo rilevante in questa fase delicata, in cui conta molto la coesione sociale per motivare le persone e il sistema economico a gestire e bilanciare i sacrifici che siamo chiamati a fare.Come si dovr affrontare la ripresa?Non dobbiamo commettere errori nella riapertura. La gradualit dovr essere molto pi diluita nel tempo di quanto leggiamo da indiscrezioni varie: se non ci saranno le condizioni di sicurezza sanitaria si dovr aspettare. Non possiamo permetterci un nuovo stress sul Sistema Sanitario Nazionale, e non possiamo far alzare la curva dei contagi in quelle regioni in cui gli effetti della pandemia sono stati minori. La ripresa dovr inoltre essere unÕoccasione per ripensare i nostri stili di vita e di lavoro, ma anche per puntare, come paese, sullÕinnovazione e la ricerca, e a un modello di sviluppo diverso. Non possiamo pensare che le crisi dovute ai cambiamenti climatici e demografici, le ulteriori emergenze sanitarie o altri eventi globali non possano presentarsi nellÕimmediato futuro ponendoci sfide altrettanto se non pi complesse del Covid19. Dobbiamo essere pronti, senza pensare che quando ripartiremo ritorneremo al punto di partenza, ma costruendo sin dÕora le base per un futuro che ci consenta di vincere la sfida per lÕinnovazione e la sostenibilit, in un mondo globale che cammina pi in fretta del dibattito politico interno.Tommaso NutarelliÊ da il diariodellavoro.it
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