Infortunio da Covid, colpite soprattutto le lavoratrici

Si ammalano soprattutto le donne, quelle “invisibili”, che hanno sostenuto il Paese nei mesi più terribili della pandemia. Da loro proviene il 70 per cento delle denunce arrivate all’Inail a causa del Coronavirus, in primis dal settore sanitario e dell’assistenza sociale. Ma l’Inca Cgil denuncia che la strada per il riconoscimento è ancora in salita

Tanti, troppi sono gli uomini e le donne che hanno contratto il Covid nei luoghi di lavoro. Soprattutto se si pensa che per quasi tre mesi il Paese è stato in lockdown. Da marzo al 30 settembre si sono ammalati a causa del coronavirus 54 mila lavoratori, ben il 15% delle denunce di infortuni arrivate all’Inail dall’inizio dell’anno. E il 70 per cento dei colpiti è donna. La conferma, se ancora ce ne fosse bisogno, che a sorreggere il Paese nei mesi più difficile dell’emergenza sanitaria, e anche dopo, è stato ed è soprattutto il lavoro femminile. È donna l’occupazione nelle professioni sanitarie, nelle professioni legate all’assistenza, nella grande distribuzione. E infatti il settore più colpito è proprio quello della sanità e dall’assistenza sociale, che comprende ospedali, case di cura, Rsa, con il 70% delle denunce e il 21 per cento dei decessi.

Come era prevedibile il picco dei contagi si è avuto nei mesi di marzo e aprile, soprattutto nelle regioni del Nord Italia. Con la riapertura di tutte le attività produttive l’incidenza nel comparto socio-assistenziale è diminuita, ad ammalarsi sono stati anche gli addetti di altri settori, in estate soprattutto quelli impiegati nella ricezione e nella ristorazione, nei trasporti, nei servizi di supporto alle imprese (come vigilanza, pulizia e call-center). La pandemia è tornata a colpire duro portandosi dietro una nuova dote di infortuni, soprattutto, ancora come era prevedibile, tra quanti si occupano di curare e assistere gli ammalati. Quanto grande, lo si scoprirà in futuro. È bene tenere presente, però, che non tutte le categorie di lavoratori hanno la copertura assicurativa con Inail, a cominciare dai vigili del fuoco.

E non finisce qui, diffusa è diventata la tendenza a considerare il Covid come una semplice malattia e non un infortunio sul lavoro. “Stabilire se il virus sia stato contratto in occasione di lavoro, a casa o in altri luoghi, non rientra nei doveri del medico certificatore, tanto meno del datore di lavoro”,[] spiegano dal patronato: “Pertanto riteniamo che debba essere aperto un infortunio, sempre e comunque in caso di contagio, a prescindere dalla mansione svolta. Si tratta di tutti quei lavoratori che ogni giorno contribuiscono a mandare avanti il Paese e per questo motivo rischiano di contrarre il virus. La maggior parte di loro non ha scelto la via del sacrificio, ha solo bisogno di portare a casa il salario”. omissis
di Roberta Lisi da collettiva.it

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