“La Presidenza Italiana del Gruppo è totalmente inadeguata a guidare gli sforzi per una giusta transizione ecologica, non è all’altezza di quanto richiesto ai Paesi che rappresentano il 38% del Pil globale, che detengono le migliori capacità tecnologiche e finanziarie, e su cui ricadono le maggiori responsabilità della crisi climatica e ambientale”. A denunciarlo Christian Ferrari, segretario confederale Cgil e Simona Fabiani, responsabile Cgil politiche per il clima, il territorio, l’ambiente e la giusta transizione, in occasione dell’iniziativa ‘Il G7 ascolti il lavoro e l’ambiente’, organizzata insieme all’Alleanza Clima Lavoro, in contemporanea alla plenaria dei Ministri del G7 su ambiente, clima ed energia. L’evento sarà concluso dal segretario generale della Cgil Maurizio Landini.
“L’Italia – spiegano Ferrari e Fabiani – ha, infatti, una politica regressiva sul piano ambientale e sostanzialmente negazionista su quello climatico: taglio delle risorse; obiettivi di riduzione delle emissioni inferiori ai target europei; aumento delle importazioni e potenziamento delle infrastrutture per le fonti fossili; l’idea di fare del nostro Paese un hub anziché delle energie rinnovabili, di quelle fossili; nessuna politica industriale per l’industria a zero emissioni; nessuna politica di giusta transizione per tutelare il lavoro e le fasce più povere della popolazione; il sostegno alle false soluzioni come la Ccs e il nucleare, che sono rischiose, non sicure, costose e con tempi di realizzazione incompatibili con i cogenti impegni climatici, oltreché – per quanto riguarda il nucleare – in contrasto con ben due referendum popolari”.
Inoltre, Ferrari e Fabiani sottolineano “il prezioso contributo alla nostra discussione” del Segretario Generale dell’Ituc Africa che “ha portato il pensiero del movimento sindacale di quel continente sulla giusta transizione e anche sul piano Mattei”. “Un piano che la propaganda di governo – proseguono – descrive all’insegna della collaborazione fra pari, ma che è stato redatto senza il coinvolgimento democratico delle comunità e dei Paesi interessati e che, come Cgil, abbiamo contestato con forza, perché punta allo sfruttamento delle risorse africane in uno spirito neocoloniale, a vantaggio prevalentemente delle aziende italiane e chiedendo in cambio un ingiusto e miope stop alle migrazioni”, concludono il segretario confederale Cgil e la responsabile Cgil politiche per il clima, il territorio, l’ambiente e la giusta transizione.