Morta sul lavoro: Acli Prato, occorre formazione e prevenzione

“Il 2 giugno tutti insieme abbiamo ricordato che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Oggi le Acli di Prato ricordano Luana D’Orazio, morta di lavoro un mese fa a soli 23 anni, nel pieno della vita e dei sogni. Come Sabri Jaballah, anche lui di 23 anni, morto di lavoro a Montale. Nel primo quadrimestre dell’anno i morti per lavoro in Italia sono stati già 306. Ai quali devono essere aggiunti quelli non accertati e mai denunciati. Non si può morire di lavoro in un Paese democratico. Bastava poco per evitare quelle morti”. Così, in una nota, le Acli provinciali di Prato. “Perché la vita di una donna e di un uomo non può finire per aver eluso o risparmiato sui dispositivi di sicurezza, per la fretta di produrre, perché si ritiene perdita di tempo la formazione sulle norme di prevenzione e sicurezza sul lavoro. Quando si muore sul lavoro, a perdere siamo tutti”. Le Acli di Prato affermano con forza che il “lavoro deve garantire al lavoratore e alla sua famiglia un’esistenza libera e dignitosa, come afferma la nostra Costituzione all’articolo 36 e deve essere sicuro, perché altrimenti non è lavoro”. E le Acli di Prato “invitano tutti, lavoratori, sindacati e istituzioni ad impegnarsi sempre di più e a porre in essere tutte le misure e le politiche necessarie perché quanto successo a Luana e a Sabri non accada mai più”, concludono. (ANSA).

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