Confindustria, a marzo “netto indebolimento” dell’economia italiana

In uno “scenario deteriorato” per gli effetti della guerra in Ucraina, a marzo gli indicatori congiunturali confermano il “netto indebolimento” dell’economia italiana. Il conflitto “amplifica i rincari di energia e altre commodity, accresce la scarsità di materiali e l`incertezza”. E’ quanto stima il centro studi di Confindustria (Csc) nella consueta congiuntura flash.
“Sommandosi agli effetti dei contagi – sottolinea – ciò riduce il Pil nel primo trimestre e allunga un’ombra sul secondo: l’andamento ad aprile è compromesso e le prospettive sono cupe”.
Nell’industria peggiorano tutti gli indicatori, afferma il centro studi di Confindustria. A marzo si è accentuata l’erosione della fiducia delle imprese manifatturiere, già in atto da fine 2021. Il Pmi del settore è sceso ulteriormente, pur restando in area positiva (55,8 da 58,3). Gli ordini totali per la manifattura sono in flessione ancora contenuta. Dopo la volatilità di gennaio-febbraio, l`impatto del conflitto sulla produzione è atteso approfondirsi a marzo: ciò significa un calo significativo nella media del primo trimestre, che contribuisce molto alla flessione del Pil.
Nei servizi il Pmi indica rallentamento a marzo (52,1 da 52,8) e la fiducia delle imprese è in calo (99,0 da 100,4). A causa di contagi e incertezza, resta compressa la mobilità delle famiglie (per il tempo libero -16,6% nel primo trimestre dal pre-Covid), tenendo debole la domanda di servizi. Questo si somma a un recupero ancora parziale del turismo fino a febbraio (-15% i viaggi di stranieri in Italia).
L’export è atteso debole. L’export italiano cresceva prima del conflitto: +5,8% a dicembre-febbraio sui tre mesi precedenti, ben oltre i livelli pre-Covid. Buona parte dell`aumento era dovuta al rialzo dei prezzi sui mercati esteri (+2,8%). Erano in crescita le vendite nei principali mercati, Ue ed extra-Ue, e settori manifatturieri (ma ancora deboli gli autoveicoli). I primi effetti della guerra in Ucraina, però, sono già visibili negli ordini manifatturieri esteri, in forte calo a marzo.
Inoltre, aggiunge il Csc, la dinamica del commercio mondiale, già piatta a inizio anno per il calo degli scambi in Asia e l`aumento in Europa, ha prospettive negative, secondo il Pmi sugli ordini manifatturieri esteri globali, caduto a marzo (48,2 da 51,0).
Sul fronte caro energia e materie prime gli interventi pubblici sono ancora “parziali”, precisa l’associazione degli industriali. “Il Governo ha finora stanziato per la prima metà del 2022 e senza ricorrere a deficit aggiuntivo circa 14 miliardi di euro – dice il Csc – 11 a sostegno di famiglie e imprese (di cui 1,2 per le grandi imprese solo per il primo trimestre) e 3 per primi interventi strutturali su gas, energie rinnovabili e a sostegno delle filiere dell`automotive e dei micro-processori”. Secondo l’associazione degli imprenditori si tratta di interventi insufficienti.
Il prezzo dell’elettricità in Italia continua a risentirne molto (+523% nello stesso periodo). I prezzi delle altre materie prime, con il conflitto, hanno accentuato i rincari: metalli +86%, cereali +77% a marzo da fine 2019. “Tutto ciò pesa su costi e investimenti delle imprese e sulla spesa delle famiglie”, aggiunge il Csc.

tn da il diariodellavoro.it

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