L’economista Fabrizio Barca commenta l’allarme lanciato da Bankitalia e avanza proposte per uscire da un circolo vizioso potenziando scuola e universit e dando la possibilit alle nuove generazioni di esplicare le loro potenzialit innovatrici anche al’interno di una Pubblica amministrazione che deve essere ben rinnovataLÕaumento delle disuguaglianze nelle conclusioni della Relazione annuale di Bankitalia un tema e un allarme che da tempo lanciano associazioni e sindacati avanzando anche proposte per andare a ridurre quella che non esitiamo a definire una piaga per il nostro Paese. Tra queste associazioni il Forum Disuguaglianze Diversit, che vede tra i suoi fondatori Fabrizio Barca, economista e gi ministro per la Coesione sociale.Fabrizio Barca, anche il governatore della Banca dÕItalia, Ignazio Visco, punta il dito su un rischio che si fortemente accentuato a causa della pandemia: quali sono le possibilit che lÕallarme non cada ancora una volta nel vuoto?LÕattenzione della Banca dÕItalia quella di unÕistituzione pubblica che da 50 anni porta avanti indagini sulla distribuzione del reddito e la storia del Paese ci dice che quando le cose sono eclatanti vanno misurate e dette. Il riferimento del governatore Fazio stato soprattutto alle disuguaglianze di reddito e alla grande fascia di popolazione che non ha i mezzi per reagire a questa crisi, con forte attenzione ai provvedimenti di tutela sociale assunti. CÕ una sottolineatura alla necessit di una riforma di welfare e fisco, con una Òricomposizione del carico fiscale a beneficio dei fattori produttiviÓ, vale a dire di chi produce. E lÕespressione ÒproduttoriÓ fa capolino anche dietro il riferimento di Bankitalia al dialogo costruttivo tra forze sociali, coloro che producono devono fare fronte assieme.Non siamo, in fondo, di fronte a vecchie logiche?Non cÕ una sola disuguaglianza che sia nuova, la crisi ha reso eclatante e ha fatto pesare sulla testa delle persone quello che gi cÕera: un mercato del lavoro dove ci sono 6/7 milioni di precari, il che ci restituisce ancora la gravit degli errori commessi nel ventennio passato. Le disuguaglianze che si sono rivelate in questa circostanza (pensiamo al digital device che ha impedisce che la totalit dei giovani possa seguire le lezioni a distanza e agli anziani di essere curati attraverso la telemedicina) cÕerano da prima e il Forum, come altri che ci lavorano da prima, le conoscono da tempo. Queste disuguaglianze sono al centro anche di una recentissima nostra pubblicazione (Un futuro pi giusto, F. Barca e P. Longo, ed. Il Mulino, ndr), nella quale usiamo, nel sottotitolo, espressioni significative come ÒrabbiaÓ e ÒconflittoÓ. Un confronto acceso, il conflitto, lÕanima della democrazia, non una cosa brutta, ma lÕimportante la consapevolezza che questa enorme quantit di risorse finanziarie che Bankitalia enumera non vengano reimmesse attraverso gli stessi modi impropri, attraverso i grandi piani lontani dalle persone, come accaduto nel passato, altrimenti non risaniamo le disuguaglianze. Nelle ultime parole di Fazio si dice di usare il progresso tecnologico per uno sviluppo pi equo e sostenibile: questi sono requisiti ai quali deve essere destinata la spesa e noi facciamo proposte che riguardano il come spendere e non il fatto di spendere e basta.Come lei diceva, sulla copertina del libro compare la parola rabbia: in un Paese che non ha vocazione rivoluzionaria quale strada pu prendere questo sentimento?Ci sono tre scenari possibili. Il primo che la rabbia rimanga tale e la somma di tante rabbie individuali determina autoritarismo, perch ognuno solo e in questa solitudine cerca lÕautorit, anche a costo di perdita della libert, per affidarsi a chi decide, sanziona e d ordini. La seconda la rabbia soffusa, nascosta, attutita dai soldi: spendere tanti soldi male vuole dire comprarsi il silenzio sociale, vuole dire che sotto la cenere la rabbia rimane, posponendo il momento in cui i problemi scoppieranno. Questo scenario coltivato da molti. Il terzo lo scenario democratico, quello nel quale la rabbia diventa azione collettiva, non rivoluzione, ma mobilitazione sociale organizzata, come dicono gli studiosi. Quando come Forum DD abbiamo proposto il Reddito dÕemergenza, nessuno lo voleva perch nessuno desiderava neanche parlare degli irregolari e dei lavoratori a tempo determinato: noi abbiamo fatto un poÕ di movimento, ma ci vuole molto di pi per cambiare, per andare nella direzione che ci auguriamo. In questo caso la rabbia delle persone diventa spinta a cambiare, diventa serena, da cupa diventa solare, da destruens a costruens, da individuale a collettiva. Questi i tre scenari.Quali sono le vostre proposte per ridurre le disuguaglianze?Nel libro ne enumeriamo cinque, ma ne voglio citare due che ho ritrovato anche nella relazione di Visco. La prima riguarda la conoscenza, perch, quando sei stroncato, ogni singola persona deve dare fondo alla propria creativit, bisogna innovare e per farlo necessario connettersi ai centri di conoscenza, alle universit che, insieme alla scuola, ha un potenziale fortissimo. Noi spendiamo poco per lÕuniversit, ma nonostante ci i risultati della ricerca sono alti. Possiamo usare di pi lÕuniversit per il sistema di piccole e medie imprese, per aumentare la frequenza dei giovani, la consapevolezza della popolazione e quindi ridurre il numero di fake news e di balle che ci raccontano… e in queste settimane ne abbiamo sentite tante, soprattutto sulla salute. La seconda proposta riguarda i giovani. Noi siamo un Paese che ha una crisi generazionale micidiale, che si manifesta in modo eclatante nei bassi salari in di entrata, nei tassi di istruzione tra i pi bassi in Europa, nel posponimento delle decisioni di vita, nella bassa fertilit, quindi nel basso numero di giovani e cos il circolo vizioso ricomincia. La rottura di questo cerchio passa dalla conoscenza, ma anche da un altro fattore: ai giovani dobbiamo dare potere e ora abbiamo unÕopportunit straordinaria, perch lÕamministrazione pubblica si trova di fronte a una ricambio generazionale (chi entrato negli anni Õ70 sta uscendo dalla P.a.), abbiamo 5-600 mila giovani in entrata e a loro dobbiamo dare molto peso senza fare passare alla chetichella un fatto storico. Se curiamo la selezione, le competenze, lÕentrata (sino a ora la pubblica amministrazione ha mandato i giovani allo sbaraglio) dando la tranquillit e la certezza di avere la possibilit prendere decisioni, di non essere assunti per fare invece i passacarte, noi stiamo facendo verso i trentenni un trasferimento di potere. Infine necessario, attraverso una diversa tassazione delle donazioni e delle eredit, che anche il 50% delle famiglie italiane che non ha la possibilit di fare studiare i figli, se non vicino casa, possano invece avere il denaro sufficiente per garantire tutta la formazione necessaria, cos che nessuna buona testa sia ammazzata. di Simona Ciaramitano da collettiva.it
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