Gabrieli (Filcams Cigl): i contratti si devono rinnovare, soprattutto in questa emergenza

Il diario del lavoro ha intervistato la segretaria generale della Filcams-Cgil, Maria Grazia Gabrielli, per fare il punto sulla situazione di quest’anno sui vari settori come il turismo, il terziario e i servizi. Per la segretaria, i sindacati sono riusciti a mettere un argine alla crisi economica che la pandemia ha portato quest’anno, grazie al blocco dei licenziamenti e agli ammortizzatori sociali, ma non basta. Nel 2021 sarà necessario un piano di sviluppo solido che guardi in un’ottica di prospettiva, lavorando per garantire regole certe alla contrattazione e al mondo del lavoro e di conseguenza per lo sviluppo del Paese.

Gabrielli, qual è la situazione dei rinnovi contrattuali?
È una situazione ancora molto complicata. Abbiamo ancora molti contratti aperti non rinnovati. In particolare, è fermo da 7 anni il contratto multiservizi, e auspico che si rinnovi in tempi rapidi dato che recentemente abbiamo ripreso il negoziato con le controparti datoriali. Inoltre, è fermo da quasi 5 anni in contratto della vigilanza privata, due anni circa il contratto degli studi professionali, oltre 4 anni il contratto delle farmacie speciali e private e due anni di discussione per il rinnovo del contratto turismo. Sono fermi da tempo anche i rinnovi dei contratti della sfera dell’artigianato, come i contratti dei parrucchieri ed estetisti e delle pulizie artigiane. La pandemia ha determinato un blocco nei processi di negoziazione, ma per alcuni di questi settori, non avere il contratto rinnovato è un dato difficile da comprendere.
Perché?
Alcuni comparti sono rimasti aperti durante il lockdown, dato che sono rientrati nei codici Ateco previsti del governo e ritenuti quindi attività essenziali. Questi lavoratori hanno dato il loro contributo per il mantenimento di alcune realtà economiche e hanno garantito dei servizi essenziali, come il settore delle farmacie e della vigilanza privata oppure delle pulizie, che ha lavorato e continua al lavorare fianco a fianco con il personale sanitario dentro gli ospedali, reparti Covid, residenze sanitarie, oppure in uffici pubblici e privati. Questi lavoratori vivono con malessere e incomprensione il fatto che neanche in una condizione emergenziale come questa, a fronte dei sacrifici fatti, non abbia facilitato una rapida soluzione per il rinnovo del contratto.
Ci sono stati sviluppi per il rinnovo del contratto dei multiservizi e vigilanza privata?
Abbiamo riaperto una lunga stagione di battaglie per il rinnovo del contratto, e dopo mesi di iniziative di mobilitazione e uno sciopero generale verso ottobre-novembre e vari stati di agitazione, il dialogo negoziale si è riaperto, ma siamo ancora in una fase nella quale stiamo cercando di capire con le parti datoriali quali sono i punti di equilibrio per raggiungere la firma sul rinnovo del contratto.  Per quanto riguarda il contratto della vigilanza privata, abbiamo aperto lo stato di agitazione e non escludiamo nei prossimi giorni la proclamazione di uno sciopero generale e una mobilitazione diffusa sul territorio nazionale per chiedere di riaprire il negoziato, chiuso di nuovo di recente.
Che cosa ha portato al blocco della trattativa per il rinnovo del contratto della vigilanza privata?
Avevamo riaperto la trattativa durante l’emergenza sanitaria e ci siamo confrontati per qualche mese su temi importanti, come il mercato del lavoro, salute e sicurezza, ai congedi, la classificazione del personale e la ricostruzione della filiera della sicurezza non armata, temi complessi per il settore.  Di recente, a uno degli appuntamenti programmati di trattativa, le controparti ci hanno informato che lo stato di incertezza e difficoltà che l’emergenza ha portato non consente di arrivare in breve tempo ad un rinnovo del contratto e proseguire quindi con la trattiva. Pensiamo che sia una posizione inaccettabile, sia perché non si tiene conto del lavoro negoziale di questi mesi, sia perché nel settore, durante la pandemia, non c’è stato un diffuso utilizzo degli ammortizzatori sociali, dato che questa realtà è rimasta aperta per effetto dei Dpcm del governo.
Sarebbe stata forse valida come giustificazione se fossimo nel periodo di marzo o aprile
Esatto, ma interrompere la trattativa a fine anno, dopo tutto il lavoro fatto fino ad adesso in sede negoziale e oltretutto alla luce di rinnovi contrattuali portati avanti con successo in altri settori, quindi nonostante la pandemia, non è più una posizione accettabile.
Sul settore turistico qual è la situazione?
È un settore che più di altri ha subito un impatto fortemente negativo dalla pandemia. Siamo preoccupati, anche in vista dello scadere degli ammortizzatori sociali e del blocco dei licenziamenti previsto per marzo. Una conquista importante che ricordo è stata fatta dai sindacati grazie al confronto con il governo Conte. Pensiamo che il nostro Paese abbia ancora dei larghi margini di investimento, data la capacità del turismo di concorrere all’economia e per la capacità di creare opportunità di lavoro. Consideri che il turismo è arrivato a rappresentare quasi il 13% del Pil, tenendo conto la parte diretta, indiretta e dell’indotto. Quando arriverà il vaccino e si ripristinerà l’emergenza sotto il profilo sanitario, questo settore avrà, a differenza di altri comparti, tempi più lunghi di ripresa. Non sarà come accendere o spegnere un interruttore, perché il settore turistico bisogna considerarlo a tutti gli effetti una filiera complessa e interdipendente con molte altre realtà produttive.
Il settore turistico è sempre stato il cavallo di battaglia del nostro Paese in termini economici e di prestigio, pensa si riprenderà presto?
Il turismo in Italia è un vanto più nominale che sostanziale, almeno dal punto di vista di come si considera e gestisce il settore. Dobbiamo comprendere che il turismo è più una filiera che un settore a sé. Fino al 2019 il turismo ha avuto una crescita tumultuosa, non senza importanti contraddizioni, pensiamo al tema dell’over-turism in città come Venezia, Firenze o Roma, costituendo elementi molti dibattuti come il turismo mordi e fuggi, il turismo di massa, e la compatibilità tra turismo e conservazione dei nostri beni culturali, architettonici, monumentali e paesaggistici.  Il turismo insomma è un mondo che va approcciato come un sistema, perché si mettono in moto diversi aspetti, come l’accoglienza, la ristorazione, le agenzie turistiche, il turismo commerciale, che a sua volta incrocia tutto il sistema dei trasporti, dei beni culturali e la tutela dei beni paesaggistici, la moda, l’artigianato. Dobbiamo incominciare a costruire un sistema che abbia delle prospettive, e per farlo è necessario mirare gli investimenti pubblici su queste realtà e avere chiaro un progetto di sviluppo e in linea con quanto indicato dall’Unione Europea.
Nel 2021 quali sono i tavoli più importanti che affronterete?
Stiamo aprendo i negoziati per l’avvio per i rinnovi del terziario, con Confcommercio, Confeserecenti, Federdistribuzione e Distribuzione Cooperativa. Questi contratti, che rappresentano circa 2,5 milioni di lavoratori, nel 2021 sarà un impegno importante rinnovarli, con la consapevolezza che affronteremo l’avvio dei confronti in un periodo ancora di incertezza per il Paese. Non sbloccare i contratti, soprattutto durante questa emergenza, indebolisce il senso del contratto stesso, perché con il passare del tempo si rende sempre più evidente l’inadeguatezza dei contratti rispetto alle trasformazioni e cambiamenti odierni, oltre a impattare negativamente sui salari.
Che cosa servirebbe per ottimizzare, in termini di velocità e qualità, i rinnovi contrattuali?
È necessario investire di più sulle strutture Inps, dato che le parti hanno deciso di porre un nuovo sistema regolatorio sulle relazioni industriali e sulla contrattazione, e la politica dovrebbe prendere queste linee come riferimento per eventuali interventi futuri. Bisogna risolvere il tema delle regole del contratto nazionale, e la discussione non è sul salario minimo, ma sul riuscire ad assorbire, anche per via legislativa, quello che le parti sociali hanno indicato con gli accordi interconfederali sulla rappresentanza, materia ancora da completare e ampliare.  Penso che una legge sarebbe di supporto per determinare una nuova architettura di regole in questo campo. Ancora, sarebbe auspicabile una norma che tenga conto anche della rappresentanza delle associazioni datoriali. Avere un sistema che regoli i rapporti di lavoro e che determini gli assi principali su cui la contrattazione si deve muovere, impendendo la proliferazione dei contratti pirata. Non è possibile scegliere, come in un menu alla carta, il contratto che più piace. Tutto questo ricostituisce un ordine. E credo faccia bene al mercato e al sistema produttivo, alle imprese, alle condizioni economiche e sociali dei lavoratori.

Emanuele Ghiani da ildiariodellavoro.it

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