Covid. Giovani e donne pagano il prezzo più alto della crisi del lavoro. Aumentano la povertà e il ‘nero’

L’allarme del Cnel: con il Covid si rischia una situazione esplosiva. Colpiti 12 milioni di lavoratori.

Il mercato del lavoro “all’inizio del 2021 presenta più ombre che luci” e “la situazione è destinata molto probabilmente ad accentuarsi e diventare ‘esplosiva’ con l’interruzione della cassa integrazione e la fine del blocco dei licenziamenti”. È la fotografia allarmante che emerge dal ‘Rapporto sul Mercato del lavoro e la contrattazione 2020’ del Cnel che sarà presentato martedì prossimo nell’ambito di un’assemblea tematica in collegamento telematico.

Si teme, sottolinea il Cnel, “che una parte degli esuberi verrà sicuramente ‘assorbita’ dall’economia sommersa non riuscendo a trovare un’occupazione in regola andando ad aumentare la quota già aumentata negli ultimi anni di lavoro nero. La crisi conseguente alla pandemia ha colpito circa 12 milioni di lavoratori tra dipendenti e autonomi, per i quali l’attività lavorativa è stata sospesa o ridotta, in seguito al lockdown deciso dal Governo per limitare l’aumento esponenziale dei contagi”.

Giovani e donne pagano il prezzo più alto della crisi innescata dalla pandemia di Covid
“Lo scarso investimento pubblico sulle nuove generazioni (in particolare la parte che va efficacemente a rafforzare la loro formazione e l’inserimento solido nel mondo del lavoro) è il principale nodo che vincola al ribasso le possibilità di crescita italiane, da sciogliere prima ancora che sul piano del rapporto tra giovani e lavoro, su quello più alto del ruolo delle nuove generazioni nel modello di sviluppo del Paese”, spiega il Cnel.
“Se non si inverte questa tendenza non solo si pregiudicano le prospettive economiche del Paese, ma si rischia di alterare in profondità il patto fra le generazioni che è un elemento costitutivo dell’assetto sociale, della sua equità e stabilità”, si legge.
La necessità di chiudere le scuole nel corso del 2020, prosegue il Cnel, “ha costretto a garantire l’istruzione con strumenti nuovi, coerenti con la didattica a distanza. Questo passaggio è stato condotto in condizione di emergenza e ha dovuto confrontarsi con l’impreparazione di tutto il sistema educativo (scuole, insegnanti, genitori, alunni) sia rispetto a strutture e strumenti (dispositivi e connessione), sia rispetto a competenze tecniche, sia rispetto a come reimpostare il processo di apprendimento con nuove modalità di interazione e di trasmissione di contenuti, oltre che con una rivoluzione delle coordinate spazio-temporali”.
Si è trattato, di fatto, “dell’adozione di una tattica difensiva della didattica tradizionale attraverso modalità a distanza, che ha consentito di non bloccare la frequenza delle lezioni, ma ne ha ridotto complessivamente la qualità e ha esposto ad una forte crescita del rischio di dispersione scolastica. Con la conseguenza di inasprire non solo le diseguaglianze generazionali ma anche quelle sociali”.
Quanto invece alle donne, hanno pagato il prezzo più alto della crisi “in quanto impegnate a ricoprire ruoli e a svolgere lavori più precari, soprattutto nei servizi. Le donne non sono un soggetto svantaggiato. Sono la metà del mondo, la battaglia per l’uguaglianza di genere non può essere più solo un punto di un programma politico aggiunto ma deve essere al centro di azioni concrete creando vantaggi economici, sociali e culturali per l’intero Paese”, sottolinea il Cnel.
“Tutti i dati confermano che la condizione della donna lavoratrice è penalizzata soprattutto dalla difficile conciliazione dei tempi di vita e di lavoro. È questa difficoltà che contribuisce a mantenere la quota di occupazione femminile (meno del 50%) al di sotto delle medie europee”, dice il Cnel.
“Tale dato si è aggravato nel corso della pandemia senza che il ricorso allo Smart working abbia giovato a correggerlo, perché esso è stato limitato dall’aggravio di compiti familiari, specie sulle donne con figli impediti di frequentare le scuole. Per lo stesso motivo si spiegano il crollo della occupazione femminile e la crescita del tasso di disoccupazione in occasione della maternità per le donne indotte a lasciare il lavoro per prendersi cura dei figli”, si conclude nel rapporto.

Il tasso di disoccupazione ha il limite di non prendere in considerazione chi si scoraggia e non cerca più attivamente lavoro o chi, in ogni caso, decide di sospendere la propria attività di ricerca di un lavoro dipendente o è in attesa delle condizioni di avvio di una attività autonoma.
Il tasso di Neet (Neither in Employment nor in Education or Training) include anche tali categorie di persone. Il valore di questo indicatore nella fascia tra i 25 e i 34 anni – fase della vita cruciale per la costruzione dei progetti di vita – era pari a 23,1% nel 2008, all’inizio della Grande recessione, mentre risulta pari a 28,9% nel 2019 (a fronte di una media europea pari al 17,3%).
Dal Rapporto emerge “la persistente debolezza dei percorsi formativi e professionali”. Sul lato della formazione, i dati Eurostat mostrano come l’Italia da tempo presenti una delle più basse percentuali di 15enni con competenze considerate indispensabili per costruire percorsi solidi di vita e lavoro nel XXI secolo. Bassa è anche l’incidenza di laureati (27,6% nella fascia 30-34 rispetto all’obiettivo europeo di salire, sempre entro il 2020, oltre il 40%). Inoltre, la quota di ragazzi tra i 18 e i 24 anni che non hanno completato la scuola secondaria superiore (early leavers) è scesa nella prima parte del decennio scorso da oltre il 18% a valori attorno al 14%.

Aumenta la povertà
“Le vicende del mercato del lavoro sono state dominate quest’anno, come molte della nostra esistenza, da due questioni che hanno sovrastato tutte le altre, la protezione della salute dal contagio e la continuità del reddito e della occupazione. Sulla base dei nostri calcoli circa 5,3 milioni di famiglie risultano avere un Isee minore di 9.360 euro annui”.( Fonti AGI e Adnkronos)

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Cnel, 2021 esplosivo per mercato lavoro. L’introduzione  di Treu al Rapporto
Il mercato del lavoro all`inizio del 2021 presenta più ombre che luci. Se i dati più drammatici riguardano l`occupazione giovanile con 2 milioni di Neet e quella femminile, già in una situazione critica pre-covid, con quasi una donna su due inoccupata, che si è ridotta di quasi 2 punti percentuali, non destano minore preoccupazione il mancato rinnovo dei contratti per oltre 10 milioni di lavoratori (77,5% del totale), l`inadeguatezza del sistema scolastico e formativo nella formazione delle competenze, l`aumento della povertà e delle disuguaglianze. La situazione è destinata molto probabilmente ad accentuarsi e diventare `esplosiva` con l`interruzione della cassa integrazione e la fine del blocco dei licenziamenti. Si teme che una parte degli esuberi verrà sicuramente `assorbita` dall`economia sommersa non riuscendo a trovare un`occupazione in regola andando ad aumentare la quota già aumentata negli ultimi anni di lavoro nero. La crisi conseguente alla pandemia ha colpito circa 12 milioni di lavoratori tra dipendenti e autonomi, per i quali l`attività lavorativa è stata sospesa o ridotta, in seguito al lockdown deciso dal Governo per limitare l`aumento esponenziale dei contagi. È la fotografia che emerge dal “Rapporto sul Mercato del lavoro e la contrattazione 2020” del Cnel.

Nel documento che è articolato in 15 capitoli ed è giunto alla 22a edizione, quest`anno spazio anche ad analisi sul lavoro degli immigranti, divenuto significativo nel panorama italiano e a quello dei disabili.

“La crisi prodotta dal Covid e dai provvedimenti adottati per contrastare l`emergenza sanitaria ha alterato in profondità il funzionamento del mercato del lavoro come dell`economia, con impatti diversificati per settori, per territori e per gruppi sociali, allargando divergenze e diseguaglianze storiche. Le fratture provocate da questa pandemia seguono linee diverse da quelle presenti in altre crisi, perché non sono correlate con gli usuali parametri economici bensì alle connotazioni strutturali e organizzative che determinano la maggiore o minore esposizione di ciascuna realtà al rischio di contagio. Infatti, gli impatti più gravi si sono verificati non nelle attività manifatturiere, ma in settori ad alta intensità di relazioni personali come il turismo, la ristorazione, le attività di cura, e i servizi in genere”, afferma il oresidente Tiziano Treu, che ha curato l’introduzione del Rapporto.

“La pandemia ha messo in evidenza non poche falle nel nostro sistema di protezione sociale, sia negli ammortizzatori (CIG e Naspi) nonostante la riforma del 2015 avesse provveduto a una loro estensione, sia nel più recente reddito di cittadinanza che doveva fornire un aiuto economico ai poveri e, in ipotesi, ad aiutare quelli abili al lavoro a trovare occupazione. La esplosione del lavoro digitale a distanza ha modificato i luoghi e il tempo delle attività umane. È cresciuta la interdipendenza fra lavoro salute e contesto ambientale. Si è resa, per questa via, evidente la necessità di integrare fra loro politiche del lavoro, istituti della salute e cambiamenti del contesto socioeconomico. L`importanza di questi nessi sarà indicata nel nostro rapporto”, aggiunge ancora l’ex Ministro del lavoro.

“L`impatto della pandemia nei vari Paesi, e spesso nei diversi territori, ha mostrato differenze legate principalmente alla capacità dei sistemi sanitari di affrontare l`emergenza, la cui efficacia ha contribuito a limitare la durata degli interventi più restrittivi come il lockdown. È questa una conferma della necessità di mettere in atto politiche e interventi coordinati in due settori storicamente divisi come sanità e lavoro. Gli ambiziosi obiettivi di carattere economico indicati dalla transizione digitale e ambientale devono essere accompagnati da misure altrettanto ambiziose per la innovazione sociale e nel modo del lavoro. L`urgenza di rafforzare le misure sociali di accompagnamento alle persone nelle transizioni è testimoniata dalle ricerche, comprese recenti analisi condotte dal Censis per il Cnel, ove si mostra come le prospettive di ripresa sociale e personale dalle ferite della pandemia siano più complesse dei processi di mera ricostruzione economica e richiedano quindi misure altrettanto complesse di protezione e di promozione umana”, conclude Treu.

 

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