Welfare extracomunitari con permesso lavoro. Corte Ue, assegni familiari anche senza la Carta
Il cittadino di un paese extracomunitario, con un permesso di soggiorno per motivi di lavoro, ha diritto all?assegno per i nuclei familiari numerosi (Anf) anche senza il titolo per lungosoggiornanti. Lo ha stabilito la Corte di giustizia dell?Unione europea nella sentenza del 21 giugno (causa C-4492016), respingendo l?interpretazione restrittiva applicata dall?Inps per giustificare il rifiuto alla prestazione .Secondo l?Istituto previdenziale italiano, l?assegno familiare (istituito dalla legge n. 44898), spetta solo e unicamente ai rifugiati politici o beneficiari della protezione sussidiaria e ai titolari di un permesso di soggiorno di lungo periodo. Non cos per la Corte di giustizia europea che, per l?ennesima volta, ribadisce come tale beneficio sia ?riconducibile alle prestazioni familiari di cui al regolamento dell?Unione sul coordinamento dei sistemi di sicurezza sociale?, espresso nella direttiva 201198UE, laddove afferma che ?i cittadini di Paesi non UE, ammessi in uno Stato membro a fini lavorativi a norma del diritto dell?Unione o del diritto nazionale devono, in particolare, beneficiare della parit di trattamento rispetto ai cittadini di detto Stato? .Il caso arrivato ai giudici dell?Unione dopo il ricorso avviato da una donna di un Paese terzo, con tre figli minori a carico, titolare di un permesso unico per lavoro superiore a 6 mesi e residente a Genova, alla quale l?Inps aveva rigettato la richiesta degli assegni previsti per i nuclei familiari numerosi. In prima istanza, il Tribunale del capoluogo ligure aveva dato ragione all?Inps, ma in secondo grado, il giudice ha ritenuto necessario sospendere il procedimento chiedendo al contempo un parere alla Corte europea, per verificare se l?interpretazione dell?Inps fosse coerente con il diritto comunitario.A distanza di un anno, dall?inizio dell?iter giudiziario, arrivato il verdetto finale nel quale si ribadisce che ?il diritto alla parit di trattamento costituisce la regola generale? del regolamento UE. Le deroghe, pur previste dalla direttiva, a cui possono ricorrere gli Stati membri per limitare questo principio (art. 12) non sono, comunque applicabili ?per quelli che svolgono o hanno svolto un?attivit lavorativa per un periodo minimo di sei mesi e sono registrati come disoccupati?. Peraltro, la facolt di prevedere delle limitazioni al principio di parit di trattamento deve essere espressamente richiesta dallo Stato membro. Cosa che il nostro Paese non ha mai fatto.Pertanto, conclude la Corte, il caso esaminato non rientrando tra gli ambiti di applicazione delle deroghe, fa emergere come le disposizioni della normativa italiana siano da considerare ostative rispetto al diritto comunitario.La sentenza non risolve la controversia nazionale. La parola spetta al giudice nazionale che dovr emettere un dispositivo conforme alla decisione della Corte europea. In ogni caso, il pronunciamento vincola egualmente gli altri giudici nazionali ai quali venga sottoposto un problema simile. da inca.itÿ