Istat, la guerra e il caro prezzi mettono a rischio la ripresa

Le forti tensioni geopolitiche hanno modificato sostanzialmente il quadro internazionale e la possibile evoluzione dell`economia italiana. La quantificazione puntuale degli effetti sulle prospettive economiche italiane della crisi geopolitica internazionale “è estremamente difficile e legata all’ampia incertezza riguardante gli esiti del conflitto, per cui necessiterà di ulteriori analisi e aggiornamenti”. E’ quanto sottolineato dall’Istat nella Nota mensile sull’andamento dell’economia italiana.
Una prima valutazione degli effetti dello shock dei prezzi energetici, stimata con il modello macroeconomico MeMo-It dell’Istat, mostra che, “a parità di altre condizioni, il Pil italiano risulterebbe inferiore di 0,7 punti percentuali rispetto a quello stimato in uno scenario base in qui le quotazioni dei beni energetici rimanessero sui livelli di inizio anno”.
L’attività economica “verrebbe condizionata negativamente dal più basso livello dei consumi delle famiglie che si accompagnerebbe a una riduzione della propensione al risparmio. Rispetto allo scenario base risulterebbe più bassa sia l`occupazione, sia il saldo della bilancia di beni e servizi misurato in percentuale di Pil”.
Ai preesistenti fattori di rischio al ribasso che caratterizzavano la congiuntura mondiale si è aggiunta, dunque, la crisi geopolitica internazionale che “ha innescato un’ulteriore accelerazione dei prezzi delle commodity energetiche e alimentari, giunti a livelli eccezionalmente elevati”, ha osservato l’Istat.
In Italia, la decelerazione della ripresa economica nel quarto trimestre del 2021 è stata seguita, a gennaio, dalla caduta della produzione industriale e da una flessione delle vendite al dettaglio.
L’evoluzione del mercato del lavoro si è associata a quella dell`attività produttiva con un rallentamento tra ottobre e dicembre della crescita delle unità di lavoro e delle ore lavorate e, a gennaio, una stabilizzazione del tasso di occupazione.
A febbraio, l’indice armonizzato dei prezzi al consumo Ipca ha segnato un ulteriore significativo aumento tendenziale, raggiungendo il 6,2%, quattro decimi di punto in più rispetto alla media dell`area euro. Il differenziale dell’indice al netto dei beni energetici si mantiene, tuttavia, a favore dell’Italia. da il diariodellavoro.it
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