Italia: reddito medio donne 59,5% di quello degli uomini. Gender Gap, primi in Europa

La pandemia aggrava la condizione delle italiane.
In Italia il reddito medio delle donne è il 59,5% di quello degli uomini. Secondo lʼEu Gender Equality Index, il Belpaese si conferma ultimo nellʼUnione europea per quanto riguarda il mondo del lavoro al femminile .E la diversità dei redditi si riflette anche nel gettito fiscale, con una minore aliquota media per le donne. I dati emergono dalla relazione sul Bilancio di Genere del Ministero dell’economia che finalmente è stata pubblicata, secondo peraltro le indicazioni che provengono dalla Ue. Dunque Italia fanalino di coda – Pur avendo registrato complessivamente i maggiori progressi nel periodo 2005-2017 per contrastare il gender gap, secondo l’Eu Gender Equality Index, l’Italia si conferma ultima in Unione europea per quanto riguarda il mondo del lavoro.

Tasso di occupazione femminile – Secondo i dati raccolti nella relazione, il tasso di occupazione femminile in Italia nel 2019 si attesta al 50,1% e registra una distanza di 17,9 punti percentuali da quello maschile, con divari territoriali molto ampi. Nello specifico, a Nord il tasso di occupazione delle donne è pari al 60,4%, mentre nel Mezzogiorno si attesta al 33,2%.

Mancata partecipazione al mondo del lavoro – Questo quadro è confermato dal tasso di mancata partecipazione al lavoro che raggiunge livelli più elevati (33%) per le donne più giovani e livelli più bassi (19,2%) per la fascia d’eta 45-54 anni, con notevoli divari territoriali e di genere. Dal 41,5% per le donne nel Mezzogiorno (contro 28,8% per gli uomini), si passa al 17,5% per le donne al Centro (contro 12,3% per gli uomini) e al 12,7% per le donne al Nord (contro il 7,9% per gli uomini).

Qualità del lavoro – Sul fronte della qualità del lavoro, appare in crescita la percentuale di donne che hanno un’occupazione part-time (32,9% nel 2019), involontariamente nel 60,8% dei casi. Le donne, inoltre, si laureano molto più rispetto agli uomini, con un divario di 12,2 punti percentuali, e più di una donna su quattro (26,5%) risulta sovraistruita rispetto al proprio impiego. Sempre guardando al mondo femminile, è particolarmente alta l’incidenza di lavori dipendenti con bassa paga (11,5% contro 7,9% per gli uomini).
Queste evidenze sulle disuguaglianze di genere nei redditi, quando non derivanti da vere e proprie discriminazioni sul mercato del lavoro a scapito delle donne, sono in larga parte il riflesso della ‘specializzazione’ di genere tra lavoro retribuito e non, in virtù della quale le donne più frequentemente accettano retribuzioni inferiori a fronte di vantaggi in termini di flessibilità a orari.

Famiglia e lavoro – Se si considera poi la partecipazione al mondo del lavoro della fascia d’eta 25-49 anni, si rileva un forte gap occupazionale (74,3) tra le donne con figli in età prescolare e quelle senza. Questo dimostra la difficoltà di conciliare vita lavorativa.
Molto allarmanti sono anche i dati dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro sulle dimissioni e risoluzioni consensuali delle lavoratrici madri e dei lavoratori padri, che, oltre ad un continuo aumento dal 2011, ci segnalano anche per il 2019, un fortissimo divario di genere: le dimissioni volontarie coinvolgono le madri nel 73% dei casi Si tratta per lo più di giovani con poca anzianità di lavoro, occupate prevalentemente nel terziario, con qualifiche basse

Sostegno alle madri –  Questo problema è legato anche al fatto che la percentuale di bambini con meno di tre anni presi in carico da parte di asili nido pubblici raggiunge solo il 12,5% nel 2017. Ancora più bassa è quella relativa ai servizi integrativi per la prima infanzia (1%). Sul fronte dei congedi parentali, sebbene sia in aumento il numero dei padri che ne usufruiscono (63,3mila nel 2019) è ancora significativamente inferiore al numero delle madri (233,6mila).

Dunque Conte e il suo governo si limitano a dare da luglio un assegno destinato all’80% delle famiglie con figli che vedremo sarà molto esiguo.non interviene sui servizi come i nidi, né sui congedi per assistenza familiari, né sull ‘estensione dei fondi bilaterali per congedi parentali e si limita a riproporre opzione donna per la pensione (35 anni di contributi e 58 anni di età), Governo misogino.

Alessandra Servidori da ildiariodellavoro.it

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