Massa Carrara: Vertenza Territoriale; Gozzani (Cgil), “Non ci ascoltano e per questo sarà lotta”

Più poveri, meno competenti, più distanti dai luoghi dove si prendono le decisioni e meno rappresentati. E non è solo colpa del Covid che anche in provincia di Massa Carrara è diventato sinonimo di crisi e impoverimento. La pandemia è una pesante aggravante. Ma le difficoltà ci sono da almeno tre decenni. In altre parole piove sul bagnato in un territorio dove, parlando per metafora, si litiga anche per chi deve aprire l’ombrello. A fotografare il “momento estremamente difficile” che vive la provincia, alle prese con una ripartenza a macchia di leopardo segnata da profonde criticità, come quelle dell’insufficiente sicurezza nei luoghi di lavoro, è Paolo Gozzani, segretario della Cgil di Massa Carrara.

Come descriverebbe il momento che sta vivendo la provincia?
“Stiamo attraversando un momento estremamente difficile perché proveniamo da una crisi che non è recente ma di lunga durata e parte dalla dismissione delle grandi fabbriche che, su questo territorio, avevano numeri molto significativi, assicuravano lavoro stabile e di qualità accompagnato da conoscenze e competenze che sono andate disperse. Le dismissioni hanno portato a problemi sociali ed economici ma anche a vincoli dal punto di vista ambientale e idrogeologico particolarmente gravi. Quegli stessi vincoli oggi responsabili dell’assenza di sviluppo che si protrae da trenta anni. Se c’è stata una reindustrializzazione ha avuto poco successo o comunque ha portato poco beneficio al territorio. I vincoli che ci portiamo dietro da trenta anni ci hanno indebolito. E se a questi aggiungiamo la crisi del 2008, quella pandemica è facile comprendere come a questo territorio manchi l’ossigeno per sopravvivere. E gli effetti hanno riguardato tutti, compreso il commercio, piccolo e medio, praticamente scomparso da Massa e Carrara. Poi ci sono stati problemi anche per un altro motore di sviluppo, quello balneare. Abbiamo subìto la progressiva perdita delle spiagge e il settore non è riuscito ad avere uno sviluppo per attirare turisti di lunga durata. Resta il marmo, un bene e una grande peculiarità che ha un valore intrinseco riconosciuto in tutto il mondo. Ma è un bene non riproducibile che produce ricchezza per pochi e questa situazione determina una profonda ferita tra grandi aziende e resto del territorio: c’è una comunità che si sente defraudata da questa escavazione di cui beneficiano pochi che crea problemi ambientali, paesaggistici, idrogeologici. Lì bisogna intervenire”.

In che modo si esce dalla crisi?
“Liberando al più presto dai vincoli le aree produttive per renderle appetibili al manifatturiero tramite il quale creare rapporti di lavoro di qualità. Ma dobbiamo agire immediatamente, come chiediamo con forza come sindacati nell’ambito della nostra vertenza provinciale, attivando gli strumenti regionali e governativi per intervenire sui Sir e sui Sin e, insieme, per favorire una sinergia tra aree produttive, logistica e portualità. In questo senso un altro punto dirimente è andare all’approvazione del piano regolatore portuale e, per restare sulla costa, fare in modo che il distretto della nautica apuano faccia un salto di qualità, anche grazie all`accesso al mare, senza limitarsi a lavorazioni di basso livello. Penso, poi, a un patto tra portualità, istituzioni e balneari perché il tema del ripascimento deve essere interesse di tutti, non di una sola categoria. Sul lapideo va costruita la filiera: scavare di meno e creare un processo che ritorni a valorizzare il marmo attraverso la formazione – e quindi la scuola e l’università – e l’arte. I segnali che arrivano anche dalle scuole sono preoccupanti: le competenze, le conoscenze dei giovani vanno altrove”.

Tutti obiettivi sui quali, crediamo, non sia impossibile trovare un`intesa. Tuttavia è evidente che sia mancato e manchi qualcosa perché il territorio lavori allo scopo di raggiungerli. Cosa manca?
“Se parliamo di marmo credo che gli imprenditori debbano essere meno conflittuali, la smettano di rivolgersi ai tribunali e lavorino per una maggiore sinergia e coesione. Il lapideo è un settore che esprime troppe ingiustizie e scarsa coesione. In più dobbiamo fare un salto di qualità dal punto di vista politico. Siamo periferia per la Regione e per rappresentanza governativa. Dobbiamo rafforzare la rappresentanza con una maggiore unità di intenti: le lotte interne ci hanno molto indebolito. Questo territorio non deve solo lamentarsi ma unirsi, proporre e far valere le proprie ragioni. Con unità e autorevolezza”.

E ci sono segnali che la fanno essere fiducioso in questo senso?
“Abbiamo aperto una vertenza territoriale e non ci sta a sentire nessuno. Prendiamo il caso della vicenda Sanac, della Industria Marmi e Macchine (Imm), così come lo stato di agitazione che hanno proclamato i lavoratori della sanità che-considerati eroi durante la crisi del Covid – sono ritornati a essere degli invisibili che lavorano sotto organico e in condizioni massacranti: abbiamo manifestato, incontrato, scritto e urlato con forza le nostre istanze, non c’è stato alcun ritorno. Sulla vertenza territoriale anche le istituzioni non hanno svolto il proprio ruolo, non hanno saputo costruire alleanze. Si fa il tavolo ma si rimane sulla superficie. Occorre entrare nel merito, definire le priorità, portarle avanti. E questo va fatto “ieri” perché è già tardi. Abbiamo bisogno di soluzioni più importanti e a partire da Sanac, da Imm e dalla sanità, promuoveremo mobilitazioni, pur consapevoli che genereranno conflittualità, perché è necessaria una maggiore considerazione: abbiamo progetti e proposte per costruire soluzioni ma da soli non possiamo farlo ed è indispensabile che chi vuole farlo sia concreto. Attualmente non sentiamo di aver raggiunto questo livello. Ci arriveremo con la lotta per ridare ai lavoratori e al territorio la speranza di rialzare la testa”.

Ha citato la Imm: cosa non sta funzionando, perché non si riparte?
“Il vero motivo? I primi a non crederci sono stati gli imprenditori del marmo. La fiera era lo strumento di promozione di un territorio e della filiera legata al marmo, alla sua lavorazione di qualità e quindi alle macchine. Oggi si scava per rendita e speculazione anziché per far lavorare l`intero territorio e produrre maggiore ricchezza”.

Al tema della ripartenza si lega anche quello della sicurezza nei luoghi di lavoro. E Massa Carrara non fa eccezione rispetto all’aggravarsi dell’incidenza di morti e feriti: qual’è la situazione?
“È un tema che viene spesso affrontato con molta retorica e superficialità. Non c’è fatalità quando accadono incidenti sul lavoro, c’è sempre una responsabilità. E la principale è legata al fatto che sono peggiorate le condizioni di lavoro: il valore primario è diventato il profitto e il lavoratore oggi è più ricattabile anche per la scarsa qualità nei rapporti di lavoro che sono diventati una giungla di partite Iva, subappalti e contratti atipici. Ma c’è una risposta che possiamo dare: bisogna legiferare, come è stato fatto nel settore pubblico per i subappalti. Le forze politiche devono con atti concreti trovare le soluzioni, intanto aumentando il numero degli ispettori e poi interrompendo la catena micidiale dei subappalti”.

Quale percorso immaginate perché le soluzioni alla crisi decennale della provincia possano concretizzarsi?
“Un accordo di programma che tenga insieme la complessità della crisi del nostro territorio e che abbia come finalità lo sviluppo sostenibile dei settori trainanti: industria, marmo e turismo”.

Di Valentina Landucci da IL TIRRENO MASSA CARRARA ed 24.10.2021

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