Rsa a Prato, i sindacati insorgono contro l’aumento delle rette: “Vergognoso scaricare tutto sulle famiglie”

Prato: Rsa, i sindacati insorgono contro l’aumento delle rette. “Vergognoso scaricare tutto sulle famiglie”. Cgil, Cisl e Uil pronti ad una raccolta di firme per chiedere la modifica della normativa regionale che regola il settore. Dure critiche a Regione e gestori: “Un cinismo che mette in ginocchio le famiglie già provate dai rincari delle bollette e dei mutui”. Per ciascun anziano si parla di aumenti fino a 300 euro al mese

Rette più care nelle Rsa di Prato con aumenti tra i 6 e i 10 euro al giorno interamente scaricati sulle famiglie. Un’ulteriore stangata che si somma a tutto il resto dei rincari e che spinge i sindacati a lanciare l’allarme: “Inaccettabile la decisione unilaterale assunta dai gestori – le parole di Cgil, Cisl e Uil confederali e pensionati – si mettono le mani nelle tasche delle famiglie annunciando aumenti anziché intaccare la consistente redditività che ogni Rsa realizza a fine anno e che si attesta sul 7 per cento del fatturato”. Non ce n’è solo per i gestori, ma anche per la Regione che – parole del sindacato – lascia soli anziani e famiglie. Siamo pronti a promuovere una raccolta di firme per chiedere due cose: la rivisitazione della normativa regionale che regola il settore e che così come è ora genera storture che ricadono sui soliti, la collocazione del tema aumenti in una cornice pubblica, chiara e trasparente che dia modo di aprire un dibattito serio e costruttivo tra le parti”.
La questione del rialzo delle rette è stata anticipata nelle settimane scorse da Notizie di Prato e, fatti due conti, peserà qualcosa come 300 euro su ciascun anziano. La retta si compone di due quote: 54 euro la quota sanitaria giornaliera pagata dalla Regione, altrettanto la quota sociale che in parte viene coperta dal Comune e in parte dalla famiglia sulla base del reddito, con una media che su base mensile oscilla tra mille e 1.500 euro e che ora salirà a 1.300-1.800 euro”.
“E’ una situazione vergognosa – dice il segretario generale della Cgil di Prato, Lorenzo Pancini – una situazione che mette in risalto l’atteggiamento cinico dei gestori e il silenzio delle istituzioni regionali: qui si pensa di recuperare i soldi togliendoli dal portafogli dell’anello più debole, lavoratori e pensionati che già hanno dovuto sopportare la riduzione del potere d’acquisto per colpa di un’inflazione ancora al 10 per cento, senza parlare dei tassi di interesse in continua crescita con sempre più difficoltà a onorare le rate del mutuo”.
La denuncia di Cgil, Cisl e Uil sottolinea anche l’evidente contraddizione degli attori in campo: “Da una parte la Regione che in materia di spesa per la non autosufficienza dice di non avere le risorse necessarie per procedere ad un aggiornamento delle tariffe – spiega il segretario confederale Cisl Prato-Firenze, Marco Bucci – dall’altra le Rsa che unilateralmente e tutte insieme decidono di ritoccare all’insù la quota che incide sui bilanci delle famiglie”. Una questione che riguarda centinaia di nuclei familiari: “L’assistenza domiciliare è certamente preferibile – dice il segretario confederale Uil Prato, Rodolfo Zanieri – ma si tratta di poche ore che spesso non bastano e costringono i familiari dell’anziano a rivolgersi alle strutture residenziali. Un calvario: ad oggi la lista d’attesa conta una cinquantina di persone. E senza contare che per veder riconosciuta la compartecipazione alla spesa passano minimo 6 mesi, e in quei 6 mesi è la famiglia che deve farsi completamente carico della spesa che in media sfiora i 3.500 euro”.
Il sindacato punta l’indice contro i gestori delle Rsa che – dicono – “hanno perso di vista un fatto: il diritto all’assistenza è costituzionalmente garantito e quello che dovrebbe essere un servizio si è trasformato in un business”. Non solo: “Evidentemente il sistema rende – ancora Cgil, Cisl e Uil – altrimenti non si spiegano le continue richieste di autorizzazione per l’apertura di nuove Rsa. Un sistema che sul territorio ha un suo perché: basti pensare che il 22 per cento della popolazione è over 65 con un 10 per cento di anziani affetti da patologie croniche gravi. In più, la percentuale di persone dimesse dall’ospedale e indirizzate alla Rsa è salita dal 4 al 35 per cento nel giro di pochi anni”.
Sotto accusa anche la modalità dell’aumento: non solo una decisione unilaterale, ma anche “indiscriminata” che pesa in egual misura sulle famiglie ricche e sulle famiglie povere. “In questo modo – la sottolineatura – si crea un sistema accessibile solo per chi ha più disponibilità economica, aumentando il rischio del lavoro nero perché la famiglia che non sarà in grado di sostenere la spesa cercherà di ovviare al problema con l’impiego di badanti non in regola”. E a proposito di lavoro: “Vale la pena evidenziare – concludono Cgil, Cisl e Uil – che molte Rsa applicano ai lavoratori contratti non sottoscritti dalle principali organizzazioni sindacali, contratti che prevedono salari bassi a fronte di mansioni delicate e faticose”.

Fonte: Notizie di Prato

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