Se il treno merci della strage ferroviaria di Viareggio (Lucca) del 29 giugno 2009 avesse transitato tra le case “a una velocità di 60 km/h, c’è il dato incontrovertibile che tale velocità sarebbe stata misura efficace e non sarebbe successo nulla”. Lo ha evidenziato al processo di appello-bis a Firenze un legale di parte civile, avvocato Gabriele Dalle Luche, che assiste i familiari di alcune vittime per i quali chiede il risarcimento dei danni. La velocità dei convogli con merci pericolose negli abitati stabilita da Fs è uno dei punti su cui verte il processo di appello-bis, in particolare rispetto all’imputazione di disastro ferroviario. Ricordando studi e scenari “conosciuti già a fine anni ’90 da tutte le principali imprese ferroviarie europee”, Dalle Luche ha detto che se il treno avesse tenuto tale velocità di 60km/h essa sarebbe stata “non solo protettiva, ma preventiva, perché, come hanno dimostrato i calcoli del nostro consulente Orsini, se quel treno avesse transitato a 60 kmh non sarebbe successo nulla” perché il vagone col gas Gpl, che poi causò scoppi e incendi, “non avrebbe avuto la forza cinetica per ribaltarsi”. “Fin dagli anni ’90 – ha anche detto Dalle Luche – sia in Germania dove il sistema ferroviario è sempre stato molto sviluppato, sia in Europa, si ipotizzavano conseguenze catastrofiche nel trasporto ferroviario di merci pericolose in caso di deragliamento dei convogli dentro i centri abitati densamente popolati” e “in Germania c’era uno studio dettagliato sugli effetti delle merci pericolose”, tanto che “per il Gpl si parlava di un’area di impatto di 2.400 metri e con una letalità del 100 per cento”. Il legale ha sottolineato che tale “patrimonio di conoscenze era di tutte le imprese ferroviarie europee”, “Viareggio non è che la concretizzazione del rischio prospettato in quei documenti già a disposizione all’epoca”. (ANSA).
80 minuto di lettura