‘La grande madre di una storia irripetibile’ Nella notte Rossana Rossanda ci ha lasciato

Con Rossana che se n’è andata, se ne va anche una parte importante della nostra, della mia vita politica e personale.
Avremo tempo per ragionare in modo più profondo sul lascito politico e culturale di una grande personalità della sinistra italiana come lei. Ma adesso, dopo la sua perdita, per chi ha condiviso con Rossana una lunga storia, sono i ricordi la materia viva, dolce, dolorosa, perfino traumatica che ci sommerge.
E i miei sono i ricordi di una testa già bianca, di un volto bello, nobile e autorevole, di una gonna e di una camicia blu, in fondo al lungo corridoio di via Tomacelli, di una stanza coinvolgente, foderata di libri, di una grande scrivania e di fronte una poltrona dove chi andava a parlarle si sedeva per ascoltare.
Ore, giorni, mesi, anni per noi ragazze e ragazzi ventenni che ci affacciavamo al quinto piano di quella fantastica, incasinata, turbolenta, affollatissima redazione si affastellano, senza soluzione di continuità, oggi che la grande madre del Manifesto ci ha lasciati.
Mettere ordine è impossibile, per l’intreccio stretto di vita e di politica, di passioni e di affetti, di crescita politica e di grandi progetti, che la sinistra degli anni Sessanta/Settanta aveva nella testa e nel cuore.
Quando hai vent’anni e la fortuna di avere quotidianamente di fronte Rossana Rossanda, Luigi Pintor, Lucio Magri, Valentino Parlato, Luciana Castellina non capisci bene quale peso avranno nella tua vita, ma senti che ogni giorno vai a scuola, di conoscenza, di cultura, di emozioni, e alimenti un pensiero critico che ti accompagnerà per sempre.
Rossana era una madre severa, e ogni azione, ogni comportamento di noi giovani della redazione, era accompagnato dalla domanda sul suo pensiero. Ma era normale che la sua grande cultura mettesse soggezione (e non solo a noi della generazione sessantottina), mettendo in secondo piano tutto il resto. E prima che il femminismo diventasse per lei un tema di confronto politico serrato con il movimento delle donne, e dunque importante il vissuto personale, parlare di fatti privati non era nell’ordine delle cose.
Così quando da Parigi arrivava Karol, compagno ebreo polacco di Rossana, illustre giornalista, simpatico con infinite storie da raccontare, alle riunioni di redazione, Rossana era sorridente e si concedeva qualche battuta scherzosa (“dai Karol, stai un po’ zitto”). Credo di non sbagliare se dico che il lungo periodo vissuto con Karol, sia stato il più bello della sua vita.
Molti anni hanno attraversato le stanze del quel Manifesto. Sicuramente irripetibili perché niente ci sembrava impossibile e perché eravamo sempre dentro i movimenti, dentro le assemblee, in ogni conflitto sociale, e ovunque nel mondo con il nostro gruppo dirigente espulso e radiato dal partito comunista e immensamente stimato nella rete internazionale della sinistra.
Grazie a Rossana, Luigi, Lucio, Valentino e Luciana (l’unica meravigliosa testimone di una storia straordinaria), siamo riusciti ad affrontare vicende durissime ed esaltanti, momenti di scoramento e di entusiasmo. E sono certa che la tempra, la determinazione, la volontà, il sapere di un fantastico manipolo di persone, sono stati determinanti, dando la linfa necessaria al Manifesto per arrivare a 50 anni di esistenza.
Molte cose sono avvenute, con un radicale cambiamento al nostro interno, che hanno influito sui rapporti con Rossana. Vicende politiche coinvolgenti sul piano personale, fino al punto di arrivare ad una rottura profonda, lacerante. Per me, come per altre persone, per Rossana stessa e immagino per migliaia e migliaia di militanti e di lettori che hanno affrontato con noi un viaggio ultra decennale.
Ci sarà modo e tempo per approfondire e raccontare. Ora prevale il rimpianto per non essere riuscite a ritrovarci in pieno (lei era tornata a collaborare saltuariamente), ma soprattutto il giusto, sentito,emozionato addio a Rossana.
Che continuerà ad essere con noi, finché il manifesto vivrà. Ciao Rossana.
di Norma Rangeri da ilmanifesto.it

‘Una indimenticabile luce che ci riguarda e che resta’
Nella notte Rossana Rossanda ci ha lasciato. Non è una perdita scontata, in qualche modo attesa viste le sue gravi condizioni fisiche e l’età.E’, e resterà, una ferita aperta. Dopo l’ultima drammatica crisi economica de il manifesto alla fine del 2012, generazionale e politica, negli ultimi anni era tornata a scrivere e ad essere in qualche modo presente sul suo giornale.
Ora, come non mai, ci manca quello stile che voleva scendere nel profondo, mai contenta, quella irrequietezza e distanza critica ma sempre dedita alla vicinanza con i più giovani, quel rimprovero a non dimenticare le ragioni fondative della nostra esistenza nata per la crisi profonda dei modelli alternativi di costruzione del socialismo ma anche per il precipizio del modello capitalistico vincente.
Per noi che abbiamo lavorato con lei per 50 anni e che la consideriamo la nostra “matrice”, le sue parole serene e taglienti hanno attraversato e attraversano la nostra vita ogni giorno, alle prese con le notizie che arrivano da tutti i lati del mondo e dal Belpaese e che confermano una diffusa e generale crisi materiale e di senso, così profonda che rasenta la tragedia.
I tempi che si annunciano mostrano un futuro oscuro che rimanda ad epoche perfino più buie che Rossana aveva attraversato, sempre combattendo dalla parte degli ultimi, sempre attenta alla nascita dei nuovi, decisivi, movimenti.
C’era negli occhi di Rossana una indimenticabile luce che ci riguarda e che resta come insegnamento irrinunciabile: era quella di chi, non aspettando consensi e pubblicità, indaga il presente senza fingimenti e sempre con attitudine insoddisfatta.
Era come se avesse sotto gli occhi la barra del tempo e il suo lieve ma inesorabile moto: era una comunista, lavorava per una società superiore ma non sfuggiva ai limiti del passato.
Siamo all’altezza di quel rigore e di quella caparbietà necessaria?
Rossana era unica. Ora giustamente tutti ricordano la sua importanza, non solo per la storia del Manifesto, per la politica e per la cultura contemporanea. Lei però non si omologava ai modelli intellettuali dominanti, era in disparte a vedere prima degli altri lo sviluppo dei processi sociali in corso e a prevederne i risultati.
Trasmetteva durezza ed amore, un amore incommensurabile e più forte delle nostre scarse possibilità materiali. Era indipendente e libera nell’individualità e nella dimensione collettiva.
Addio Rossana e per sempre.
il ricordo di Tommaso Di Francesco da ilmanifesto.it


Nata a Pola, in Istria (oggi Croazia) il 23 aprile 1924, quando il padre venne rovinato dalla crisi economica del ’29, Rossana Rossanda fu ospitata con la sorella Marina (poi medico e primario all’ospedale di Niguarda a Milano) a Venezia dagli zii. La famiglia si riunì a Milano nel 1937. Tra il 1937 e il 1940 frequentò il liceo classico ‘Alessandro Manzoni’ di Milano e anticipò di un anno l’esame di maturità. All’Università Statale di Milano fu allieva del filosofo Antonio Banfi, sostenitore di un razionalismo aperto e antidogmatico: il maestro di studi influenzò le sue scelte politiche, indirizzandola alla partecipazione alla Resistenza dalla fine del 1943 come giovanissima staffetta partigiana (con il nome di “Miranda”) e alla militanza nel Partito comunista italiano, a cui si iscrisse nel 1946. Del filosofo Banfi sposò il figlio Rodolfo (ma il matrimonio fu breve).

Consigliera comunale per il Pci a Milano, nel 1958 Rossana entrò nel comitato centrale del partito e grazie anche alla sua vasta cultura venne nominata dal segretario Palmiro Togliatti responsabile della sezione di politica culturale, che diresse dal 1963 al 1966. Nel 1963 venne eletta per la prima volta alla Camera dei deputati e poi di nuovo nella V legislatura.

Esponente di spicco dell’ala di sinistra interna maggiormente movimentista del Pci, legata alla figura dominante di Pietro Ingrao e proprio per questo denominata ‘ingraiana’, nel 1968, proprio nel bel mezzo delle dirompenti agitazioni studentesche ed operaie, Rossana pubblicò un piccolo saggio, intitolato “L’anno degli studenti” (De Donato), in cui esprimeva la sua adesione piena ed incondizionata alle rivendicazioni che gruppi e collettivi di sinistra – anche all’infuori dei circuiti del Pci – stavano portando avanti.

Con i compagni ingraiani Luigi Pintor, Valentino Parlato, Lucio Magri e Luciana Castellina fonda “il manifesto” (che dirige con Magri), gruppo politico e rivista mensile, nato dall’esigenza di elaborare la crisi del socialismo reale, sull’onda dei movimenti studentesco e operaio. Il primo numero vede la luce il 23 giugno del 1969. La rivista (diventerà quotidiano il 28 aprile 1971) assume posizioni in contrasto con la linea maggioritaria del partito (in particolar modo rispetto all’invasione sovietica in Cecoslovacchia, con l’editoriale uscito nel secondo numero intitolato “Praga è sola”). Il Comitato centrale del Pci del 24 novembre 1969 deliberò la radiazione dal partito per lei, Luigi Pintor e Aldo Natoli accusati di “frazionismo” e in seguito comminò sanzioni amministrative a Luciana Castellina, Lucio Magri e Valentino Parlato.

Contraria al socialismo reale dell’Urss, insieme a Luigi Pintor, Valentino Parlato e Lucio Magri contribuì alla nascita de “il manifesto”, che fu anche un partito, oltre che un quotidiano. Nonostante il parere contrario di Enrico Berlinguer, Rossanda fu radiata dal Pci a seguito del XII Congresso nazionale svoltosi a Bologna. Nel 1972 contribuì alla costituzione del movimento politico del ‘Manifesto’, che si presentò alle elezioni con una propria lista alla Camera ma non elesse alcun deputato, militando poi nel Partito di unità proletaria per il comunismo (Pdup, 1974-79), di cui fu co-fondatrice.

Editorialista di punta del quotidiano comunista “il manifesto”, Rossanda entrò ufficialmente nel comitato di direzione nel 1976 con Castellina, Pino Ferraris, Vittorio Foa e Parlato. Tra il 1979 e il 1985 Rossanda fu direttrice con Pintor per poi restare nel comitato editoriale fino al 1990. In seguito si dedicò soprattutto alla scrittura e alla riflessione sul movimento operaio e sul movimento femminista.

Rimasta editorialista di “il manifesto”, Rossanda nel 2006 si trasferì a Parigi con il giornalista polacco naturalizzato francese Karol Kewes (più noto come K.S. Karol, 1924 – 2014), suo compagno da lungo tempo diventato nel frattempo marito, osservando l’Italia dalla “giusta distanza”. Il 26 novembre 2012 lasciò il giornale a causa di un forte dissenso con il gruppo dirigente. Tornata in Italia a luglio 2018, dopo 12 anni vissuti nella capitale francese, Rossanda disse di aver trovato un paese “irriconoscibile, senza spina dorsale”.

Lunga e costante è stata la riflessione politica di Rossana Rossanda, anche di carattere politico-esistenziale, come testimoniano i libri più recenti pubblicati da Einaudi: l’autobiografico “La ragazza del secolo scorso” (2005), “Un viaggio inutile” (2008) e “Quando si pensava in grande” (2013). Il suo ultimo libro è “Questo corpo che mi abita” (Bollati Boringhieri, 2018). Tra i suoi libri figurano: “Le altre. Conversazioni sulle parole della politica” (Feltrinelli, 1979); con Pietro Ingrao “Appuntamenti di fine secolo” (manifestolibri, Roma 1995); con Filippo Gentiloni, “La vita breve” (Pratiche, 1996); con Carla Mosca, il libro-intervista all’ex terrorista Mario Moretti, “Brigate Rosse. Una storia italiana” (Anabasi, 1994).

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