Beni confiscati: Libera, sono 35 mila, la metà consegnati

Bilancio a quasi 40 anni dalla Legge Rognoni-La Torre del 1982
Sono poco più di 35.000 i beni immobili definitivamente confiscati dal 1982 ad oggi e circa 16.500 sono stati destinati e consegnati dall’Agenzia nazionale per le finalità istituzionali e sociali. Su quasi 19.000 beni immobili in gestione all’Agenzia (dati aggiornati ad oggi), sono 11.000 quelli confiscati in via definitiva (dati al 31 dicembre di un anno fa) e che rimangono ancora da destinare perchè spesso presentano varie forme di criticità (per quote indivise, irregolarità urbanistiche, occupazioni abusive e per condizioni strutturali precarie). Infine, da una ricognizione avviata nel corso del 2019 dall’Agenzia nazionale su un campione di indagine di circa 6.000 beni immobili destinati alle amministrazioni comunali, dai riscontri pervenuti su 2.600 beni, risulta che soltanto poco più della metà dei beni è stato poi effettivamente riutilizzato. I dati li fornisce Libera presieduta da don Ciotti a 25 anni dall’approvazione della legge Rognoni-La Torre. “Il nuovo bando dell’Agenzia nazionale per l’assegnazione diretta dei beni immobili agli enti del terzo settore – dice don Ciotti – può rappresentare un’importante opportunità”. La scadenza per presentare le domande è stata fissata al 14 gennaio prossimo. Da alcuni sopralluoghi effettuati sono però venute alla luce diverse problematiche sullo stato in cui si trovano gli immobili (i Giovani Siciliani e Arci Sicilia hanno evidenziato e denunciato pubblicamente alcune di queste situazioni in provincia di Catania e in Sicilia). Le aziende confiscate. La maggior parte delle aziende confiscate giungono nella disponibilità dello Stato prive di reali capacità operative e sono spesso destinate alla liquidazione e chiusura, se non si interviene in modo efficace nelle fasi precedenti. Molte però sono scatole vuote, società cartiere o paravento per le quali risulta impossibile un percorso di emersione e rigenerazione. Su un totale di circa 4.200 aziende confiscate dal 1982 ad oggi, di quelle destinate quasi tutte sono state liquidate, mentre ne rimangono in gestione all’Agenzia altre 2.860. Di queste però, secondo i dati risalenti a un anno fa, 1.931 aziende erano in confisca definitiva e solo 481 risultavano attive. Una conferma arriva dal bilancio delle destinazioni nell’anno 2019: su 441 aziende destinate ben 439 sono state destinate alla liquidazione e 2 alla vendita.La riforma del codice antimafia del 2017 aveva introdotto una positiva modifica, prevedendo l’avvio della riorganizzazione aziendale già dalla fase del sequestro, dopo che il programma proposto dall’amministratore giudiziario viene autorizzato dal giudice delegato. Ma – spiega Libera – occorre investire di più su competenze e professionalità per un cambio di passo in questa direzione. A venticinque anni di distanza dall’approvazione della legge per il riutilizzo sociale,Libera e tutta la sua rete associativa, chiede alle Istituzioni di fare dei passi in avanti sul tema del riutilizzo pubblico e sociale individuando indifferibili e urgenti i seguenti interventi: – Dare concreta attuazione alla estensione ai “corrotti” delle norme su sequestri e confische previste per gli appartenenti alla mafia, assicurando la piena equiparazione della confisca e del riutilizzo dei beni tolti ai corrotti ed alla criminalità economica e finanziaria. – Promuovere una maggiore diffusione delle esperienze di riutilizzo anticipato dei beni – prima della confisca definitiva – con le assegnazioni provvisorie, a cui però assicurare il necessario raccordo con la fase di destinazione finale, al fine di non disperdere la continuità di buone pratiche attivate; prevedendo la stipulazione di appositi protocolli tra l’Agenzia con i tribunali ai fini del raccordo tra assegnazione provvisoria del tribunale e destinazione definitiva del bene; – Attribuire all’Agenzia nazionale competenze e professionalità tali da poter adempiere pienamente e senza ritardi a tutte le funzioni e compiti di gestione, destinazione, verifica e monitoraggio del riutilizzo; – Completa trasparenza e accesso a tutte le informazioni sui beni confiscati, per assicurare la più ampia partecipazione dei cittadini e delle associazioni. (ANSA).

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