“Le stime Istat sull’inflazione di ottobre confermano che l’impennata dei prezzi non si ferma e, anzi, diventa a due cifre sfiorando il 12% o il 13% a seconda dell’indice, come non era avvenuto da quasi quarant’anni. Occorrono misure importanti e occorrono ora”. Lo afferma, in una nota, la vice segretaria generale della Cgil, Gianna Fracassi.
“Le cause dell’inflazione sono molteplici e vengono da lontano. Di sicuro – sottolinea la dirigente sindacale – prezzi energetici e alimentari concorrono pesantemente a incrementare prezzi e speculazione. Non basta certo aumentare i tassi da parte delle Banche centrali per riportare la tendenza verso il 2% che ormai non sembra raggiungibile nemmeno nel 2023. Al contrario, la politica monetaria della Bce non si sta dimostrando né efficace né utile in questa fase in cui il rischio di recessione è molto elevato”.
Per Fracassi “la perdita di potere d’acquisto di redditi, salari e pensioni rischia di essere troppo alta. Ad esempio, prendendo la retribuzione contrattuale lorda media annua e applicando l’incremento medio previsto per quest’anno dai contratti collettivi nazionali di lavoro attualmente rinnovati, la perdita di potere d’acquisto nel 2022 sarebbe comunque di oltre 1.800 euro. È come se le lavoratrici e i lavoratori dipendenti italiani non ricevessero la tredicesima. Una situazione ancor più grave per i pensionati, i precari, i giovani autonomi, i disoccupati”.
“Servono subito – prosegue la vice segretaria generale della Cgil – provvedimenti di sostegno all’economia, ai redditi, alle famiglie, all’occupazione, provvedimenti di contrasto alla disoccupazione, alla precarietà e alla svalutazione del lavoro. Misure che siano immediatamente percepibili, ben oltre i 200 o i 150 euro una tantum. Di sicuro – conclude Fracassi – non è il momento di fare condoni o innalzare il tetto del contante. Siamo pronti a discuterne con il Governo”.