L’ultima frontiera I precari pagati con i buoni pasto. Stelloni (Cgil); Rifiutateli. [ da Il Tirreno]

Finora utilizzati per pagare i lavoratori al nero soprattutto nei pubblici esercizi a carattere stagionale. Il fenomeno emerso per le prime vertenze sindacali, a essere coinvolti spesso persone cinquantenni che hanno esaurito gli ammortizzatori Ai camerieri ancora non ci sono arrivati. Per ora, i buoni pasto i datori di lavoro li usano per pagare i lavapiatti, gli sguatteri di cucina, chi si occupa di pulire. Una scodella di minestra – o poco pi— – in cambio di un’ora di lavoro. Eccola qui l’ultima frontiera della disperazione. Del precariato che supera se stesso. Del lavoro nero che baratta la paga in denaro con il cibo. Proprio ieri a Firenze, Š stata conciliata una delle prime vertenze. In Toscana sono una decina in tutto in questo momento. Il fenomeno, per• – ammette la Cgil – Š molto pi— ampio. Almeno tre volte pi— grande di quello che appare. Farlo emergere non Š facile, perch‚ chi lo subisce Š disperato. Ha bisogno di lavorare per mangiare. A volte sono ragazzi, giovanissimi. Ma, molto pi— spesso, sono ultra 55enni disoccupati di lungo corso, che hanno esaurito tutti gli ammortizzatori sociali. Non hanno pi— cassa integrazione, non hanno sostegni di alcun tipo. E la preoccupazione – spiega Luana Del Bino, responsabile regionale dell’ufficio vertenze della Cgil – Š di mangiare tutti i giorni. Di arrivare a sera e mettere qualche cosa in tavola. Per s‚ e magari anche per la famiglia. E, quindi, vanno bene pure i buoni pasto per la spesa, invece dei soldi. Ai datori di lavoro – denuncia la Cgil – di sicuro: spendono poco, meno perfino che con i voucher (i buoni lavoro), visto che il taglio minimo dei buoni pasto cartacei Š di 5,29 euro, mentre il voucher vale 10 euro l’ora e garantisce un salario netto di 7,50 euro al lavoratore. Inoltre, con questo sistema i datori pagano solo a nero e possono perfino scaricare dalle tasse quello che spendono per comprare i buoni pasto che esistono di vario taglio: fino a 12 euro, anche se quelli che vanno per la maggiore sembrano quelli intorno a 10 euro. Sembra incredibile, eppure Š cos. Anche in Toscana. Le prime segnalazioni – esordisce Luana Del Bino – arrivano al sindacato, dalla zona di Firenze, a dicembre, sotto le feste di Natale, in periodo di saldi. ®Il settore pi— colpito, infatti, Š il commercio. Il terziario. Pi— che i negozi, in realt…, parliamo di pubblici esercizi. Bar, ristoranti: in generale di locali che esercitano attivit… stagionale, magari nei centri storici e che non hanno molti dipendenti. I pubblici esercizi pi— strutturati, in effetti, anche per le assunzioni straordinarie ormai ricorrono ai voucher, i buoni lavoro da 10 euro l’ora che erano stati pensati per contrastare il lavoro nero¯. E che ora sono stati perfezionati: sono stati personalizzati: l’imprenditore che li acquista (dal tabaccaio o all’Inps) Š obbligato a inserire il nominativo e il codice fiscale del lavoratore al quale li cede, per evitare il fenomeno dell’evasione che era esploso all’inizio dell’utilizzo dei buoni: ®Molti imprenditori, infatti, quando i voucher erano anonimi – conferma Luana Del Bino – pagavano al lavoratore un solo buono da 10 euro e gli altri acquistati se li tenevano nel cassetto. Regolarizzavano il pagamento di un’ora di lavoro¯. Per il resto continuavano con il nero. Ora che questa pratica Š diventata pi— complicata con i voucher – perch‚ si deve comunicare a Inps e Ispettorato del Lavoro a chi si cedono – si inventa un altro sistema: il pagamento con i buoni pasto. ®Qui abbiamo raggiunto, finora, il massimo dell’irregolarit… – illustra Luana Del Bino – perch‚ almeno i voucher contengono una quota (2,50 euro) destinati all’Inps, come contributi per la pensione e affinai` per l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro¯. Invece il pagamento con i buoni pasto Š priva ®di qualsiasi garanzia per il lavoratore. Del resto, il ticket nasce non per pagare il lavoro ma come benefit per le aziende che non sono dotate di mensa aziendale. E’ un beneficio che il datore di lavoro riconosce al dipendente, al pari di un cellulare, dell’auto aziendale o del computer¯. Proprio perch‚ il buono pasto Š un bene di servizio, la legge consente al datore di lavoro che lo acquista di dedurre per intero il costo sostenuto dal bilancio. ®Grazie a questo sistema – attacca Luana Del Bino-i datori di lavoro possono continuare a pagare in nero i dipendenti utilizzando gli incassi non dichiarati. Ma con una trovata che li fa sentire pi— sicuri¯. A meno che il lavoratore, esasperato, non denunci la situazione. Al momento, per•, le vertenze aperte in Toscana sono solo una decina e per lo pi— concentrate nella zona di Firenze. ®D’altronde – conferma la responsabile dell’ufficio vertenze della Cgil – spesso il fenomeno coinvolge persone espulse da anni dal mercato del lavoro: persone con pi— di di 55 anni che hanno esaurito tutti gli ammortizzatori sociali: non hanno pi— Naspi o cassa integrazione ma devono mangiare lo stesso¯. E quindi si accontentano ®praticamente di una scodella di fagioli¯, dice la Cgil. Di un pagamento da niente. Per farle arrivare a una denuncia al sindacato, mettono nel conto di non tornare pi— a lavorare nel locale o nell’azienda che segnalano. ®In pi— – spiega la sindacalista – c’Š da considerare che parliamo di vertenze da poche migliaia di euro, non di cause con risarcimenti che ti cambiano la vita¯. Anche quando, grazie alla collaborazione con l’Ispettorato del Lavoro, sia possibile ®dimostrare che per alcuni mesi, ci sia stato lavoro subordinato pagato con i buoni pasto, gli importi della vertenza oscillano fra i 1000 e i 2500 euro. Soprattutto se la questione si conclude con una conciliazione. Proprio ieri a Firenze abbiamo firmato un verbale di accordo, ma la conciliazione comporta che anche il dipendente rinunci a una parte di quello che gli spetterebbe¯. Questo Š il prezzo da pagare per chiudere la vertenza in tempi brevi: magari anche entro 15 giorni dalla segnalazione, dice Luana Del Bino ®perch‚ se andiamo davanti a un giudice, ci vuole un anno o due prima di arrivare alla sentenza. E nel frattempo il lavoratore non solo deve provare a trovarsi un’altra occupazione, ma deve anche mangiare¯. Il datore di lavoro, invece, se la cava ®senza troppi danni. Infatti – ricorda la sindacalista anche la denuncia per l’evasione contributiva (per non aver pagato i contributi al dipendente) si chiude con il pagamento di una multa. Di recente il reato Š stato pure depenalizzato, cos si mette anche meno scrupoli a commetterlo¯.di Ilaria Bonuccelli da Il Tirreno Edizione 12.07.2016Monica Stelloni (Cgil): Rifiutateli, non danno copertura in caso di infortunio e non ci sono i contributiNon coprono gli infortuni; non contribuiscono alla pensione. Oltretutto, non sono neppure ®denaro sonante¯. Non sono, insomma, come soldi contanti nel borsellino. Monica Stelloni, responsabile regionale delle Politiche del Lavoro di Cgil mette in guardia i lavoratori da tutti i pericoli del pagamento con buoni pasto, l’ultima frontiera del precariato spinto. Peggio: del lavoro nero conclamato.Perch‚ un lavoratore deve rifiutare il pagamento del lavoro con i buoni pasto?®A parte il fatto che il pagamento con i buoni basto Š illegittimo, perch‚ le controindicazioni sono molte. Da quelle economiche a quelle contributive e di sicurezza¯.Iniziamo con le controindicazioni economiche.®Se il lavoro a giornata Š pagato con un voucher Š sicuro che un’ora vale un salario netto di 7,50 euro. Se, invece, il datore propone il pagamento con i buoni pasto, il taglio minimo del buono pu• essere di poco pi— di 5 euro. La met… e senza contributi. Eppoi quando vai a spendere questi soldi ti rendi conto che non sono denaro sonante¯.Perch‚ i buoni pasto non sono equiparabili a denaro sonante?®Per diversi motivi. Intanto perch‚ alcuni buoni pasto sono spendibili solo in determinati circuiti. Poi, perch‚ alcuni si possono spendere solo dopo mesi dall’emissione. Inoltre, ci sono attivit… commerciali che ne accettano uno solo al giorno. L’utilizzo Š soggetto a molte restrizioni. Ad esempio, a Firenze la Coop non li accetta e quindi non ci puoi fare la spesa; la Conad li accetta solo per acquistare prodotti freschi o di gastronomia. Altri supermercati accettano il pagamento in buoni pasto solo per met… del valore della spesa: quindi per usarli, devi spendere altri soldi. Dal punto di vista economico, dunque, i buoni pasto sono una rimessa. Dal punto di vista dello stato sociale sono anche peggio¯.Perch‚?®Intanto perch‚ non contengono i contributi. Almeno nei voucher lavoro c’Š una quota (minima) che contribuisce alla pensione. Poi, ti lasciano scoperto anche per gli infortuni, mentre i voucher prevedono copertura Inail¯.Che cosa succede a un lavoratore pagato a buoni pasto che si infortuni sul lavoro? ®L’infortunio non Š riconosciuto. Nel buono pasto non Š contemplata l’assicurazione Inail. Certo puoi sempre denunciare il datore di lavoro, ma prima devi dimostrare che ti sei fatto male mentre lavoravi a nero. E farti risarcire dall’Inail non Š facile: l’istituto tende a non riconoscere neppure gli infortuni in itinere, gli incidenti stradali che accadono mentre la persona va o torna dal lavoro¯.(i. b.) da Il Tirreno 12.07.2016

Pulsante per tornare all'inizio