Istat, all’Italia il primato europeo dei Neet: sono 2 milioni

Il dato nell’ultimo Report dell’Istat sui livelli di istruzione in Italia: nel 2019 i giovani inoccupati e non in formazione erano il 22,2% della fascia tra i 15 e i 29 anni. Quasi dieci punti percentuali in più rispetto alla media Ue

La condizione di neet è più diffusa tra le donne (24,3% contro il 20,2% degli uomini) indipendentemente dal livello di istruzione posseduto. Nel Mezzogiorno l’incidenza dei neet è più che doppia (33,0%) rispetto al Nord (14,5%) e molto più alta di quella rilevata al Centro (18,1%). Il divario territoriale nell’incidenza del fenomeno (18,5 punti tra Mezzogiorno e Nord) permane ampio indipendentemente dal livello di istruzione. Tra gli stranieri i neet sono il 31,2% contro il 21,2% degli italiani, una differenza dovuta quasi esclusivamente alla componente femminile: sono il 40,6% tra le straniere e il 22,3% tra le italiane (tra gli uomini le quote sono 21,4% e 20,1% rispettivamente). Il divario di cittadinanza nella condizione di neet si riduce tra chi possiede un titolo di studio secondario superiore. Il 36,8% dei neet cerca attivamente un lavoro, il 31,1% fa parte delle forze di lavoro potenziali , mentre il restante 32,0% non cerca un impiego e non sarebbe disponibile a lavorare. Questi ultimi, gli inattivi più lontani dal mercato del lavoro, sono più frequentemente neet con basso livello di istruzione. La quota di neet interessati a lavorare (disoccupati e forze di lavoro potenziali) è più bassa tra le donne (59,1%) rispetto agli uomini (77,9%). La differenza si riduce all’aumentare del livello di istruzione: tra chi ha un basso titolo di studio una giovane neet su due non cerca lavoro e non è disponibile a lavorare contro un giovane neet su quattro; tra chi ha un medio titolo di studio non cerca lavoro e non è disponibile a lavorare una giovane neet su tre contro un giovane su cinque. Infine, tra chi ha un titolo terziario la volontà di entrare nel mondo del lavoro di uomini e donne è decisamente più simile. Nel Mezzogiorno la quota dei neet interessati a lavorare è notevolmente più elevata: sono il 75,1% a fronte del 62,6% del Centro e del 56,7% del Nord. Peraltro, la differenza territoriale permane indipendentemente dal livello di istruzione raggiunto dal giovane neet ad indicare – sottolinea l’Istat – come nel Mezzogiorno la condizione di neet sia la conseguenza di minori opportunità lavorative che tengono ai margini del mondo del lavoro anche i giovani interessati ad entrarvi. Tra gli stranieri, qualunque sia il loro livello di istruzione, la condizione di neet più difficilmente si lega alla volontà di entrare nel mercato del lavoro rispetto a quanto osservato tra gli italiani. La quota di disoccupati e forze di lavoro potenziali, pur essendo considerevole, è significativamente più bassa di quella rilevata tra i neet italiani (50,5% verso il 70,9%). La differenza è dovuta alla sola componente femminile: tra le straniere la quota di neet disoccupate o forze di lavoro potenziali è almeno 20 punti inferiore a quella delle italiane. L’incidenza è maggiore tra i giovani con un titolo secondario superiore (23,4%), leggermente più bassa tra chi ha raggiunto al massimo un titolo secondario inferiore (21,6%) ed è minima tra coloro che possiedono un titolo terziario (19,5%). Un valore ribaltato rispetto al resto d’Europa, dove l’incidenza è massima tra chi ha un basso livello di istruzione (14,8%) e minima tra i laureati (9,0%).

Istat, in Italiamigliora il tasso di occupazione dei giovani diplomati e laureati

Migliora in Italia il tasso di occupazione dei giovani diplomati e laureati alla fine del percorso di istruzione e formazione (+ 2,2 punti sul 2018; 22,8 punti di divario dall’Ue). Lo rendo noto l’Istat nello studio sui livelli di istruzione e ritorni occupazionali per l’anno 2019.
Tuttavia, la quota di popolazione con titolo di studio terziario continua a essere molto bassa: il 19,6% contro il 33,2% dell’Ue. In particolare, nel Mezzogiorno rimangono decisamente inferiori sia i livelli di istruzione (il 54% possiede almeno un diploma, 65,7% nel Nord) sia i tassi di occupazione anche delle persone più istruite (71,2% tra i laureati, 86,4% nel Nord). Il divario territoriale nei tassi di occupazione dei laureati è più ampio tra i giovani e raggiunge i 24,9 punti.
In Italia il diploma di studio secondario superiore è considerato, infatti, il livello di formazione indispensabile per partecipare con potenziale di crescita individuale al mercato del lavoro, nel 2019, tale quota è pari a 62,2% (+ 0,5 punti rispetto al 2018), un valore decisamente inferiore a quello medio europeo (78,7% nell’Ue 28) e a quello di alcuni tra i più grandi paesi dell’Unione: 86,6% in Germania, 80,4% in Francia e 81,1% nel Regno Unito. Solo Spagna, Malta e Portogallo hanno valori inferiori all’Italia.
Non meno ampio è il divario rispetto alla quota di popolazione di 25-64enni con un titolo di studio terziario: in Italia, si tratta del 19,6%, contro un valore medio europeo pari a un terzo (33,2%). Anche la crescita della popolazione laureata è più lenta rispetto agli altri paesi dell’Unione, con un incremento di soli + 0,3 punti nell’ultimo anno (+ 0,9 punti in media Ue) e di + 2,7 punti nell’ultimo quinquennio (+ 3,9 punti).
Il tasso di occupazione della popolazione laureata residente in Italia è superiore solo a quello greco ed è di ben 5 punti più basso di quello medio europeo (81,4% verso 86,3%); tale differenza si riduce al crescere dell’età ma si annulla solo nelle classi di età più mature, dai 50 anni in su.
Nel nostro paese, dunque, le opportunità occupazionali sono minori anche per coloro che raggiungono il più alto livello di istruzione, ma il “premio” che ne deriva, inteso come la maggiore occupabilità al crescere del titolo di studio conseguito, è elevato e in linea con quanto si osserva nella media dell’Unione.
Nel 2019, il tasso di occupazione italiano tra i laureati di 25-64 anni è di quasi 30 punti (28,6) più elevato di quello registrato tra chi ha conseguito al massimo un titolo secondario inferiore (la differenza è di 29,0 punti nella media Ue). Il risultato deriva dalla somma del vantaggio occupazionale (pari a 18,6 punti) di chi ha un titolo secondario superiore rispetto a chi ha un titolo secondario inferiore e di quello (10,0 punti) di chi ha un titolo di studio terziario rispetto a chi ha un secondario superiore (le differenze in media Ue sono rispettivamente 19,6 e 9,4 punti).
E.G. da ildiariodellavoro.it

Pulsante per tornare all'inizio