L’indagine sulla’cassaforte renziana’ partita nel 2019 La storia dell’inchiesta Open, sotto esame 3,5 mln finanziamenti

‘Erede’ della fondazione Big bang nata nel 2012 con lo scopo di supportare le attività e le iniziativa di Matteo Renzi fornendo contributo finanziario, organizzativo e di idee, Open, anche ribattezzata la ‘cassaforte renziana’, aveva chiuso i battenti da un anno quando nel 2019 emerge che la procura di Firenze sta svolgendo accertamenti. Perquisizioni disposte nei confronti dell’ex presidente di Open, nonché ex legale di Renzi, l’avvocato Alberto Bianchi, portano ad acquisire carte e bilanci della fondazione nel cui consiglio direttivo sedevano anche Maria Elena Boschi (segretario generale), Luca Lotti e l’imprenditore Marco Carrai, e che sul proprio sito internet elencava i nomi dei finanziatori che avevano dato il consenso alla pubblicazione. Le indagini, coordinate dal procuratore aggiunto Luca Turco e dal sostituto Antonino Nastasi e condotte dalla guardia di finanza, poi si allargano, arrivando a ricomprendere nel registro degli indagati lo stesso ex segretario del Pd poi leader di Italia Viva. La tesi di fondo dei magistrati fiorentini è che Open avrebbe agito come un’articolazione di partito, e che dal 2014 al 2018 nelle sue casse sarebbero arrivati oltre 3,5 mln di euro in violazione del norme sul finanziamento ai partiti. E’ questa l’accusa contenuta nella richiesta di rinvio a giudizio della procura, avanzata nei confronti dell’ex sindaco di Firenze ed ex premier, considerato dai pm il direttore di fatto di Open e al quale per questo viene contestato il reato di finanziamento illecito ai partiti. Con Renzi il procuratore aggiunto Luca Turco e il pm Antonino Nastasi hanno chiesto il processo per altre 10 persone e per quattro società: la Toto Costruzioni Generali spa, la Immobil Green srl, la British American Tobacco Italia spa e Irbm spa, già Irbm science park spa. Che Open fosse un’articolazione di partito non ha comunque trovato concorde la Cassazione accogliendo uno dei ricorsi presentati da Marco Carrai per l’annullamento del sequestro di suoi documenti e pc confermato invece dal tribunale del riesame. Il 18 febbraio la suprema Corte è chiamata a pronunciarsi una terza volta sulla questione. Dell’inchiesta sulla fondazione Open resta poi aperto un altro filone, che vede indagate almeno altre due persone, l’avvocato veronese Luca Casagni Lippi e l’imprenditore cinematografico Alessandro Di Paolo. L’attenzione degli inquirenti si sarebbe incentrata su una serie di donazioni, per circa 200.000, erogate alla fondazione tra il 2016 e il 2017 da società tutte riconducibili a Di Paolo. (ANSA).
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