La vicenda delle lavoratrici impiegate sull’appalto dei Servizi diversi dall’educativo dei nidi e delle scuole materne (cuoche e ausiliarie) del Comune di Pisa è ormai tristemente nota a buona parte della cittadinanza. Più volte se ne è occupata anche la stampa nostrana che, a più riprese, ha dato conto del percorso accidentato e sofferto che queste lavoratrici hanno dovuto attraversare negli ultimi due anni, nonostante l’azione continua di tutte le organizzazioni sindacali che le hanno rappresentate.
Già di fatto precarie perché dipendenti di un servizio esternalizzato (soggette quindi a periodici cambi d’appalto che via via mettono a rischio – un rischio concreto – non solo il posto di lavoro, ma anche retribuzione, diritti e tutele maturate nel tempo), le 40 cuoche e ausiliarie hanno prima subìto un lungo periodo di cassa integrazione durante l’emergenza sanitaria, poi hanno dovuto lottare per i cosiddetti esuberi generati dalla scelta dell’Amministrazione di statalizzare due delle scuole materne del Comune di Pisa, e, in ultimo, l’esito della più recente gara d’appalto ha decretato, per ciascuna di loro, la perdita di più di due mensilità di stipendio all’anno per continuare a svolgere lo stesso servizio, nelle stesse sedi e negli stessi orari di lavoro.
Di questa amara vertenza senza fine colpisce non solo l’esito così smaccatamente negativo, ma, da parte di chi scrive, il fatto che ciascuna perdita reddituale o di forza lavoro poteva essere evitata attuando scelte amministrative diverse improntate alla ricerca della qualità del servizio connessa alla valorizzazione della qualità del lavoro; scelte diverse che si sarebbero potute concretizzare praticando le relazioni sindacali, con assiduità, ascolto, concretezza e nel rispetto delle competenze e del ruolo di tutela delle lavoratrici e dei lavoratori che contraddistinguono le parti sindacali, ciascuna nelle forme che le sono proprie. Si è invece preferito, in questo caso, replicare sul nostro territorio l’arroganza del governo nazionale impostando le relazioni sindacali come saltuario e tardivo rituale istituzionale svuotato di qualsiasi reale efficacia.
Senza ripercorrere tutte le tappe della vertenza, ma per dare corpo a quanto affermiamo, basterà ricordare che, dopo i reiterati impegni presi dall’Amministrazione comunale nei confronti delle lavoratrici – al netto di qualche fondo messo a disposizione per prorogare i necessari servizi Covid –, nessuno stanziamento aggiuntivo è mai stato erogato su questo servizio in sofferenza: nessuna risorsa per permettere alle lavoratrici di chiudere gli ultimi mesi del precedente appalto sicure di ricevere il proprio stipendio, tutte e per intero, e nessuna risorsa per costruire una nuova gara d’appalto, se non virtuosa come richiesto all’unanimità dal Consiglio Comunale, quantomeno non peggiorativa in termini di continuità lavorativa e salariale.
A riprova che i fondi stanziati per la nuova gara d’appalto del 2022 fossero del tutto insufficienti a garantire il servizio, rammentiamo che nessuna delle aziende del settore ha partecipato alla prima gara d’appalto – che quindi è andata deserta – e che alla seconda gara, pubblicata con qualche correttivo, ha partecipato una sola azienda/cooperativa: quella che ora ha in carico la gestione del servizio alle disastrose condizioni di cui si è già detto.
Ma c’è di più. Con un’idea distorta e superficiale di oculata gestione del denaro pubblico, l’Amministrazione comunale non solo ha costruito una gara d’appalto al risparmio di ore di servizio e di costo del lavoro, ma ha inserito, nero su bianco, mansioni aggiuntive a carico delle lavoratrici da svolgersi obbligatoriamente e all’interno dello stesso numero di ore di servizio.
In sintesi, la progettazione di questa gara d’appalto ha promosso il principio fintamente rigoroso del lavorare di più per guadagnare di meno (molto meno); principio che, se riferito a figure apicali iper retribuite potrebbe raccogliere anche qualche consenso, ma che, se applicato a lavoratrici esternalizzate, part-time e spesso monoreddito, non può che rivelarsi come una paradossale forzatura o, meglio ancora, una scelta esplicitamente punitiva che sacrifica componenti della classe lavoratrice meno tutelata e meno retribuita sull’altare di una speciosa e propagandistica austerity delle finanze comunali. Lavoratrici che, peraltro, è bene ricordarlo almeno noi, con stipendi minimi si occupano giorno dopo giorno delle nostre figlie e dei nostri figli in tenerissima età e che permettono quindi a buona parte delle famiglie di questa città di fruire di un servizio essenziale all’organizzazione della propria vita quotidiana.
Nonostante siamo state tacciate a più riprese di inutile e strumentale allarmismo e siamo rimaste sostanzialmente inascoltate in ogni fase cruciale di questa vertenza, come Organizzazioni Sindacali, all’indomani delle ultime elezioni, torniamo a richiamare questa Amministrazione comunale ad un confronto sindacale propositivo e costruttivo su questa vicenda e più in generale sul tema delle esternalizzazioni dei servizi.
Gli strumenti per evitare i pessimi risultati prodotti da questa gara bandita sotto l’Assessorato di Sandra Munno esistono e si chiamano tavoli di confronto sindacale strutturati e periodici, protocolli d’intesa e percorsi di reinternalizzazione dei servizi e della forza lavoro già impiegata sugli appalti.
Gli esempi virtuosi, anche qui, esistono e nemmeno troppo lontani dal nostro territorio. Basta avere la volontà politica di praticarli.
Lettera inviata all’amministrazione comunale di Pisa firmata da:
Filcams CGIL Pisa
Funzione Pubblica CGIL Pisa
UILTuCS Toscana Pisa
Cobas Lavoro privato
Flaica CUB