Landini Diritti Welfare e ambiente Rifacciamo l’Italia”. L’intervista a ‘la Repubblica’”””

Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, la chiama Çuna nuova ItaliaÈ. ÇUn altro Paese spiega – che abbia al centro un nuovo Stato sociale, il rispetto dellÕambiente, un uso intelligente delle tecnologie digitali, un rapporto diverso tra imprese e lavoro, una stagione, infine, di investimenti pubbliciÈ.——————–La pandemia che si trasforma in unÕoccasione per cambiare? Non vede piuttosto il rischio di una situazione economica e sociale esplosiva, con lÕaumento della povertˆ, il crollo del Pil, lÕimpennata della disoccupazione?ÒCerto che vedo tutto questo. é una situazione pesante, seria, pericolosa. Per questo dobbiamo usare i prossimi mesi per riprogettare il Paese e lÕEuropa, indicare le prioritˆ, scrivere una nuova prospettiva di sviluppo senza dimenticare il Mezzogiorno. LÕultimo decreto del governo cerca di proteggere le persone che lavorano e le imprese. Ma non  sufficiente proteggersi, dobbiamo guardare oltre. E lo dobbiamo fare ora. PerchŽ il Paese pre-Covid non era affatto il mondo dei sogni. Non si tratta di tornare indietro ma di cambiare per andare avanti. Il virus ha fatto emergere tutte le fragilitˆ e le disuguaglianze che si sono accumulate negli anni. LÕemergenza sanitaria si  intrecciata con lÕemergenza sociale e ambientale. E poi la rivoluzione digitale che ci ha travolto. é a tutti evidente che la logica neo-liberista che ha governato il mondo negli ultimi decenni, con meno Stato sociale, meno diritti e pi mercato, non ha pi – se mai ne avesse – risposte da dare. Ma ci rendiamo conto che per tutelare la maggior parte dei lavoratori in difficoltˆ ci siamo dovuti inventare una serie di strumenti, dalle varie indennitˆ alla cassa integrazione, per la frantumazione violenta a cui  stato sottoposto il mercato del lavoro? CÕera bisogno del virus per capire quanto fosse negativo un mercato del lavoro fatto di precarietˆ, assenza di diritti e di tutele, di caporalato e di lavoro nero? La responsabilitˆ di tutta la classe dirigente italiana  quella di ripensare e riscrivere un nuovo modello sociale e un altro modello di sviluppo. Dobbiamo farlo insieme perchŽ anche le nostre divisioni ci hanno danneggiato. Dobbiamo fare sistema, rivolgendoci all`intelligenza collettiva come in altri Paesi europeiÓ.Anche lei fa parte della classe dirigente. Bene: mi dica da dove comincerebbe per scrivere la nuova Italia”?ÒDalla Costituzione, dai principi fondamentali. Dobbiamo investire sul lavoro pubblico, sul servizio sanitario, sulla presenza nel territorio della sanitˆ pubblica e dellÕassistenza socio-sanitaria. Riorganizzare le scuole non  solo un fatto fisico: nellÕera digitale serve una cultura flessibile capace di gestire complessitˆ e differenze. Va affermato un diritto alla formazione permanente perchŽ nessuno resti indietro nell`uso delle tecnologie. Il digital divide  anche una questione democraticaÓ.La rivoluzione tecnologica cancellerˆ posti di lavoro.ÒMa ne pu˜ creare di nuovi che oggi nemmeno consideriamo. Il nuovo oro sono i dati, l`uso dei dati. Che vogliono dire la vita delle persone. Anche questa  una questione precipuamente democratica. Non possiamo lasciare la gestione dei dati in mano a poche multinazionaliÓ.Ci sono aree in Italia in cui non cՏ nemmeno la banda larga.ÒEcco, appunto. Ha una logica secondo lei – che ci siano due societˆ, Tim e Open Fiber, che fanno lo stesso mestiere e costruiscono due reti per la banda larga? Potrebbero benissimo fondersi per fare unÕazienda di sistemaÓ.Pubblica o privata? Auspica il ritorno alla Telecom monopolista?ÒNon si tratta di tornare indietro. Ci sono societˆ pubbliche gestite bene e societˆ private gestite male. Usciamo dai luoghi comuni. Io credo che lo Stato possa essere regolatore e insieme imprenditore. Anche qui lo dice la Costituzione allÕarticolo 41. Non demonizzo il mercato e il profitto, ma penso che le imprese debbano essere virtuose e al servizio della comunitˆ. Bisogna sostenere quelle che si muovono in questa direzione e smetterla con gli aiuti a pioggiaÓ.Si riferisce allo sconto Irap per tutte le imprese?ÒAnche. é stata unÕoperazione politica. Mentre tutta la logica che sostiene il decreto Rilancio va a sostegno delle persone e delle imprese che sono in difficoltˆ, la norma sullÕIrap tratta tutte le aziende allo stesso modo, sia quelle che hanno ridotto il fatturato per colpa della pandemia sia quelle che lÕhanno raddoppiatoÓ.Chi l`ha raddoppiato? Un esempio?ÒCi sono aziende nei settori come il farmaceutico, lÕagro-alimentare, la logistica che certo non hanno perso fatturato ma non verseranno lÕIrap (che finanzia il servizio sanitario) mentre i lavoratori in cassa integrazione continuano a pagare le tasseÓ.Ha parlato di misura “politica”. Cosa intende dire?ÒSanno tutti chi lÕha voluta: la ConfindustriaÓ.Teme lÕattivismo politico del nuovo presidente degli industriali Carlo Bonomi?ÒMa no, non  questo. Ripeto: non ha senso dare i soldi pubblici a chi continua a fatturare. Questo non  pi il momento di mettersi al petto le medaglie. é necessario alzare lo sguardo, smetterla di guardare ai tempi brevi, a quel che succede domani. Bisogna pensare a quel che vogliamo che sia lÕItalia dei prossimi ventÕanni, vanno cambiati anche i rapporti tra imprese e lavoroÓ.Fine del conflitto? Detto da lei colpisce non poco.ÒInfatti, non lÕho detto. Il conflitto che ricerca una mediazione  il cuore della democrazia. Una nuova contrattazione collettiva  lo strumento per disegnare un modello nel quale imprese e lavoratori abbiano pari dignitˆÓ.Un passo verso la democrazia economica, la partecipazione dei lavoratori alle scelte aziendali? Non si  mai fatta in Italia.ÒDobbiamo immaginare un modello nel quale chi lavora possa partecipare e dire la sua sulle decisioni che lo riguardano e definiscono le future strategie. Non dobbiamo tornare indietroÓ.di Roberto Mania ‘la Repubblica’ 16.05.2020″

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