La ricerca italiana “è in miseria”, e anche la pandemia lo ha dimostrato, con il nostro paese che deve guardare all’estero per lo sviluppo di farmaci e vaccini. Lo ha affermato Silvio Garattini, fondatore e presidente dell’istituto Mario Negri di Milano, durante un evento online dell’Associazione Per il Progresso del Paese. “Bisogna fare l’elogio ai nostri ricercatori, che pur nella situazione che abbiamo sono riusciti a fare quello che potevano, ma si stanno facendo molte più rilevazioni che sperimentazioni – ha spiegato Garattini -. Se prendiamo anche le cose positive, come il vaccino di Oxford sviluppato insieme a Pomezia o l’attività che si fa a Siena, si vede dietro ci sono delle multinazionali non italiane. Questa è la conseguenza di tutti i problemi che ha questo settore in Italia, basti pensare che per fare studi seri sul virus servono esperimenti su animali come le scimmie, e in Italia non si possono allevare, e ci vogliono due anni per avere le autorizzazioni a utilizzare quelle importate”. Quello dei test sugli animali è solo uno dei problemi dei ricercatori nel campo delle scienze della vita. “In Italia la ricerca è semplicemente in miseria – ha sottolineato il farmacologo , che con l’associazione proporrà l’istituzione di una cabina di regia per la ricerca -, spendiamo la metà dei francesi, un terzo dei tedeschi, metà della media dei paesi europei. Abbiamo un basso numero di ricercatori, e anche le poche risorse sono frammentate. La ricerca è considerata una spesa, ma Invece è un investimento, che però dà un ritorno a lungo termine. Perché c’è questa situazione? La scienza non fa parte della nostra cultura, anche a scuola si insegnano le materie ma non si insegna la scienza, come fonte di conoscenza, o la metodologia scientifica. Abbiamo bisogno di fatti, per dare un’idea con un miliardo di euro all’anno faremmo 9mila ricercatori in più, ma ci sono anche interventi più semplici, come togliere l’iva dalla strumentazione e dai reagenti”. (ANSA).
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