Contagi Covid sul lavoro, a Firenze 2.538 casi nel 2020 (dati Inail), per il 72% sono donne. La Cgil: “Le donne così pagano due volte gli effetti della pandemia sia in termini di salute che di perdita di posti di lavoro. Occorre introdurre nei Documenti di Valutazione Rischi una prospettiva che tenga conto dell’ottica e delle differenze di genere”
E’ di questi giorni l’ultimo rapporto Inail con i numeri dei contagi da Coronavirus sui luoghi di lavoro, che a livello nazionale hanno superato la soglia dei 131.00 casi.
A conferma dell’impatto più intenso della seconda ondata di epidemia, il 57,6% delle denunce è concentrato nell’ultimo trimestre del 2020.
Secondo il Rapporto, al 31 dicembre dello scorso anno gli infortuni in Toscana sono stati 7.177, numero che rappresenta il 5,5% degli infortuni sul totale nazionale, mentre nella provincia di Firenze si sono registrati 2.538 casi, di cui 1.828 donne (72%) e 710 uomini (28%).
Il settore più colpito è quello della sanità e assistenza sociale, dove il genere femminile è da sempre presente con alti numeri: secondo i dati dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, 7 operatori sanitari su 10 sono donne (e di queste meno di 3 su 10 occupano una posizione di leadership).
In generale, le donne sono la categoria più a rischio di contagio anche per la tipologia di lavori svolti che comportano relazioni con il pubblico e maggior contatto con gli altri.
“Come Cgil Firenze – commenta M. Cristina Arba, Resp. Coordinamento Donne Cgil Firenze – da tempo sosteniamo la necessità di introdurre nei Documenti di Valutazione Rischi (DVR) una prospettiva che tenga conto dell’ottica e delle differenze di genere. L’emergenza pandemica ha evidenziato che queste differenze ci sono, sia quelle inerenti al genere che quelle inerenti all’età e alla tipologia contrattuale”.
Elena Aiazzi, membro della Segreteria della Camera del lavoro con delega alla Salute e Sicurezza sui luoghi di lavoro sottolinea: “Purtroppo l’analisi dei rischi e la predisposizione dei dispositivi di protezione continuano a non tenere conto delle diversità di genere. Le donne così pagano due volte gli effetti della pandemia sia in termini di salute che di perdita di posti di lavoro sotto gli occhi di una classe politica che spesso ritiene l’adibizione al lavoro solo un’appendice della attività di cura della famiglia.