“Non accettiamo una rappresentazione fuorviante e inesatta delle motivazioni e delle responsabilità sulla vertenza Fimer. Non sono i lavoratori che stanno compromettendo il futuro dell’azienda. È prova di ciò non solo il provvedimento del tribunale, da cui emerge chiaramente la drammatica situazione economico finanziaria dell’azienda, ma anche la stessa presentazione di una nuova richiesta di concordato basata esclusivamente su ennesime manifestazioni di interesse e non su accordi certi, finendo per ripresentare una proposta vuota e superficiale atta solo ad acquistare ulteriore tempo”. Così Cgil, Cisl e Uil sulla vertenza Fimer di Terranuova Bracciolini (Arezzo). L’azienda è occupata dai lavoratori e per il futuro della quale il cda ha depositato in tribunale a Milano la richiesta di un concordato in bianco. I sindacati replicano, in una nota, alle accuse da parte della proprietà di rendere impossibile le trattative perché con la fabbrica occupata la produzione è bloccata. “L’attuale situazione – scrivono i sindacati – è facilmente rappresentabile. Le aziende che operano nella logistica, sullo stoccaggio della materia prima, sono ferme e non garantirebbero l’approvvigionamento dei componenti per le linee produttive perché già da tempo lamentano mancati pagamenti. L’attuale autonomia è riconducibile a due-tre giorni di lavoro per solo alcune linee di prodotto. I fornitori in assenza di pagamenti non garantirebbero nuove forniture”. “Le ditte in appalto (mensa, pulizie, servizi, service) sono nelle stesse condizioni – osservano ancora -. In questi giorni stanno scadendo importanti licenze per la gestione, soprattutto per l’assistenza ai clienti e non sappiamo se ci sono le risorse economiche per provvedere ai rinnovi”. Per i sindacati “l’azienda è tecnicamente ferma dal 31 di marzo e questo ben verificabile da quanto definito dal giudice di Arezzo nella convocazione dell’udienza del 3 maggio. Appare quindi evidente come, l’esclusiva responsabilità di tutto quanto accaduto, è riconducibile a due soli soggetti: attuale cda e azionisti che non hanno permesso l’immissione di capitali necessari a non far spengere gli impianti produttivi”. (ANSA).
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