“Tre interventi”, la cogestione, regole sulla rappresentanza sindacale e un salario minimo che possa avere “una connessione con la contrattazione collettiva” sono “riforme nel senso più autentico, che possono ampliare in modo significativo i diritti dei lavoratori. E sono le tre direttrici che possono consentire di dare più voce, valore e dignità al lavoro. Si tratta di riforme che da un lato sono in grado di modernizzare il sistema e dall’altro anche di produrre elementi di forte equità”. Così il ministro del Lavoro, Andrea Orlando, in un intervento video al convegno “Oltre la famiglia e lo Stato: quali riforme per il capitalismo italiano” organizzato dal dipartimento di Economia politica e statistica dell’Università di Siena e dall’Associazione Marcello De Cecco (Amdec) di Lanciano. “Sulla riforma del capitalismo italiano si gioca la possibilità di tornare a fare dell’Italia un Paese più giusto e più innovativo. Un Paese in cui la crescita della produttività che da noi stenta ormai da quasi trent’anni possa accompagnarsi alla riduzione delle disuguaglianze e al miglioramento dei salari”, ha detto il ministro.
Il titolo del dibattito evidenzia già – dice Orlando – “la peculiarità della nostra struttura d’impresa: da un lato il ruolo dello Stato e quindi le imprese pubbliche, dall’altro le imprese private che più che altrove non riescono o hanno gli incentivi per evolvere verso la forma manageriale e rimagono a prevalente gestione familiare”, anche le grandi imprese, ha detto il ministro citando poi l’esempio tedesco della “cogestione o codeterminazione che vede presenti, in forme diverse, nei Cda delle grandi imprese i rappresentanti della proprietà e dei lavoratori. Grazie a questo hanno dato prova di una maggiore resilienza e hanno anche mostrato di saper investire di più sul miglioramento della produttività. In Italia invece la stagnazione della produttività è un problema di carattere pluridecennale ma proprio su questo si aprono anche da noi importanti margini per intervenire, a partire dall’impulso che viene dall’Ue”, ha proseguito Orlando riferendosi alla proposta di una direttiva attualmente in discussione “finalizzata ad introdurre in tutti gli Stati membri proprio la cogestione. Io credo che in Italia dovremmo recepirla. In questo senso, penso che iniziare a riflettere su quali forme di sperimentazione sia un presupposto necessario perché questo avvenga con le modalità più in linea con la struttura e la storia del nostro sistema di impresa”. Il ministro ha quindi richiamato il confronto in corso con la parti sociali sul Fondo nuove competenze e la possibilità di “agganciare una parte di questi incentivi anche a sperimentazioni che riguardino la governance delle imprese e anche le modalità di partecipazione dei lavoratori”. La cogestione “è anche uno strumento di democrazia economica”, ha affermato parlando quindi dellla rappresentanza sindacale e dell’opportunità di “dare una forma, di creare delle regole attraverso il dialogo sociale che ne definiscano le modalità, dando finalmente attuazione al’articolo 39 della Costituzione”, con l’efficacia obbligatoria dei contratti nazionali per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali si riferisce. “E agganciando questa riflessione a forme di salario minimo che possano avere una connessione con la contrattazione collettiva”, ha detto parlando dei “tre interventi”, “di riforme che da un lato sono in grado di modernizzare il sistema e dall’altro di produrre elementi di forte equità. Non è quindi soltanto giusto ma è un modo anche per rendere il nostro sistema delle imprese più innovativo e avanzato, perché spinge ad investire sui miglioramenti tecnologici anziché competere svalutando il lavoro. Una competizione peraltro perdente con le economie emergenti. Ed è la via per rendere il nostro sistema economico meno diseguale, rafforzando anche la tenuta sociale del Paese”. (ANSA).
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