La Corte Costituzionale sul Jobs Act: «Urgente la riforma». Il nuovo pronunciamento dopo le due sentenze del 2018 e 2020: riformare la disciplina “è indifferibile”. De Palma, Fiom: “Si metta fine al far west aperto da quella legge nel mondo del lavoro”
La disciplina dei licenziamenti contenuta nel Jobs Act va riformata al più presto. Questo il senso del pronunciamento della Corte Costituzionale, nella sentenza diffusa oggi.
In particolare, scrive la Consulta, è “indifferibile” la riforma della disciplina dei licenziamenti. Si tratta di una “materia di importanza essenziale per la sua connessione con i diritti della persona del lavoratore e per le sue ripercussioni sul sistema economico complessivo”. La Corte rileva che “un’indennità costretta entro l’esiguo divario tra un minimo di tre e un massimo di sei mensilità vanifica l’esigenza di adeguarne l’importo alla specificità di ogni singola vicenda” e non rappresenta un rimedio “congruo e coerente” con i requisiti di “adeguatezza e dissuasività”. Requisiti che furono già affermati in due sentenze, una del 2018 e l’altra del 2020.
“La sentenza della Corte Costituzionale, dopo le due pronunce del 2018 e del 2020, impone di sanare la ferita determinata dal far west aperto dal Jobs Act nel mondo del lavoro. In un momento di grande instabilità economica e sociale, riteniamo necessario ripristinare la certezza del diritto per le lavoratrici e i lavoratori e la civiltà giuridica del nostro Paese”. Lo dichiara in una nota Michele De Palma, segretario generale della Fiom Cgil.n”Il Jobs Act – aggiunge – ha cancellato diritti, e contrariamente a quanto affermato da chi lo ha fortemente voluto, non ha favorito l’occupazione. È ora di rispettare i principi costituzionali, di reintrodurre l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori e di tornare ad applicare la civiltà del lavoro”.