Presidente Draghi, ci permetta un distinguo. Le lacune storiche del presidente

“parla di quegli anni come se fossero qualcosa di negativo da superare, ma invece sono anni da cui imparare, è in quegli anni che si sono fatte le grandi riforme che hanno tenuto insieme i diritti civili e sociali, dallo statuto dei lavoratori al divorzio”.
Maurizio Landini

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di Massimo Mascini* (omissis) …abbiamo ascoltato invece con qualche stupore il presidente Draghi quando subito dopo ha affermato che nel nostro paese le relazioni industriali, che pure ci avevano aiutato a uscire dal dramma del dopoguerra, si fossero arenate dopo solo 15 anni. Alla fine degli anni 60, ha detto il presidente del Consiglio, in Italia si è assistito alla “totale distruzione delle relazioni industriali”. A quel momento, ha aggiunto riportando le parole di un suo amico straniero, “il giocattolo si è rotto”.

Ci permetta presidente di dissentire totalmente da questa lettura di quegli anni. Alla fine degli anni 60 ci fu l’autunno caldo e subito dopo venne lo Statuto dei lavoratori, due fatti di alto valore civile che hanno allargato il perimetro della democrazia in Italia, non lo hanno certo distrutto. Nei primi anni settanta ci fu un prevalere delle ragioni sindacali, forse in maniera esagerata, dando luogo a quella che Giuseppe Glisenti chiamò “la sfida che spacca le aziende”. Ma il paese si riprese da quel momento molto in fretta, le forze si riequilibrarono, forse anche troppo velocemente se nel 1980 ci fu la vertenza Fiat e i 35 giorni ai cancelli di Mirafiori. Ma le relazioni industriali non finirono certamente lì, per tutti gli anni 80 imprenditori e sindacati trattarono duramente, ma con grande vitalità sulla scala mobile. E nei primi anni 90 avemmo i grandi accordi, nel 1992 e nel 1993, quando le parti sociali in un momento di difficoltà generale arrivarono a dettare le linee portanti della politica economica del paese.

Una grande vitalità, presidente, il giocattolo non si era per nulla rotto, era vivo quanto mai e funzionava alla grande. Semmai furono proprio gli anni 50 e 60 a non brillare per la qualità delle relazioni industriali, segnate per lo più da una battaglia durissima tra capitale e lavoro, dove non era certo il lavoro ad averla vinta. Non fu un caso se nel 1969 scoppiò l’autunno caldo. Mio padre, che trattava il rinnovo del contratto dei chimici per la parte industriale, mi raccontò nel 1966 che avevano appena firmato un rinnovo contrattuale nel quale avevano concesso poco o nulla alla parte operaia. “E’ stato un errore, mi disse mio padre, che pure militava nella parte opposta, ce ne pentiremo”. E tre anni dopo ci fu l’autunno caldo.
* direttore responsabile ildiariodellavoro.it

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