“Al di là delle affermazioni trionfalistiche è possibile a questo punto fare un bilancio delle scelte operate dal Governo. Scelte che non condividiamo nel metodo e nel merito”. Lo afferma, in una nota, il segretario confederale della Cgil Christian Ferrari, a seguito del via libera definitivo dell’Ecofin all’ultima versione del Pnrr dell’Italia, dopo tutte le rimodulazioni e le revisioni definite nei mesi scorsi.
Riguardo al metodo, il dirigente sindacale sottolinea “si è consolidato un modo di procedere opaco e senza confronto sul più importante strumento di sviluppo del nostro Paese: tutte le decisioni sono state prese nel chiuso di qualche stanza, per poi essere semplicemente comunicate agli italiani e alle forze sociali. Tale metodo è tracimato sul piano normativo in decreti omnibus inemendabili. Uno spostamento della potestà legislativa dal Parlamento al Governo, che rappresenta un pericolosissimo precedente rispetto alle riforme istituzionali in discussione che prevedono una brutale verticalizzazione del potere”.
“L’impossibilità di accesso immediato e diretto ai dati di attuazione del Pnrr e la scelta, da parte del Governo, di quali informazioni rendere pubbliche, rappresentano – prosegue Ferrari – un’ulteriore fonte di preoccupazione. La lotta alle frodi e alla corruzione non si fa solamente con la convocazione di riunioni di vertice degli organismi preposti, ma anche con un controllo diffuso e capillare di quanto sta effettivamente avvenendo sui territori. Senza parlare poi della verifica nell’attuazione delle numerose riforme degli ultimi due anni di Pnrr. Anche in questo caso manca qualunque confronto”.
“Nel merito – aggiunge il segretario confederale – il forte spostamento di risorse dagli investimenti pubblici diretti agli incentivi automatici alle imprese, così come il pesante taglio delle risorse destinate alla sostenibilità ambientale e il contemporaneo incremento di quelle destinate alle fonti fossili, rendono chiaro l’orientamento del Governo: in assenza di una visione strategica delle direttrici di sviluppo del Paese, ci si affida, da un lato, al mercato e alla struttura produttiva così com’è, dall’altro, a politiche regressive che rischiano di imprigionare l’Italia nella camicia di forza di un vecchio e superato modello di sviluppo. Un modello di sviluppo – conclude Ferrari – che si sta rivelando insostenibile sia socialmente sia ambientalmente, che va cambiato attraverso l’intervento pubblico, facendo leva su politiche industriali e investimenti in grado di creare filiere produttive e lavoro di qualità”.