Nuove nubi si addensano sull’artigianato toscano: presentato a Firenze il rapporto Ebret (foto)

L’artigianato tra pandemia e guerra: verso una nuova recessione? Presentato stamani a Firenze il Rapporto annuale realizzato dall’Osservatorio dell’Ebret. Presenti per Cgil Toscana il segretario regionale Claudio Guggiari e Monica Stelloni

IL RAPPORTO

IL VOLANTINO DELL’INIZIATIVA DI OGGI

Dopo una ripresa superiore alle attese, nuove nubi si addensano sull’artigianato toscano, stretto nella morsa dei “colpi di coda” del covid e della fiammata dei prezzi delle materie prime, cui la guerra russo-ucraina ha inferto un’ulteriore accelerazione, alimentando anche timori di possibili futuri razionamenti.
Dopo lo shock dovuto alla pandemia, le imprese artigiane hanno comunque evidenziato una buona
capacità di resilienza e recupero, riuscendo a rilanciarsi anche grazie agli interventi messi in campo
per sostenere l’economia; risultati migliori, in particolare, sono arrivati per le realtà che sono state in grado di agganciare la domanda internazionale, per quelle caratterizzate da una maggiore
propensione ad investire e ad innovare, per le aziende di artigianato artistico e tradizionale.
A confermarlo sono i dati dell’VIII Rapporto annuale sul settore artigiano, realizzato
dall’Osservatorio Imprese Artigiane di EBRET sulla base di un’indagine realizzata su quasi 800
aziende artigiane con dipendenti localizzate sul territorio regionale. Il Rapporto 2022 è stato presentato oggi a Firenze nella sede dell’EBRET, l’Ente Bilaterale dell’Artigianato Toscano presieduto da Mario Catalini.
Il recupero del 2021 si è manifestato con una forza superiore rispetto a quanto inizialmente previsto, distribuendosi su ampi strati del tessuto imprenditoriale artigiano. Il volume d’affari è risultato in crescita del 7,9%, interessando il 42 per cento delle imprese artigiane contro situazioni di diminuzione limitate al 9 per cento. La ripresa ha interessato la generalità dei comparti monitorati (unica eccezione il tessile, con un -3,5%) e tutti i territori provinciali.
Fra i settori, variazioni particolarmente sostenute hanno caratterizzato i prodotti in metallo (+17,4%) e la pelletteria-calzature (+14,4%), mentre a livello territoriale incrementi a doppia cifra sono stati messi a segno da Arezzo (+15,4%) e Firenze (+12,2%).
Sotto il profilo dimensionale, le imprese più strutturate (almeno dieci dipendenti) hanno confermato un andamento relativamente migliore, facendo registrare un incremento di fatturato (+11,2%) pari a quasi il doppio quello realizzato dalle realtà più piccole (+6,8%).
Risultati migliori risultano associati soprattutto ad alcune variabili “trasversali”, rispetto alla mera appartenenza settoriale o dimensionale. Della ripresa del commercio internazionale hanno infatti beneficiato, in primo luogo, le unità con mercati di sbocco esteri; la quota di imprese con un volume d’affari in aumento passa infatti dal 37 per cento delle imprese non esportatrici a circa il 70 per cento delle imprese che collocano fino alla metà del proprio fatturato al di fuori dei confini nazionali, per raggiungere il 90 per cento fra le imprese che esportano oltre la metà del proprio fatturato.
Una crescita a doppia cifra del volume d’affari ha poi caratterizzato l’eterogeneo aggregato delle imprese di artigianato artistico e/o tradizionale (+11,5% il fatturato 2021), i cui prodotti – caratterizzati da tratti distintivi ed elementi di forte differenziazione sui mercati finali –
ntercettano con maggiore frequenza la domanda internazionale. Performance nettamente migliori rispetto alla media sono stati poi messe a segno dalle imprese che hanno introdotto innovazioni di prodotto, di
processo, organizzative e/o commerciali (+12,9%) e da quelle che operano all’interno di reti
collaborative (+10,6%).

La crescita del fatturato si è accompagnata ad un generalizzato miglioramento di altri parametri aziendali, con un recupero dei margini (migliorati per il 22 per cento delle imprese intervistate, in peggioramento per il 10 per cento); una “normalizzazione” dei livelli di attività (giudicati “normali”, appunto, dall’85% delle imprese, erano il 63% nella rilevazione dello scorso anno), fortemente depressi dopo la recessione del 2020; più agevoli condizioni di accesso al credito (ritenute più favorevoli dal 16% degli imprenditori, in peggioramento dal 4%); un incremento anche della spesa aggregata per investimenti (aumentata per il 18 per cento delle imprese artigiane, in diminuzione solo per il 2%).
Il miglioramento del clima congiunturale ha infine generato effetti positivi su due altri
“fondamentali” dell’economia artigiana. Il primo riguarda la demografia d’impresa, con una
contrazione delle cessazioni (-8,2% rispetto al 2020) e un aumento delle iscrizioni (+6,6%) che ha
riportato in positivo il saldo fra ingressi e uscite (+413 unità) dopo una serie ininterrotta di dodici
anni con segno negativo. La crescita del tessuto imprenditoriale artigiano costituisce peraltro la
sintesi di dinamiche settoriali profondamente differenziate; al traino esercitato dall’edilizia (+1,1%), grazie anche agli incentivi fiscali che hanno sostenuto la domanda del settore, si sono infatti contrapposte la stabilità dei servizi (+0,1%) e l’ulteriore selezione rilevata in ambito manifatturiero (-0,4%). Il secondo “fondamentale” che ha risentito positivamente della ripresa è stata poi l’occupazione, che nel 2021 ha messo a segno un saldo pari a +412 addetti che risente di dinamiche
opposte fra addetti indipendenti, diminuiti di ben 2.770 unità, e addetti dipendenti, aumentati di oltre 3 mila unità (+2,4%), anche se principalmente in virtù del forte ricorso a contratti di natura temporanea.
Le previsioni degli imprenditori artigiani per il 2022 restano ancora positive per quanto riguarda l’andamento del fatturato, con una crescita prevista per al +3,5%. A questo proposito va tuttavia evidenziato che questa crescita, espressa a prezzi correnti, è inferiore alla dinamica dell’inflazione, risultando negativa in termini reali. Le previsioni degli imprenditori artigiani sono inoltre soggette al rischio di un futuro ridimensionamento, essendo state formulate attorno alla metà di marzo, quando il conflitto russo-ucraino si trovava cioè ancora in una fase iniziale, con aspettative generalmente orientate verso una soluzione delle operazioni militari relativamente rapida e un conseguente contenimento degli impatti negativi sull’economia. Nel momento in cui le previsioni sono state formulate, l’unico settore in negativo era quello dei trasporti, probabile conseguenza della forte dipendenza del comparto dagli approvvigionamenti energetici e del fatto che, al momento in cu l’indagine è stata condotta, proprio il rincaro delle materie prime era avvertito già da alcuni mesi come il principale fattore di criticità del quadro congiunturale. Anche le aspettative sul fronte occupazionale erano moderatamente favorevoli quando l’indagine è stata condotta (7,4% la quota di previsioni di aumento, 2,3% le diminuzioni), ma a questo proposito occorre segnalare soprattutto l’ampia platea di imprese con previsioni orientate alla stabilità (89,1%), a testimoniare un generalizzato clima di cautela che si riscontra anche sotto il profilo degli investimenti, con una quota di imprese che hanno previsto di attivarsi su questo fronte nel corso del 2022 (11,1%) in linea con i valori registrati da quando è scoppiata la pandemia, restando ben al di sotto dei livelli registrati nell’ultima indagine pre-crisi (25,1%).

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