Landini, “Il governo renda i vaccini obbligatori per tutti” I contagi avvengono fuori dai luoghi di lavoro

Rendere obbligatorio il vaccino per tutti, non solo peri lavoratori. È la proposta di Maurizio Landini, segretario generale della Cgil, che giudica “insufficiente” l’obbligatorietà limitata a chi va in fabbrica o in ufficio. “Serve – dice in questa intervista – un atto di responsabilità da parte del governo”. Il leader sindacale poi rilancia su altri due fronti: chiede al governo di “cancellare” con una legge tutte le forme di lavoro precario ingiustificato e poi di definire una politica industriale per accompagnare il settore dell’automotive verso la transizione dal motore termico all’elettrificazione e all’idrogeno. “Il rischio – spiega – è di perdere pezzi importanti del sistema industriale, ad esempio quello della componentistica, che è stato ed è un settore di qualità della nostra manifattura. Il ruolo dello Stato è decisivo anche con l’ingresso nell’azionariato di Stellantis”.

Landini, il governo è orientato a introdurre il vaccino obbligatorio per i lavoratori. È una misura che accoglie una vecchia richiesta sindacale. Siete favorevoli o avete cambiato idea?
“È dal mese di agosto dello scorso anno che lo chiediamo! Pensiamo però che si debba estendere l’obbligo a tutti i cittadini del nostro Paese. La recrudescenza del virus impone al governo un’assunzione di responsabilità. Accanto alla quale va avviata un’iniziativa pubblica di informazione, coinvolgendo tutti i soggetti interessati. Non ci sono alternative al vaccino”.

Perché il vaccino obbligatorio per tutti?
“Perché il virus riguarda tutti. I luoghi di lavoro, grazie ai protocolli che abbiamo firmato con il governo e le aziende, non sono risultati focolai della trasmissione del virus. Anzi: la trasmissione avviene fuori dai posti di lavoro, sui mezzi di trasporto pubblici, nei luoghi affollati”.

Considera timida finora l’azione del governo?
“Sinora il governo questa scelta non l’ha fatta. Banalmente i sindacati l’hanno proposta ad agosto. Penso sia un atto necessario anche per richiamare a una responsabilità collettiva tutte le persone”.

C`è chi potrebbe sostenere che si tratta di una limitazione della propria libertà di scelta?
“La nostra Costituzione prevede che si possa fare purché lo stabilisca la legge. In ogni caso proprio per questo parlo di responsabilità collettiva. Oggi la tutela della salute dipende dalla responsabilità collettiva. Dunque la tutela del diritto della salute di tutti è la condizione per essere liberi”.

Landini, il 16 dicembre scorso la Cgil e la Uil hanno scioperato essenzialmente per cambiare la legge di Bilancio che invece è stata approvata senza modifiche. È stato uno sciopero inutile? Ha avuto ripensa menti? .
“Non sono affatto d’accordo. È stato uno sciopero importante e riuscito perché ha dato voce e rappresentanza al malessere sociale che c’è nel Paese. La politica deve tornare ad occuparsi delle condizioni reali di vita e di lavoro delle persone anche per ricostruire un clima di fiducia messo in crisi dalla pandemia. Quanto alla legge di Bilancio, mi limito ad osservare che ormai in tanti, dall’Ufficio parlamentare di bilancio alla Confindustria, danno ragione alle nostre critiche sulle misure fiscali che premiano i ceti medio alti e non quelli in basso. È chiaro a tutti che se si vuole cambiare il nostro sistema fiscale bisogna rafforzare la lotta all’evasione e ridurre il carico su chi guadagna di meno. C’è però un altro tema che va ricordato”.

Quale?
“Quello della precarietà del lavoro. Contro la quale abbiamo scioperato a dicembre. E il presidente della Repubblica Mattarella, nel suo discorso di fine anno, ha parlato esattamente anche di questo. È stato quasi il suo lascito. Perché la ripresa dell’economia sta generando sempre più lavoro precario e lavoro povero che colpiscono in modo particolare le donne e i giovani. Chiediamo al governo di cancellare con una legge tutte quelle forme di lavoro precario ingiustificato, dal lavoro a chiamata alle finte partite Iva, e sostituirle con un unico contratto di ingresso al lavoro fondato sulla formazione e che punti alla stabilità del rapporto di lavoro”.

Non crede che le risorse del Pnrr (Piano nazionale di ripresa e resilienza) possano dare un impulso a rendere meno precario il lavoro grazie agli investimenti pubblici previsti?
“Purché si utilizzino bene, altrimenti si rischia di perdere un’occasione irripetibile. Si deve puntare a cambiare il modello di sviluppo gestendo la transizione ambientale, energetica e digitale. È decisivo il ruolo pubblico. Pensi a quel che sta accadendo nell’industria dell’auto. Tutti i nostri competitori europei hanno definito le strategie per il passaggio all’elettrico e all’idrogeno. E noi? In Francia e in Germania lo Stato è anche azionista dei gruppi automobilistici”.

Secondo lei lo Stato italiano dovrebbe entrare nella compagine azionaria di Stellantis, dove una quota è già del governo francese? “L’ho già detto: in Francia e in Germania è così. Da noi si pone il problema di garantire l’attuale capacità produttiva, fino ad un milione e mezzo di auto all’anno, delle nostre fabbriche ma anche quello della sopravvivenza di un settore importante come quello della componentistica, dove si assiste o alla delocalizzazione della produzione o alla sostituzione della produzione con investimenti in altri Paesi”.

Al di là dello Stato-azionista, cosa può fare il governo?
“Non può aspettare di vedere cosa succede perché i processi sono già in atto: Stellantis è la più grande fusione tra gruppi automobilistici d’Europa. È necessaria una politica industriale per costruire le nuove filiere legate al motore elettrico ed alla gestione della fase transitoria”.

Ma intanto ci sono aziende che minacciano di chiudere per il caro-energia.
“Ecco, appunto. Anziché pensare ad investire sulle energie rinnovabili, il nostro governo sta accarezzando l’idea di ritornare al nucleare”.

È l`Europa che ha aperto questa discussione.
“E questo è il momento di scegliere e deve farlo il governo, immaginando politiche di sistema, non affidando ai grandi gruppi le politiche energetiche. Così rischiamo di difenderci e resistere su vecchie tecnologie. Dobbiamo puntare alle rinnovabili per renderci autonomi nell’approvvigionamento”.
Di Roberto Mania da ‘la Repubblica’ ed 04.01.2022

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