“Dal rimbalzo lavoro precario, sul Pnrr serve regìa regionale”: l’intervista di Cuore Economico a Dalida Angelini

«Il rimbalzo? Ha portato solo lavoro precario. Pnrr centralizzato, serve una strategia regionale»: l’intervista di cuoreeconomico.com, a cura di Emanuele Lombardini, alla segretaria generale di Cgil Toscana Dalida Angelini. «Bisogna investire su assistenza sanitaria territoriale, telemedicina, digitale, energia, ambiente e sociale. Qui le multinazionali hanno deciso di chiudere, dobbiamo spingere sulle transizioni» (IL LINK)

Come arriva il mondo del lavoro in Toscana al 2022 dopo l’anno della ripartenza?
«Le problematiche sono le stesse che ci portiamo avanti da anni: tanta precarietà, tanto lavoro povero e – come da altre parti in Italia – tante multinazionali che producevano sul territorio e che all’improvviso hanno deciso di chiudere: penso alla Gkn che fa componentistica per auto ed ha lasciato a piedi 422 lavoratori. Oppure penso altre ad altre aziende come per esempio la Italcanditi che ha deciso di spostarsi dal Mugello in Lombardia. Ad aggravare tutto questo c’è il fatto che adesso c’è necessità di accompagnare i lavoratori verso la transizione ecologica e digitale, con risorse per formare e riqualificare i lavoratori per riposizionarli sul mondo del lavoro. Poi c’è il fatto che il commercio o il turismo non possono compensare la chiusura delle imprese: la manifattura è il centro economico della Toscana, anche perché dà stabilità, non rischia di essere stagionale come il turismo, che pure è importante ma che spesso è accompagnato da contratti part time o precario. Dobbiamo fare una battaglia per la qualità dell’occupazione e purtroppo il nuovo anno non ci fa vedere con occhi positivi: il rimbalzo di cui tanto si parla, che tipo di lavoro ha portato? Soprattutto precario, ed è un problema».

In parte ha già anticipato la risposta, ma il tema merita un approfondimento: dalla transizione ecologica e digitale non si torna indietro: a che punto siamo?
«Si va molto lentamente ed invece la formazione deve essere il tema dei temi. Prima di tutto perché mette i lavoratori in condizione di essere parte attiva di questo processo, che può essere solo condiviso. Poi c’è il fatto che non è più rinviabile: se non ora, quando? Eppure non ci sembra che sia un tema molto sentito, se non soltanto a parole».

Però il Ministro della transizione ecologica Cingolani ha recentemente detto: “Il mio lavoro è finito”. Come dire: adesso la palla passa al mondo del lavoro…
«Noi siamo pronti al cambiamento, è evidente che anche le organizzazioni sindacali devono entrare in quest’ottica. Il ministro Cingolani mi pare abbia fatto molto ma in solitudine, senza nessun coinvolgimento. E’ un problema perché queste fasi delicate non possono essere gestite da soli: bisogna capire quali sono gli strumenti per accompagnare questo processo: non registro questo aspetto. Noi dovremo stimolare la Regione per capire come mettere a terra una progettualità che preveda una formazione necessaria ma che vada incontro alle imprese, anche per creare professionalità nuove. Però deve essere un lavoro strutturato, per fare in modo che la sfida sia vinta».

Cosa vi aspettate dai fondi del Pnrr, che arriveranno se l’Italia ‘farà i compiti’?
«Quando si chiama qualcuno da fuori a gestire le cose, pur nella sua autorevolezza – mi riferisco ovviamente a Draghi – vuol dire che la politica, i partiti, hanno fallito. Mi sembra che nel Governo ci sia una confusione, anche data probabilmente dalle tante anime di cui è composto e che traspare dai provvedimenti che prende. Detto questo, le risorse che arriveranno sono una opportunità enorme dopo la crisi. Ma anche il progetto di spesa è stato molto centralizzato, in capo al Governo ed ai Ministeri, con le Regioni poco coinvolte anche rispetto ai Comuni. Il rischio – l’ho detto anche al presidente della Regione Giani – è che senza un coordinamento regionale, quelle risorse che dovrebbero cambiare l’identità della Regione, è che ogni ente locale ne gestisca un pezzo, senza un piano strategico. Il tema chiave? L’assistenza sanitaria territoriale. La Toscana ha affrontato la pandemia meglio rispetto ad altre regioni, ma abbiamo toccato con mano l’assenza della prossimità, anche nelle cure. Poi c’è la telemedicina: la pandemia ci ha messo in luce come affrontare alcune cronicità proprio attraverso questo mezzo. E qui entra anche il discorso della connettività che anche in Toscana non è uguale dappertutto: va investito molto su questo e sulla digitalizzazione perché la regione è molto indietro. Poi gli aspetti legati all’economia circolare ed all’idrogeologico. Infine la questione ambientale e sociale: la povertà che cresce e va affrontata con una strategia lavorativa».

Draghi è meglio che resti dov’è o lo vede al Quirinale?
«Ho difficoltà a rispondere, perché ho già un giudizio molto critico sul suo operato nella posizione in cui si trova ora. Non mi sembra quel “Governo dei migliori” che è stato presentato, manca di coraggio».

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