UNIONCAMERE: NEI PRIMI 3 MESI 89.000 DIPENDENTI IN MENO NELLE IMPRESE

Quasi 89mila dipendenti in meno nelle imprese italiane nei primi tre mesi del 2009. Questa la previsione che emerge dall’ultima indagine trimestrale realizzata a gennaio 2009 dal Centro Studi di Unioncamere su un campione di oltre 3.200 imprese con almeno un dipendente, operanti in tutti i settori di attivita’ economica, dall’industria al commercio e agli altri servizi.L’analisi ha consentito anche di evidenziare l’effetto della crisi sui rapporti tra imprese e banche: il 31% delle imprese segnala un peggioramento delle condizioni di credito nell’ultimo anno, ancor piu’ evidente per quelle operanti nei vari settori del manifatturiero.In particolare, dall’analisi si evince che le aspettative di crescita delle imprese italiane sul versante occupazionale sono nettamente peggiorate sul finire dello scorso anno: mentre i consuntivi di settembre 2008 davano ancora una crescita occupazionale pari a poco meno di 111mila dipendenti rispetto all’inizio dell’anno, il bilancio a fine dicembre 2008 ha evidenziato 111.100 posti di lavoro in meno. Questo significa che la flessione complessiva dell’occupazione, nell’arco di tutti i dodici mesi del 2008, e’ stata pari a -1,0% (al netto dei flussi relativi ai contratti a progetto e ai lavoratori in somministrazione). Le previsioni per i primi tre mesi del 2009 sono, inoltre, di una flessione di 88.700 occupati, pari a un ulteriore -0,8% rispetto ai dipendenti in forza alle aziende al 31 dicembre 2008.Inoltre, rileva l’indagine, il 31% delle imprese industriali e terziarie ha avvertito un peggioramento delle condizioni del credito nell’ultimo anno, quota che raggiunge il 33,3% nel caso delle aziende manifatturiere.Nel complesso, il peggioramento delle condizioni creditizie riguarda in primo luogo gli spread e, dunque, un costo del danaro piu’ elevato (43,2% delle segnalazioni di difficolta’), che distanzia l’incremento delle garanzie richieste (33,7%); un ulteriore 20% dei problemi avvertiti dalle imprese riguarda invece una limitazione nell’ammontare del credito erogabile. Le aziende del Mezzogiorno sono quelle che con piu’ frequenza temono un ulteriore aumento del costo del denaro (48% di quelle che indicano un peggioramento delle condizioni di accesso al credito), al Centro si avverte una maggiore richiesta di garanzie reali (44,7%), mentre al Nord le aziende soffrono in misura maggiore di limitazioni nell’entita’ del finanziamento richiesto (tra il 21% e il 23% circa).A tali differenze a livello territoriale corrispondono comportamenti diversi in base alla dimensione aziendale: nel manifatturiero, le piccole imprese (fino a 49 dipendenti) imputano le difficolta’ di accesso al credito soprattutto a tassi e costi bancari piu’ onerosi (40,5%) e, in seconda battuta, all’incremento delle garanzie richieste (37,8%). Si tratta di quote in entrambi i casi superiori a quanto rilevato per quelle di piu’ grandi dimensioni (rispettivamente 27,4% e 33,5%), che, al contrario, soffrono maggiormente per una limitazione nell’ammontare del credito richiesto (34,1% di quelle con difficolta’ creditizie, contro il 19,8% rilevato per le piccole imprese).ASCA

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