Assegno unico: per 12 mesi l’Inps si dimentica di un lavoratore in Valtiberina (Arezzo). Il pagamento delle prestazioni familiari è stato riattivato ma gli arretrati non sono ancora arrivati. Cgil e Inca si chiedono se automazione e centralizzazione siano state scelte a favore dei lavoratori
Assegno unico, chi ha figli lo conosce bene. “E’ un sostegno economico alle famiglie – si legge sul sito Inps – attribuito per ogni figlio a carico fino al compimento dei 21 anni”. Chi ha 4 figlie e moglie e carico come un lavoratore di 53 anni della Valtiberina, lo conosce più che bene. Soprattutto quando ha smesso di arrivare. In quel momento 1.000 euro al mese sono scomparsi dal suo bilancio familiare. “Con il vecchio assegno familiare non avevo mai avuto problemi: l’azienda me lo pagava regolarmente. Poi, quando nel 2022, è subentrato quello nuovo e cioè l’”unico” pagato direttamente dall’Inps, io non l’ho più ricevuto per 12 mesi consecutivi. A febbraio i pagamenti sono iniziati ma non ho assolutamente notizia degli arretrati e si tratta di circa 12.000 euro. Per me sono tanti soldi. Il mio stipendio è di 1.400 euro: con la moglie che non lavora e quattro figlie di 20, 16, 15 e 10 anni non ci posso fare veramente nulla. La metà va via per il mutuo e per il piccolo prestito che ho dovuto fare per sistemare la casa. Come può vivere una famiglia di 6 persone con 700 euro al mese? Non ho pagato alcuni bolli e dilazionato le bollette. L’alternativa era tra pagarle e mangiare. Capisco che l’Inps abbia i suoi problemi ma non può mettere in croce le persone come me”.
Il lavoratore si è quindi rivolto alla Cgil e al patronato Inca. “Abbiamo chiesto spiegazioni all’Inps – ricorda Luca Gabrielli della Fillea Cgil. E abbiamo scoperto una fila di problemi. Errori sia nel codice fiscale che nell’iban. Altri intoppi burocratici hanno impedito il pagamento. Rimane il fatto che solo dopo un anno sono ripresi i pagamenti dell’assegno unico a questo lavoratore che si è visto privare, all’improvviso, di una quota rilevante del reddito familiare”.
Guido Guiducci, Direttore del patronato Inca, individua la data simbolo di questa vicenda: “ed è il 1 marzo 2022. Fino al mese di febbraio, il lavoratore trovava regolarmente in busta paga le prestazioni familiari. Poi è cambiato tutto. Teoricamente per semplificare la vita del lavoratore e per garantirlo maggiormente ma quando si verificano problemi, questi sono veramente difficili da risolvere”.
Automazione e lontananza sono le parole chiave. “In questa vicenda ci sono stati intoppi legati sia al codice fiscale che all’Iban del lavoratore. Il sistema centrale Inps non lo riconosceva e inutili sono state le conferme, sia nostre che del lavoratore, che l’Iban era giusto. Problema aggiuntivo: con il nuovo sistema centralizzato, la sede locale dell’Inps, nonostante la buona volontà, non può farci nulla e così il lavoratore ha accumulato 12 mesi di arretrati”. Con un ulteriore meccanismo che Guiducci valuta non condivisibile: “l’Inps prevede conguagli una sola volta all’anno, nel mese di febbraio. Nel caso specifico, febbraio è ormai passato e il conguaglio non è arrivato”.
Rimane quindi aperta la domanda se con automazione e centralizzazione, l’Inps abbia fatto veramente un favore ai lavoratori.