Lavoro: Osservatorio Futura, peggiorate condizioni di un lavoratore su tre

La situazione economica sociale e lavorativa degli italiani è critica: un italiano su due versa in condizioni di debolezza finanziaria, mentre oltre un occupato su tre dichiara un peggioramento delle condizioni di lavoro negli ultimi due mesi. In questo quadro di difficoltà, le principali preoccupazioni sono: “non riuscire a trovare un lavoro”, “il futuro dei propri figli”, “la perdita o riduzione dei risparmi”. Sono alcuni dei dati che emergono dal Rapporto di giugno 2020 diffuso quest’oggi dall’Osservatorio Futura, per conto della Cgil e pubblicato oggi su Collettiva.it, dopo aver realizzato 2.001 interviste su un campione rappresentativo della popolazione.
L’analisi rileva che il 7% del campione si dice costretto a fare debiti, il 17% dichiara che deve attingere dai propri risparmi, mentre un ulteriore 27% afferma che le proprie entrate sono appena sufficienti per arrivare a fine mese. Il disagio maggiore, con persone costrette a contrarre debiti, si registra tra le donne, tra i 45/54 anni, al Centro Sud, e tra il popolo delle partite Iva, degli operai, dei disoccupati, e tra gli occupati nel settore primario. Inoltre, le condizioni di lavoro negli ultimi due mesi sono peggiorate per il 37% degli italiani, e il 16% rileva un peggioramento netto. I segmenti più interessati dal trend negativo sono le donne, i 35/44enni, i residenti nel Nord Est, gli operai, gli occupati nel settore privato e nel terziario.
Uno dei focus esaminati nel rapporto riguarda la valutazione degli italiani sullo strumento dello smart working. L’esperimento dello smart working, bruscamente accelerato dall’emergenza sanitaria, ha messo in evidenza le sue potenzialità, ma va contrattato. Il 42% di chi lavorava all’inizio dell’emergenza ha fatto uso dello smart working. Il 26% lo ha sperimentato a causa dell’emergenza Coronavirus, mentre solo il 15% aveva già utilizzato tale strumento. Si è diffuso in particolare tra i 35/44enni, tra i laureati (64%), il popolo delle partite Iva (51%), i colletti bianchi (67%) e gli occupati nel settore pubblico (52% contro il 40% nel privato). A giudicarlo positivo due intervistati su tre.
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