FDV CGIL, l’impatto della crisi demografica sul lavoro: nel 2042 popolazione in età lavorativa -6,8mln

Fra vent’anni il bacino dei potenziali lavoratori (15-64 anni) subirà una netta diminuzione, -6,8 milioni di persone, mentre la popolazione non in età da lavoro (under 15 e over 64) registrerà una robusta crescita, +3,8 milioni di persone, l’età media crescerà di 4 anni. Sono alcuni dei dati emersi dall’ultima ricerca della Fondazione Di Vittorio che analizza le ripercussioni del declino demografico sul futuro del mercato del lavoro italiano.

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Nel rapporto si evidenzia come gli squilibri demografici determinati da una bassa natalità e da un marcato invecchiamento della popolazione residente, aggravati dalle caratteristiche dei flussi in ingresso e uscita dall’Italia, incidono anche sul tasso di occupazione. Come spiega il Presidente della FDV Fulvio Fammoni “le persone in età da lavoro da febbraio 2020 a maggio 2022 sono calate di circa -600 mila. Gli occupati a febbraio 2020 erano 22,341 milioni, a maggio 2022 sono 22,293 milioni (circa -50 mila); il tasso di occupazione di febbraio 2020 era del 59,0%, quello di maggio 2022 del 59,8%. Quindi, con un numero simile di occupati, il tasso di occupazione è aumentato dello 0,8%”. Questo perché spiega Fammoni “il calcolo del 2020 era effettuato su una platea di persone in età da lavoro di 37,9 milioni, mentre l’ultimo dato del 2022 è di 37,3 milioni (-606 mila). Se, per ipotesi, il tasso di occupazione di maggio 2022 fosse calcolato sulla stessa popolazione in età da lavoro di febbraio 2020, sarebbe più basso di circa un punto percentuale”.

Per la segretaria confederale Cgil, Tania Scacchetti i dati della FDV “non sono semplici numeri, non indicano solo un calo demografico, ma una prospettiva inquietante per il futuro del nostro Paese. Di questo si dovrebbe discutere ora in campagna elettorale perché servono risposte immediate e scelte strutturali”. “Vanno sicuramente individuate misure a sostegno della natalità, ma soprattutto – afferma la dirigente sindacale – va aperta una riflessione sui flussi in entrata e in uscita dal nostro Paese”. “Ai giovani che emigrano non per scelta, per lo più formati e competenti – sottolinea Scacchetti – vanno offerte le prospettive di un lavoro dignitoso e di qualità che risponda alle loro competenze, un salario adeguato, un sistema di welfare che li protegga e li sostenga”. “Contemporaneamente occorre – aggiunge la segretaria confederale – rivedere le politiche migratorie, costruire canali di ingresso per ricerca di lavoro regolari e stabili, attraendo e investendo sulle politiche migratorie come fattore di riequilibrio e di risposta strutturale ai cambiamenti demografici”. “Inoltre, è necessario investire su politiche di rimodulazione e riduzione degli orari di lavoro e sulla formazione. Una popolazione lavorativa che invecchia rischia di essere spiazzata dalle trasformazioni tecnologiche e digitali producendo – conclude Scacchetti – il paradossale effetto di avere alti tassi di disoccupazione e di inattività in un mercato del lavoro incapace di rispondere alla nuova domanda che si genera”.

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