(di Alessandra Magliaro) Farsi memoria, avere come missione di vita quella della testimonianza, essere lì con i segni sul braccio e gli squarci dentro, e parlare, e raccontare, e riprovare il dolore altre 100 indicibili volte, dire a chi si ha davanti ‘ecco cosa è stato il più folle dei progetti’, lo sterminio di una ‘razza’ e quello di chi era diverso – gli omosessuali, i disabili, i rom – e di chi non la pensava come il dittatore – gli oppositori politici. Araldo della memoria, come lo chiama la senatrice Liliana Segre, è uno straziante ‘mestiere’: si è costretti pubblicamente a ricordare, a non dimenticare. “Sono vivo affinchè possa testimoniare, ecco perchè sono uscito dal campo, c’era un disegno più grande per me, e andrò avanti a ricordare fin che vivrò”, ha detto Sami Modiano, 90 anni, in una intervista a Monica Maggioni su Rai1, commuovendosi ad ogni frase. E – nel ventesimo anniversario dell’istituzione del Giorno della Memoria il 27 gennaio, a ricordo di quando 76 anni fa fu liberato il simbolo di tutto questo, il campo nazista di sterminio ad Auschwitz – dobbiamo dire loro grazie, grazie dello sforzo immane di ricordare. Stiamo vivendo un’agonia della memoria diretta e forse per questo si è fatta più concitata, più consapevole che questi ultimi sono davvero gli ultimi, nomi che dovremmo sapere tutti a memoria, persone che si rivolgono soprattutto alle giovani generazioni che si chiedono come è potuto accadere e come è stato possibile il silenzio di chi ha continuato a vivere, seppure con le sofferenze della guerra. Poi resteranno i libri, centinaia ormai in Italia e nel mondo, i diari, i film, i documentari, le fondazioni custodi di memoria – dal Museo della Shoah a Roma, al Memoriale delle vittime della persecuzione antiebraica 1943-45 con l’indicazione e le biografie dei Nomi della Shoah diretto da Liliana Picciotto, dall’Associazione Figli della Shoah con sede a Milano e presieduta da Liliana Segre, alla fondazione di Steven Spielberg UscShoah, fino a alle pietre d’inciampo (le Stolpersteine di Gunter Demnig) per le strade d’Europa e al profilo twitter di Auschwitz Memorial. Quest’ultimo ogni giorno racconta in breve le storie di 1.1 milioni di internati lì dentro, postando le loro immagini e spiegando: quando è arrivata la persona, da dove, che viaggio ha fatto per arrivare nel campo di sterminio e come è morta. Secondo l’analisi dell’Unione delle Comunità ebraiche italiane e dello scrittore e storico Marcello Pezzetti, che cura il museo di Roma, i sopravvissuti in Italia sono ormai una decina, 11 ad oggi come conferma all’ANSA. A loro vanno aggiunti i sopravvissuti non ebrei, ex deportati politici tra i circa 1000 italiani che subirono il male dei campi di sterminio e che sono ad oggi in vita. “Sarebbe un errore non tutelarne la memoria al pari di altri”, dice all’ANSA Dario Venegoni presidente dell’ANED Associazione Nazionale Ex Deportati nei campi nazisti. In totale potrebbero essere circa 20. Sono Sami Modiano, 90 anni (da Rodi a Birkenau all’età di 13 anni. La sua storia è nel libro di Walter Veltroni, Tana libera tutti), Edith Bruck, 88 anni (scrittrice, regista, deportata a 13 anni prima ad Auschwitz e poi in altri campi di sterminio: Dachau, Christianstadt, infine Bergen Belsen), Liliana Segre, 90 anni (senatrice a vita, numero di matricola 75190, dei 776 bambini italiani di età inferiore ai 14 anni che furono deportati ad Auschwitz, fu tra i 25 sopravvissuti di allora), Virginia Gattegno, 97 anni (matricola A 24324, ultima testimone veneziana), le sorelle di Fiume Andra e Tatiana Bucci, rispettivamente 81 e 83 anni, testimone dell’orrore più assurdo, quello degli esperimenti di Mengele, Arianna Szörényi, anche lei di Fiume (numero di matricola 89219, portata ad Auschwitz e poi a Bergen Belsen dalla Risiera di San Sabba ad appena 11 come racconterà nel libro Una bambina ad Auschwitz, Mursia), Diamantina Vivante Salonicchio, 82 anni (nata a Trieste nel 1928, sopravvissuta a Ravensbrück, Rosa Hanan, 100 anni (nata a Rodi nel 1920, sopravvissuta ad Auschwitz), Donato Di Veroli, 86 anni (matricola ad Auschwitz con il tatuaggio numero A-5372, è l’ultimo in vita degli ebrei romani deportati, dopo la morte di Pietro Terracina), Goti Bauer, 86 anni (nome di nascita Agata Herskovitz , nata in Cecoslovacchia, detenuta a Fossoli, poi deportata ad Auschwitz-Birkenau. Matricola A-5372, è da oltre 20 anni infaticabile testimone della Shoah con gli studenti di Milano dove risiede). Venegoni, presidente Aned cita alcuni altri testimoni viventi: Gilberto Salmoni, 83 anni, presidente di Aned Genova deportato all’età di 16 anni a Buchenwald, Vittorio Bocchetta, 102 anni, veronese d’adozione, antifascista e partigiano, Alessandro Scanagatti, classe 1927, nato a Buscate, partigiano, deportato e sopravvissuto a Mathausen come Ennio Trivellin (presidente Aned di Verona), staffetta partigiana classe 1928, Loredana Bulgarelli, ex deportata politica a Mauthausen, poi ad Auschwitz e infine a Flossenburg. E poi ultimo per età e forse tra i più anziani in vita lo scrittore sloveno nato a Trieste Boris Pahor, 108 anni, partigiano sopravvissuto a Dachau e Bergen-Belsen. Recentemente sono scomparsi gli ebrei Nedo Fiano (il 19 dicembre 2020, deportato a 14 anni ad Auschwitz, è stato consulente di Roberto Benigni per La vita è bella, il figlio Emanuele ha scritto Il profumo di mio padre, uscito in questi giorni per Piemme), Joseph Varon (morto il 3 marzo 2020), Franco Schoneit (il ‘ragazzo’ di Buchenvwald, morto nel 2020) Piero Terracina (scomparso l’8 dicembre 2019), Alberto Sed (morto il 3 novembre 2019). (ANSA).
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