Lavorare quattro giorni: a Valencia fanno sul serio. Avviato progetto pilota

Nella città spagnola l’avvio del progetto pilota (durerà un mese) è stato salutato da un grande evento di portata internazionale. Decine gli interventi di partiti, imprese, sindacati ed economisti, tutti d’accordo sulla settimana lavorativa di 32 ore

Trenta speakers provenienti da 12 paesi e impegnati in 9 panel, tre main dialogues, l’intervento della vicepresidente del governo spagnolo e ministra del Lavoro Yolanda Díaz, 200 partecipanti in presenza e molti altri registrati online: ecco, in sintesi, i numeri del Four Day Week International Summit, il vertice internazionale sulla settimana lavorativa di quattro giorni organizzato a Valencia dalla Generalitat, il governo della regione valenciana, nelle giornate del 27 e 28 maggio. Un incontro – pensato e voluto dagli amministratori di una regione che sta per avviare un progetto sperimentale sulla settimana di 32 ore di lavoro – che ha riunito esponenti della politica, del sindacato, delle imprese, dell’università, accomunati dalla convinzione che nella riduzione dell’orario vi sia una delle chiavi per rimodulare il rapporto tra lavoro e vita privata, per caratterizzare in senso più egualitario e solidale il funzionamento dell’economia, per ribaltare il paradigma liberista affermatosi nel tempo presente secondo cui il futuro del lavoro è fatto di orari lunghi e salari bassi. In una parola, per immaginare una società e una economia diverse e migliori dopo la pandemia.

È in questo contesto che il sindaco di Valencia Joan Ribó ha lanciato il progetto pilota delle 32 ore in tutti i luoghi di lavoro della città, una sperimentazione della durata di un mese i cui risultati saranno oggetto di successive valutazioni rispetto agli impatti sulla produttività, sui conti economici delle imprese, sulle dinamiche dell’occupazione, sul grado di soddisfazione delle lavoratrici e dei lavoratori che parteciperanno. Intanto, però, la città partirà con la riduzione dell’orario di lavoro, anticipando un ulteriore esperimento del governo regionale che punta a finanziare con 9.000 euro per dipendente in tre anni (5.492 euro il primo anno, 2.746 il secondo e 1.373 il terzo) le imprese che volontariamente decideranno di ridurre a quattro giorni e a trentadue ore la settimana lavorativa. Il progetto della città di Valencia si ispira alla scelta del governo della Lituania, che prevede dal 2023 l’introduzione della settimana di quattro giorni per i lavoratori di famiglie con bambini sotto i tre anni. Su entrambi i piani, quello comunale e quello regionale, vi è stato l’esplicito incoraggiamento di Joan Majó, già ministro dell’Industria in Spagna negli anni ‘80, nonché la incondizionata approvazione di John McDonnell, già parlamentare britannico e ministro ombra dell’Economia nel periodo della leadership del Labour Party di Jeremy Corbyn.

A questi autorevoli supporti si è aggiunto, nel corso della discussione, quello di Íñigo Errejón, leader del partito Más País, che ha annunciato di voler proporre al parlamento spagnolo un progetto per estendere all’intero Stato lo schema della regione valenciana di aiuti alle imprese per la riduzione dell’orario di lavoro. A conferma dell’aumento di consapevolezza e di attenzione sul tema della riduzione dell’orario di lavoro anche nel fronte della politica progressista, si sono registrati i discorsi favorevoli di esponenti dei Verdi al Parlamento europeo, del partito gallese Playd Cymru e di quello scozzese Snp, oltre che degli spagnoli di Podemos. Nuovi sostenitori nel campo progressista che si aggiungono alle voci già note della prima ministra neozelandese Jacinda Ardern e delle sue omologhe Nicola Sturgeon in Scozia, Katrín Jakobsdóttir in Islanda e Sanna Marin in Finlandia.

Ma la conferenza di Valencia ha avuto il pregio di presentare anche il punto di vista delle imprese che hanno avviato piani di riduzione dell’orario. Le esperienze della neozelandese Perpetual Guardian, della britannica Swapcard, delle spagnole La FrancachelaSoftware del SolHampa Studio Big Buy hanno in comune pochi ma significativi tratti. In tutti questi casi aziendali la riduzione dell’orario di lavoro ha avuto effetti positivi sulla produttività e sui conti economici, smentendo la tesi secondo cui ridurre l’orario di lavoro danneggerebbe la capacità competitiva delle imprese. Inoltre, nelle aziende citate la riduzione dell’orario ha aumentato il grado di benessere e di soddisfazione dei dipendenti coinvolti, permettendo una più efficace conciliazione vita/lavoro e aumentando le opportunità di miglioramento della condizione lavorativa, specie per donne e giovani. Una situazione analoga a quella di migliaia di contesti aziendali in tutto il mondo – a conferma di un trend di crescita – sempre più utilizzata nelle strategie aziendali come strumento per la gestione socialmente sostenibile della transizione ecologica e digitale e delle nuove dinamiche del lavoro del futuro.

di Fausto Durante da collettiva.it

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