Sanità e fisco, Gramolati (Spi Cgil Toscana): “Siamo di fronte a dei sacrifici ma vogliamo che siano ripagati da migliori servizi. Chiediamo al Governo più risorse e di restituire il payback. Se la Giunta regionale non avesse fatto la manovra sull’addizionale, conseguenze ancora peggiori”
“Con la manovra il Governo ha ridotto le risorse per la sanità pubblica e questo, insieme alla mancata restituzione del payback, ha penalizzato le regioni a maggiore vocazione pubblica, come la Toscana. Se la Giunta regionale non avesse fatto la manovra sull’addizionale sarebbe scattato il Piano di rientro, e questo avrebbe voluto dire alzare l’addizionale anche per i redditi sotto i 28mila euro, cancellare gli extra Lea e bloccare il turnover di medici e infermieri. Ma ci aspettiamo che il sacrificio di lavoratori dipendenti e pensionati venga ripagato attraverso migliori servizi e costi equi. Noi continuiamo a chiedere con forza al Governo di portare le risorse per la sanità ad almeno il 7,5% del PIL, come abbiamo chiesto con la raccolta firme “Impazienti” che ha superato le 120mila firme, e la restituzione del payback”. È quanto afferma il segretario generale dello SPI CGIL Toscana Alessio Gramolati oggi al convegno su fisco e sanità “Più sani, più equi” organizzato a Firenze da SPI CGIL Toscana. “Oggi l’elemento che caratterizza l’operato del governo è la proposta di soluzioni politiche che non sono in grado di rispondere alla domanda di nuovi diritti, e allora si offre una deroga ai doveri. Il filo che lega le vicende che attraversano il Paese passa dal tentativo di separare il principio costituzionale che si fonda sull’inalienabilità dei diritti e l’inderogabilità dei doveri: invece chi governa deve essere capace di tenerli insieme, altrimenti sfascia il Paese”.
Ha aggiunto Rossano Rossi, segretario generale Cgil Toscana, invocando un intervento nazionale: “Forse sull’aumento dell’addizionale Irpef si poteva agire in maniera più articolata, intervenendo anche su quello che è rimasto da tassare dell’Irap, che non è molto, ma almeno non avrebbero pagato solo pensionati e dipendenti. Però senza un intervento del governo nazionale tra un anno avremo gli stessi problemi. Anche se la Regione dovesse vincere il ricorso sul payback potrebbe essere restituita una quota parte delle tasse ma non si risolverebbe il problema. C’è il rischio che il sistema sanitario come l’abbiamo conosciuto finora non lo vedremo più. Con il calo demografico, l’invecchiamento della popolazione, l’aumento della povertà e la precarietà del mondo del lavoro ci sarebbe ancor più bisogno di un servizio nazionale sanitario pubblico e gratuito così come concepito dalla nostra Costituzione. Invece c’è un disegno che va avanti da tempo, portato avanti da tutti i governi ma da questo con particolare durezza, di tagli sistematici, 40 miliardi negli ultimi anni che corrispondono all’aumento di fatturato del sistema sanitario privato. E questa deriva ricade sulle Regioni, soprattutto quelle come la Toscana ancora a grande preminenza pubblica”. (ANSA).
“Avevamo detto: dateci le briciole del ponte di Messina e attueremo una riforma storica. Abbiamo lavorato con grande passione e sono lieto che la legge sia stata approvata con nessun voto contrario. È una legge ben fatta, pur con tutti i suoi limiti che chiede un cambio di paradigma, andando oltre la divisione tra anziani attivi e non autosufficienti”. Ad affermarlo è monsignor Vincenzo Paglia, presidente della Pontificia accademia per la vita e presidente della Commissione per la riforma dell’assistenza agli anziani voluta dal governo Draghi, intervenendo alla tavola rotonda dell’iniziativa ‘Più sani, più equi!’, organizzata dallo Spi-Cgil a Firenze. Adesso, ha aggiunto, la sfida “è quella di iniziare ad applicarla, è un impegno prioritario. Con la commissione proprio in questi giorni stiamo scrivendo alcuni dei decreti attuativi per l’assistenza domiciliare socio sanitaria integrata e continuativa. Abbiamo trovato nel Pnrr 400 miloni per questo, 100 milioni per le cure palliative e una cifra ancora non determinata per la telemedicina”. Tuttavia, ha sottolineato, c’è un “vulnus nella scrittura della legge, perché questi fondi che siamo riusciti a radunare, se vengono dati senza una direzione specifica vengono dilapidati e quindi non servono a nulla”. Per Paglia l’obiettivo è arrivare nel giro di cinque-sette anni e su tutto il territorio nazionale “alla presa in carico degli anziani a partire dall’inizio della vecchiaia, perché tutti siano curati e nessuno resti solo”. “Nel 2022 – ha ricordato – secondo i dati Istat ci sono stati in Italia un milione e 300mila ricoveri impropri, una spesa inutile. Se si attua una vera cura domiciliare gli anziani non andranno al pronto soccorso e non costeranno ogni giorno oltre mille euro”. (ANSA).
Dai dati che Stefano Casini Benvenuti, già direttore Irpet e oggi responsabile del progetto Sociotech Lab Spi Cgil nazionale, ha presentato oggi al seminario emerge che l’aumento dell’addizionale Irpef deciso dalla Giunta regionale si tradurrà in un incremento medio di 131 euro a testa per i cittadini toscani con reddititra i 28mila e i 50mila euro e di 1.042 euro per chi ha redditi da 50mila euro in su (sono esclusi quelli sotto i 28 mila euro). Se per la fascia 28-50 mila euro l’imposta 2021 era stata in media di 533 euro, per effetto dell’addizionale l’imposta prevista sarà di 663 euro, mentre nella fascia 50mila euro e oltre si passerà da un’imposta 2021, in media, di 1.505 euro, ad un’imposta prevista di 2.548 euro. Secondo l’analisi, dalla fascia di reddito 28-50mila euro (in cui si collocano oltre 428mila contribuenti), arriverà un incremento di gettito di quasi 56 milioni, dalla fascia 50mila euro e oltre (più di 134mila contribuenti) arriverà un incremento superiore a 140 milioni, per un totale di oltre 196 milioni di euro. A sostenere l’innalzamento dell’addizionale regionale saranno in maggioranza lavoratori dipendenti (54%) e pensionati (34%), con un restante 12% di lavoratori autonomi. L’analisi di Casini Benvenuti ha evidenziato come le caratteristiche del sistema toscano (nuovi ospedali finanziati con mutui e quindi con una maggiore incidenza di interessi passivi, prevalenza del pubblico e quindi maggiori spese per il personale e per l’acquisto di beni e dell’energia, entrate aggiuntive derivanti da payback e rimborsi per i degenti provenienti da altre regioni) lo abbiano portato a risentire maggiormente, rispetto ad altre regioni, di eventi esterni come il Covid, l’inflazione, la riduzione di risorse per la sanità da parte del governo, la mancata restituzione del payback.
A fornire il quadro dello “stato di salute” del sistema toscano è stata Milena Vainieri della Scuola superiore Sant’Anna di Pisa, che nella sua relazione ha messo in luce come sugli indicatori che monitorano i livelli essenziali di assistenza, la Toscana figuri sempre tra le regioni più performanti (questi gli ultimi risultati pubblicati dal ministero della salute ad oggi, punteggi 2021: area della prevenzione 91,37, area distrettuale 95,02, area ospedaliera 88,07. Nella valutazione della performance 2022 del Laboratorio MeS Management e Sanità della Scuola Sant’Anna, la maggior parte degli indicatori è posizionata verso il centro del bersaglio, che indica una performance buona o ottimale. Una sanità che sta bene, in cui però – ha spiegato Vainieri – emergono anche dei punti di debolezza: ad esempio c’è da lavorare ancora sui tempi di attesa. Agenas ha mostrato che la Toscana ha erogato un 50% in più di prestazioni ambulatoriali nel primo semestre 2023 rispetto al primo semestre 2019. Sugli interventi prioritari dell’area cardiovascolare e oncologica da erogare entro i 30 giorni, la Toscana ha una performance superiore alla media italiana, con interventi realizzati prevalentemente in strutture pubbliche. Non mancano alcune criticità, una di queste è la variabilità geografica. Ci sono alcune realtà in cui l’eccellenza regionale non si percepisce. Ad esempio, se si prende in esame (anno 2022) la percentuale di fratture al collo del femore operate entro 2 giorni, si passa da realtà in cui la percentuale si attesta al 25% ad altre in cui è al 92%. In alcune realtà la probabilità di rivolgersi al Pronto Soccorso può arrivare a circa il 60% in più fra i territori. Indice che in alcune realtà la rete delle cure primarie non è riuscita a fare da filtro. Sui corsi di attività fisica adattata a bassa disabilità per 1000 residenti (65 anni), si va da 0,33 a 4,12. Se i pazienti in dimissione mostrano percentuali elevate di gradimento (intorno al 90%), dall’analisi è emerso come dopo il Covid sia aumentata la percentuale di dirigenti medici che ritiene di non poter svolgere il proprio lavoro con ritmi sostenibili.
Uno studio congiunto di Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa e Università di Milano-Bicocca, pubblicato sul Journal of the European Economic Association e presentato oggi dal professor Andrea Roventini, direttore Istituto di Economia della Scuola superiore sant’Anna, mostra che la disuguaglianza in Italia è cresciuta più velocemente rispetto ad altri Paesi europei come la Francia. L’Italia soffre di una forte disuguaglianza di genere, generazionale e territoriale. Dallo studio emerge che il sistema fiscale italiano non corregge la disuguaglianza poiché diventa regressivo per il 5% degli italiani più abbienti, che pagano un’aliquota fiscale effettiva inferiore al restante 95% dei contribuenti. Per rendere il sistema fiscale progressivo, in linea con i dettami costituzionali, sarebbe necessario introdurre un’imposta patrimoniale che colpisca solo il 5% più ricco della popolazione.
L’iniziativa si è conclusa con una tavola rotonda moderata dal segretario generale SPI CGIL Toscana Alessio Gramolati, a cui hanno partecipato importanti ospiti, tra cui monsignor Vincenzo Paglia Presidente della Pontificia Accademia per la Vita (in videocollegamento), il giornalista Ferruccio De Bortoli e Tania Scacchetti, Segretaria SPI CGIL Nazionale, in cui si sono toccati vari temi: legge sulla non autosufficienza, connessione tra ospedale e territorio, telemedicina, l’esigenza di un sistema fiscale equo e progressivo, la difesa dell’universalità del sistema sanitario nazionale.