Toscana, il motore non riparte: nei prossimi tre anni la regione crescerà meno dell’Italia

Cgil: «Serve più pubblico». Nardini: «Il motore della nostra regione stenta a riprendersi»
Un appello forte alla Regione perché faccia politiche industriali e sostenga la manifattura, anche attraverso uno scatto su infrastrutture e formazione. Ieri la Cgil toscana ha fatto il punto sul futuro prossimo in un convegno dal titolo emblematico «La Toscana al bivio: declino e ripresa?» e la risposta è stata che per la ripresa occorre un ruolo pubblico più incisivo rispetto al passato. Ad iniziare da Palazzo Strozzi Sacrati. Cuore del confronto il report di Irpet e le richieste dei territorio di Firenze, Arezzo e Livorno e al dibattito è intervenuta anche l’assessora al lavoro della Regione, Alessandra Nardini. «Il motore della nostra regione stenta a riprendere — ha spiegato Mirco Lami, della Cgil regionale, per quasi quaranta anni operaio alle acciaierie di Piombino — ad esempio nel settore della moda, in quello dell’oro, ci sono i problemi di logistica e collegamenti che sono noti da tempo, zone forti come Firenze soffrono per il turismo, anche perché non è visto come industria e non si investe, preferendo la bassa qualità anche del lavoro, e abbiamo aperti in Toscana 28 tavoli di crisi, senza dire della Gkn e degli inaccettabili licenziamenti. Servono una vertenza industria e manifattura verso la Regione e l’intervento dello Stato».

Il direttore di Irpet, Nicola Sciclone, ha «fotografato» punti di forza e di debolezza strutturali della Toscana e della ripresa che è in atto. A partire dall’export che nei primi tre mesi del 2021 ha segnato +6% nel primo trimestre 2019 e +14% sul primo trimestre 2020 nel quale gli effetti della pandemia già si facevano sentire. Bene anche la produzione industriale ad aprile sull’aprile 2020 (mentre siamo ancora sotto i livelli dell’aprile 2019), «ma la ripresa del lavoro è più lenta, con crescita ancora molto contenuta, e la presenza di cassa integrazione a maggio nei settori del commercio degli alberghi e della ristorazione». Irpet ha promosso i sostegni arrivati durante la pandemia ed il reddito di cittadinanza, che hanno permesso di contenere il numeri di nuovi poveri a poco più di 11.000 ed ha dato i numeri della recessione. «Ogni toscano ha perso reddito per 630 euro, ogni famiglia per 1.606 euro, se consideriamo il Pil, cioè la ricchezza complessiva prodotta, per ogni residente la Toscana ha perso 3.405 euro e per ogni occupato ben 6 mila euro — ha aggiunto Sciclone — Un prezzo pagato di più da donne, giovani e stranieri. E secondo le nostre previsioni, che includono gli effetti del Pnrr, nei prossimi tre anni la Toscana crescerà meno dell’Italia, ed il Pil con un +8,8 (+9,3 l’Italia) non recupererà il crollo del 2020 che è stato di circa 11 punti». Pesante anche il consuntivo della perdita di lavoro nel 2020, nonostante il congelamento dei licenziamenti, il particolare lungo tutto l’asse dell’Arno e a Livorno, e Sciclone ha concluso sottolineando la necessità di far ripartire la domanda interna e gli investimenti pubblici.

Alessandra Nardini, assessore regionale al lavoro, ha assicurato l’impegno della Regione sulla formazione, alla luce delle nuove esigenze e della riconversione green dell’economia, e sul lavoro, chiedendo più potere alle Regioni sulla formazione stessa. «Dobbiamo agire anche sulla parità di genere, sfruttando il Pnrr, con la pandemia le diseguaglianze sono aumentate, cercare lavoro di qualità, ad esempio i tirocini sono stati usati in modo distorto e nei rider, anche con la concertazione». Paola Galgani (Cgil Firenze) ha insistito sulla crisi della Gkn, ribandendo che è stato un errore togliere il blocco dei licenziamenti, e sulla necessità di scelte rapide sulle strategie per evitare il declino e la de industrializzazione della Toscana: «Il caso Gkn non è stato il primo e c’è il rischio che non sia l’ultimo, oltre la Regione vanno chiamati in causa gli industriali e le loro responsabilità. Anche il turismo deve diventare una industria, così come vanno rafforzate le filiere dei distretti». Da Livorno i sindacalisti della Cgil hanno insistito sulla carenza di infrastrutture, portuali, stradali e ferroviarie, ad Arezzo sul peso della crisi per il distretto orafo, che fa anche accessori per la moda e quindi ha risentito anche della congiuntura negativa del settore, e Lami ha concluso: «Non vogliamo assistenzialismo, ma sviluppo. L’Italia ha vinto gli Europei, festeggiamo, bene, ma i problemi restano e occorrono investimenti e politiche industriali».
di Mauro Bonciani da ilcorrierefiorentino.it

 

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