Aumento Irpef regionale per la sanità, Pasquale D’Onofrio (Fp Cgil Toscana Medici e Dirigenti): “I sacrifici richiesti non siano vani. L’attacco del Governo al sistema pubblico va respinto”
E’ certamente doloroso per oltre mezzo milione di toscani far fronte all’incremento dell’addizionale Irpef per far quadrare il bilancio sanitario della Regione. E tuttavia credo che occorra mettere le cause nella giusta proporzione per identificare i livelli di responsabilità e le necessarie contromisure. Non vi può essere dubbio infatti che il primum movens della crisi in atto sia imputabile al sotto finanziamento del SS contro cui occorre continuare la mobilitazione di tutte le forze sindacali. Un cittadino toscano riceve 808 euro in meno di finanziamento pubblico rispetto alla media dei cittadini europei. Moltiplicato per i 3.650.00 toscani significa che manca un finanziamento statale di 2,9 miliardi da aggiungere ai circa 7 attuali. Rispetto alla media OCSE mancano invece “solo” 2 miliardi sic. Non solo un problema toscano evidentemente ma italiano. Una deriva che di fatto sta mettendo in discussione la tenuta del SSN e il diritto alla tutela della salute sancito nell’Art 32 della Carta Costituzionale. Così come non vi è dubbio che i sistemi che più pagano questo sotto finanziamento sono quelli pubblici, Toscana ed Emilia in particolare che sono anche le regioni ai vertici di tutti gli indicatori di sanità per qualità delle cure, dalla prevenzione, alle cure ospedaliere e territoriali. Non credo ci siano dubbi che questi sistemi pubblici così performanti sugli indicatori di salute siano visti come il fumo negli occhi da quel corteo di gruppi privatisti pronto a saccheggiarlo, una volta imploso sotto il finanziamento. Dopo, acquisito il controllo privato, assisteremmo come sempre a una esplosione della spesa sanitaria per ogni cittadino con molti più esclusi dalle cure rispetto a ora. Proprio questa consapevolezza ci obbliga oggi a resistere per mantenere e migliorare il sistema pubblico che abbiamo senza sacrificare gli extra LEA (parrucche per le pazienti in chemio, trasporto sanitario, ricerca sulle malattie rare, ecc…) che sono il segno della nostra civiltà e sensibilità. Per resistere e’ necessario però che il SSR raggiunga il massimo di efficienza e non sprechi nessuna risorsa umana o finanziaria che sia. Occorrono per questo una serie di interventi che rispondano agli standard del DM 70; la riconversione degli ospedali di prossimità che devono fornire livelli essenziali in acuzie, e poi dedicarsi al trattamento della cronicità. Specializzarsi su linee sanitarie specifiche che consentano di concentrare le casistiche e aumentare la qualità e quantità delle risposte alle lunghe liste di attesa: ospedali vocati, spezializzati nel trattamento delle protesi di anca, ginocchio, colecistectoma, emorreidectomi, plastica erniaria, ecc.. che oggi obbligano i cittadini a lunghe attese. Pochi centri per Area vasta concentrando la casistica migliorando efficacia ed efficienza. Governare l’appropriatezza prescrittiva selezionando le patologie a maggiore impatto e creando centri di presa in carico di tali patologie: per esempio il mal di schiena richiede l’istituzione di centri multi professionali e disciplinari in alcuni ospedali che prendono in carico il paziente e guidano la diagnostica necessaria. Lo stesso per la cronicità: Broncoplneumopatici, cardiopatici, diabetici, ecc… dovrebbero entrare in filiere di controllo routinario pubblico come avviene per i pazienti oncologici afferenti ai Cord. Il controllo specialistico pubblico è reso sempre più necessario dalla inflazione del ricorso alla diagnostica pesante per induzione del privato e per medicina difensiva dei curanti. Nel quadro attuale manca una reale presa in carico, manca la cura e stiamo diventando un prestazionificio. Stiamo cioè finanziando con soldi pubblici una deriva opportunistica privata. Concentrare le Terapie intensive e le interventistiche ad alta complessità negli ospedali di primo e secondo livello poiché le complicanze in tali pazienti richiedono competenze multidisciplinari. Il personale recuperato nelle modifiche organizzative andrebbe dedicato, oltre all’abbattimento delle liste di attesa. al potenziamento dei letti per la cronicità, riabilitazione, palliazione, ecc… Sono solo lo 0,3 per 1000 abitanti in Toscana, contro lo 0,7 previsto dal DM 70, ne mancano quindi 1460 da distribuire sul territorio toscano in base ai bisogni assistenziali ben mappati anche per favorire le dimissioni dai PS di malati spesso cronici. Adibire sui territori Centri per assistenza e urgenza non gravi (CAU) per intercettare sui territori prima dei PS i bisogni assistenziali che la carenza dei MMG rende sempre più necessari. Il bisogno di difendere la più grande infrastruttura del nostro paese che oggi compie 45 anni ci obbliga a una presa di posizione e di responsabilità collettiva chiara, nessuno si senta escluso! Solo in questo caso il sacrificio richiesto non sarà stato vano.
Firmato: Pasquale D’Onofrio, Fp Cgil Toscana Medici e Dirigenti