Siamo arrivati alla fine dell’anno ed ? l’occasione per fare un’analisi di quello che abbiamo alle spallee dei buoni propositi per lavoro che ci attende.Alla vigilia delle vacanze ci permettiamo delle riflessioni pi? generali.Veniamo da un grande risultato, una grande adesione alla manifestazione del 25 ottobre, la nostra del 5 novembre, le iniziative delle varie categorie fino allo sciopero del 12 dicembre con le grandi manifestazioni nelle piazze.Uno sciopero inevitabile di fronte ad un premier che non si ferma e che malgrado il grande disagio sociale segna proprio una volont? di cambiamento.Lavoratori e lavoratrici, pensionati e pensionate, precari, studenti hanno manifestato insieme per chiedere al Governo di cambiare per migliorare la legge sul lavoro e la legge di stabilit?; per intervenire sulle politiche economiche rimettendo al centro il lavoro, le politiche industriali e dei settori dei servizi in crisi; la difesa e il rilancio dei settori pubblici contribuendo a creare nuova e buona occupazione: insomma tante persone hanno manifestato non contro ma per chiedere un cambiamento vero.Del resto la nostra organizzazione da mesi sta ripetendo che senza lavoro non c’? prospettiva, che senza lavoro i nostri figli continueranno a fare le valigie e priveranno noi di un futuro diverso.Cos non si esce dalla crisi ma ci si perde dentro.Il tutto in un Europa nei fatti incapace di rispondere unitariamente alle domande che la crisi globale pone.Nei fatti:? Crescono la disoccupazione, a partire da quella giovanile, e la precariet? (in Toscana nei primi 6 mesi del 2014 sono stati licenziati 13mila lavoratori, nello stesso periodo il numero dei contratti precari sulle numero delle assunzioni ? stato dell’88% (di questi i contratti con durata un anno sono stati l’1% fino a quelli con un contratto di un solo giorno o anche meno che sono pari al 19%)? Nel terzo trimestre di quest’anno la produzione industriale flette del 2,7% con difficili possibilit? di ripresa anche nei prossimi mesi, tanto da generare la conseguenza di una contrazione dell’indicatore che moltiplica il valore delle nostre pensioni il che ci pone di fronte ad un inedito.? Diminuiscono i redditi da lavoro o da pensione ? l’ISTAT ci dice che il 43% dei pensionati percepisce una pensione inferiore ai 1000 euro al mese.Fatto di per se molto serio ma che diventa tragico se si pensa che con quei soldi i pensionati costituiscono anche gli ammortizzatori sociali di ultima istanza e il welfare di famiglie in difficolt?.Sempre l’ISTAT ci dice che i nuovi pensionati sono pi? poveri con un assegno fino a 3000 euro inferiore a chi era in pensione nel 2012.E’ utile ricordare che anche sul fronte pensionistico la parit? di genere ? un miraggio: le donne che sono il 52% del totale incassano in media 6000 euro in meno degli uomini (13.900 contro 19.600)? Nel nostro Paese le persone che vivono in povert? relativa hanno superato i 10 milioni; i poveri assoluti sono 6 milioni e tra questi vi sono oltre un milione di donne, bambini, anziani e giovani.La social card ? vecchia e nuova ? non ha funzionato per i meccanismi e anche per la scarsit? delle risorse messe in campo. E’ anche per questo che abbiamo definito urgente un piano nazionale per le famiglia.? Crescono tariffe e tassazione a livello locale. Dagli ultimi atti del Governo tesi a recuperare risorse da destinare agli sgravi fiscali per parte dei lavoratori dipendenti e imprese, rileviamo ulteriori tagli verso Regioni ed Enti locali.? Calano ancora in consumi. Importanti economisti hanno riconosciuto che l’Italia ? il paese che ha pi? da perdere in questa crisi economica perch? quello pi? sottoposto alla forte pressione fiscale sulle persone e che soffre di pi? della carenza di produzione e competitivit?.? Anche nella Legge di stabilit? non c’? ripresa degli investimenti come noi avevamo indicato nel Piano per il lavoro. Non un’azione verso i settori strategici (energia, acciaio, infrastrutture, innovazione, territorio) solo una manovra recessiva che riduce il carico fiscale alle imprese e ad una fascia di cittadini.? Aumenta pi? che in tutti gli altri paesi il numero dei super ricchi (+14%) segno evidente di scelte poco eque. Situazione che ha fatto dire all’economista francese Piketty, esperto in redistribuzione, che tenuto conto degli ottimi patrimoni privati italiani e il ristagno dei redditi dal lavoro sarebbe ragionevole mettere a maggiore contribuzione i redditi pi? alti.Anche il tanto annunciato piano Junker (300 miliardi che poi sembra non saranno pi? di 20) appare del tutto fumoso e insufficiente, niente a che vedere con quello che servirebbe veramente: revisione trattati a partire dal fiscal compact, correggere i vincoli del 3%…).Sappiamo che molte delle imposizioni sono volute dalla Germania e dietro la durezza del governo tedesco ci sono le banche tedesche che si erano esposte con l’acquisto dei titoli internazionali.La Germania ha pensato bene di salvare le proprie banche. Ma ha anche creato in casa propria il settore dei lavoratori poveri pi? ampio di Europa: 15 milioni di persone che guadagnano meno di 6 euro l’ora, oppure occupati 15 ore alla settimana per 450 euro al mese. 15 milioni di lavoratori che costituiscono un quarto della forza lavoro tedesca.Non c’? traccia di una lotta efficace all’evasione e al lavoro nero peraltro quasi scomparsa dall’agenda del governo e anche su questo apprendiamo con scandalo dell’agenzia delle entrate, che si ? deciso di depenalizzare l’evasione fiscale da 50 a 20.000 euro. E per essere riconosciuti colpevoli bisogna arrivare a questo limite.Si riduce l’IRAP senza chiarire come si recupera la componente che deve finanziare la sanit?; e se non bastasse si prevedono oltre 6 miliardi di tagli alle Regioni tra quelli attuali e quelli lasciati dai governi Tremonti e Letta. In Toscana arriveranno 350+140 milioni di tagli, e siccome buona parte del recupero agli sprechi ? gi? stato attuato ? partita la discussione su dove si deve intervenire. La partita ? aperta nel confronto che parla di riorganizzazione e accorpamento delle Asl e superticket rispedito, per ora, al mittente.In questa spietata fotografia del rapido e forte impoverimento di buona parte della popolazione si consuma il dramma dei non autosufficienti. Il fondo nazionale passa solo per quest’anno dai 250milioni ai 400, per tornare a 250 nel 2016.Ben sapendo che l’incremento di quest’anno - dovuto alle associazioni dei disabili - ? transitorio e non risponde assolutamente alla nostra richiesta di una legge nazionale che definisca i livelli essenziali e produca un riordino delle risorse esistenti.A queste inconfutabili verit? si ? opposto il Jobs Act provvedimento su cui ? stata messa la fiducia, dando una sostanziale delega in bianco all’Esecutivo che di fronte ai problemi del paese manda il messaggio che in Italia sar? pi? facile investire perch? diventa ancora pi? facile licenziare. Di nuovo, di fronte ad una sfida competitiva, si oppone come nel passato, l’abbassamento dei diritti, convinti che il lavoro povero far? di noi un paese ricco.Sul fronte delle pensioni molte sono le cose che sono da correggere o mancano dentro la legge di stabilit?. Alcuni interventi sono particolarmente pesanti come lo spostamento della pensione al 10 del mese per chi ? titolare di pi? pensioni (provvedimento che colpisce fascia di pensioni basse, spesso donne). Ancora nessuna soluzione per gli esodati e di contro troviamo norme che creano problemi e incidono sui diritti.Un emendamento proposto dalla Commissione e accolto dal governo elimina le penalizzazioni per chi va in pensione anticipata (41,6 anni per le donne e 42,6 per gli uomini) prima dei 62 anni di et? come da noi richiesto ma le penalizzazioni dovrebbero essere cancellate stabilmente e non come prevede la legge solo dal 2015 al 2017 e poi tornare nel 2018. Questo meccanismo sta colpendo che per il carico del lavoro di cura hanno pi? periodi di assenza.Altro punto dolente ? il calcolo della pensione, contrabbandata nei giorni scorsi, come norme per il tetto alle pensioni d’oro. Non ? cos perch? impatta su tutte le pensioni e, cos formulata, genera persino interrogativi di costituzionalit?. Infatti si prevede che i contributi versati dopo il raggiungimento del diritto alla pensione non abbiamo pi? alcun valore ai fini del calcolo della prestazione, senza neanche determinare soglie o quantit?, per cui si colpiscono anche le pensioni basse e si rischia di incoraggiare nuove forme di evasione contributiva.Senza contare che questa norma si applicherebbe dal 1 gennaio 2015 e prevede il ricalcolo anche per chi ? andato in pensioneFatto gravissimo che inserisce il principio negativo della retroattivit? anche in altri casi ( basti pensare alla campagna dei mesi scorsi sul ricalcolo delle pensioni con il sistema retributivo).E’ vero i pensionati possono contare sulla pensione (anche se con un reddito minimo per sopravvivere) rispetto alle serie difficolt? di chi un lavoro non ce l’ha ma non possiamo disconoscere che l’anziano, spesso, ha un reddito cos basso da non riuscire ad affrontare le necessit? della vita.Anche in questo la responsabilit? politica ? evidente: i governo hanno rifiutato la richiesta sindacale di sedersi ad un tavolo per affrontare il sistema di rivalutazione delle pensioni al reale costo della vita e non ai dati simbolici ISTAT. Non c’? volont? politica come per gli 80 euro promessi e mai arrivai ai pensionati!Per tutto questo e altro abbiamo manifestato il 25 ottobre e il 5 novembre e scioperato il 12 novembre. Perch? siamo convinti che questo paese possa essere migliore.Non uno sciopero a prescindere ma tante proposte che abbiamo messo in campo, molte delle quali da fare subito.Una cosa in tutti questi anni abbiamo capito: noi abbiamo una forte tensione unitaria ma dove non ci sono le condizioni per fare iniziative unitarie, non ci fermiamo. C’? un merito, c”? una condizione di chi rappresentiamo, da tutelare: se non riusciamo a fare le cose unitariamente andiamo avanti con chi ci sta. Ma l’unit? resta per noi l’obiettivo anche se faticoso.Non siamo rassegnati, n? disillusi; non siamo neppure rinchiusi in un rabbioso settarismo.Certo siamo preoccupati per la situazione che abbiamo davanti. Un paese che vuole scommettere sul futuro deve affrontare il presente e non affidarsi alla propaganda.La propaganda di chi dice che non si ferma e che i sindacati non gli fanno paura.Che non si preoccupa dei lavoratori, dei giovani, dei pensionati, della disaffezione al voto della destra di Salvini, delle imprese che chiudono e vanno all’estero lasciando alla direttrice dell’agenzia delle entrate la critica politica alle scelte della Fiat.Si aprono nel paese contraddizioni molto gravi: le vittime della crisi lasciate a s? stessi, cercando di depotenziare la mediazione ed i luoghi della mediazione.Quando abbiamo vissuto a Roma il 25 ottobre con un milione di persone e il 12 dicembre nelle nostre piazze ci ha dato un grande segnale consegnandoci anche una grande responsabilit? e grande credito. Come si capitalizza? Come si fa diventare quella parte che ha scommesso in noi, parte integrante di noi?Sapendo che integrazione per noi significa innovazione. Burocrazia e rendita di posizione non ci aiuterebbero. Il nostro obiettivo non ? la manifestazione ma cambiare la natura delle cose, non ? lo sciopero, ma dare risposte.Alla domanda di forte autonomia, la Cgil ha dato prova con la sua storia: penso a Di Vittorio con il PC sui fatti di Ungheria o a Cofferati con D’Alema nel 1992. Ma ? altrettanto vero che la nostra autonomia non si era mai misurata con una sfida come questa che ci spinge sempre di pi? a trovare argomenti, luoghi, e modalit? di confronto per spiegare le nostre ragioni e le ricadute dell’azione di governo.E’ evidente che il governo ha voluto colpire il movimento sindacale che malgrado le sue lacune non ? un esercito allo sfascio e conserva il suo radicamento nel territorio come nessun altra organizzazione in Italia.Non c’? angolo del Paese, dai quartieri alle metropoli ai comuni pi? piccoli dove non ci sia una sede una presenza sindacale. Con uomini e donne che affollano quelle stanze e credono in un impegno nato un secolo fa.Dare addosso a queste persone vuol dire dare addosso ad un pezzo d’Italia e chiunque lo fa rischia prima o poi di pagarne le conseguenze.E ‘ per tutte queste ragioni che ? necessario trovare uno sbocco, una via d’uscita e pensare di rimanere in un conflitto perenne. Anche noi dovremo ragionare bene su come proseguire. Non si pu? semplificare tutto con l’idea di uno sciopero al mese.Bisogna pensare ad una forte articolazione delle lotte e delle iniziative, guardare alla contrattazione nazionale, aziendale, territoriale; a tutte le occasioni per mobilitare la gente.Non ? un caso che anche noi abbiamo fatto un piano di lavoro regionale con le priorit? per la contrattazione sociale, riorganizzazione del 1235, Asl, integrazione socio-sanitaria, contrattazione sociale, regolamento Isee, riforma catasto, politiche abitative.Senza dimenticare il lavoro che abbiamo davanti per fare diventare il 2015 l’anno del tesseramento.Anche per questo ritengo importante non rimandare la discussione su cos’? e cosa comporter? l’attacco al Caaf e ai patronati; come si riorganizza la Confederazione e cosa dobbiamo fare noi nella Confederazione e quale sar? il nostro ruolo.Prendo a prestito un’affermazione di una collega: ogni iscritto ? per noi un bene prezioso che va maneggiato con cura. Per noi significa vincolare le risorse al tesseramento, privilegiare i nostri dando loro corsie preferenziali e costi minori.Il messaggio ? che il paese si cambia insieme al mondo del lavoro, se non lo si fa ci si trova in brutte compagnie. Il 12 dicembre abbiamo dimostrato che se necessario, siamo in grado di tirare dritti anche noi. Perch? abbiamo la convinzione di cambiare il paese dando risposte concrete.Le nostre proposte sono semplici come lo slogan del nostro sciopero: cos non va perch? non c’? lavoro, perch? stiamo tornando all’Ottocento, non stiamo entrando in un nuovo millennio.C’? un solo modo per non riempire le piazze: che ci siano risposte, un cambiamento, degli interventi per un lavoro serio dignitoso e riconosciuto. E ci? che ci vogliono togliere lo riconquisteremo nelle fabbriche, nei circoli, tra la nostra gente.E’ l la nostra storia, la storia che ha fatto grande questo paese.Auguri a tutti noi!
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