Sfruttamento nei campi della val di Cornia (Li), Cgil e Flai chiedono cabina di regia su lavoro agricolo

Nei campi della Val di Cornia per 2,50 euro l’ora. «Schiavismo e minacce». La Flai Cgil ha fatto scattare le indagini dopo tre anni al fianco dei braccianti. «Situazione drammatica, ora serve una cabina di regia sul lavoro agricolo»

Sfruttamento. Schiavismo. Lavoro grigio. Concorrenza sleale nei confronti di chi lavora in modo onesto sul territorio. Evasione fiscale. Sono i temi che sottolineano i sindacalisti della Flai Cgil di Livorno intorno all’inchiesta della Guardia di finanza sulle condizioni dei braccianti in tre aziende della Val di Cornia, un’inchiesta fatta partire dallo stesso sindacato denunciando la situazione dopo tre anni al fianco dei lavoratori. «Qualcosa di drammatico e gravissimo», dicono dal sindacato, sottolineando le «15 ore al lavoro nei campi per una paga di 2,50 euro all’ora». Ecco perché parlano subito di «schiavismo», considerando pure che molti braccianti dormivano in un casolare abusivo di proprietà degli stessi imprenditori per cui lavoravano, tra l’altro in precarie condizioni igienico-sanitarie. «Con questa inchiesta sono stati riconosciuti i diritti dei lavoratori», evidenzia Michele Rossi, segretario della Flai Cgil di Livorno, che entra poi nei dettagli: «Si è creata una forte complicità tra il sindacato e i lavoratori, un legame che ha portato alle denunce e ha fatto emergere le condizioni dei lavoratori sfruttati. Resta il fatto che la provincia di Livorno è virtuosa e le più grandi aziende vinicole mettono al primo posto la tutela dei lavoratori». «La parte più difficile aggiunge Nicolò Cortorillo, altro punto di riferimento della Flai Cgil è stata conquistare la fiducia dei braccianti, che venivano anche ricattati e minacciati dai titolari delle aziende. A questo punto crediamo che sia fondamentale l’apertura, all’interno dell’Inps, di una cabina di regia sul lavoro agricolo per monitorare la situazione di un settore che è sempre più delicato: l’avevamo già chiesta e ora torniamo a chiederla con forza». Come annuncia il segretario generale della Cgil di Livorno, Fabrizio Zannotti, il sindacato si costituirà «parte civile nel procedimento». «Solo con le denunce possiamo fermare ed evitare casi di sfruttamento come questo prosegue Zannotti purtrop- po episodi del genere si stanno allargando ad altri settori e non riguardano solo gli stranieri, ma anche gli italiani. Noi siamo al fianco dei lavoratori e invitiamo a venire nelle nostre sedi tutti coloro che si stanno ritrovando in una condizione simile, in modo tale da poter risolvere la situazione. Un appello alle altre imprese del settore che rappresentano delle eccellenze sul territorio: non emarginate questi lavoratori che hanno avuto il coraggio di denunciare, date loro un’opportunità. Anche perché, con le loro denunce, hanno tutelato le aziende più serie». «Dobbiamo contrastare i casi di sfruttamento come questo chiude Mirko Borselli, segretario regionale della Flai Cgil anche perché il rischio, in un periodo molto difficile dal punto di vista economico come questo, è che possano estendersi ad altre aziende e ad altri settori».

Fonte: Il Tirreno

LA VICENDA

Tre aziende agricole della Costa degli Etruschi, in Maremma, tra Livorno e Grosseto avrebbero impiegato centinaia di lavoratori, italiani e stranieri, in ‘nero’, per 15/16 ore di media al giorno a fronte di una paga di 2,5 euro l’ora, con ferie difficilmente concesse e non retribuite, e con minacce di licenziamento e aggressioni verbali. Queste “le opprimenti condizioni di lavoro, cui sarebbero stati sottoposti braccianti agricoli”, emerse da un’inchiesta della Guardia di finanza. Intermediazione illecita e sfruttamento del lavoro i reati per i quali i 3 responsabili delle aziende del settore ortofrutta, spiega la Gdf in una nota, sono stati deferiti. L’inchiesta, condotta dalle fiamme gialle di Piombino e coordinata dalla procura livornese, è iniziata nel luglio 2019. I tre imprenditori, spiega sempre la Gdf, ricevuti gli avvisi di garanzia, “hanno immediatamente proceduto al pagamento delle sanzioni amministrative nel frattempo già contestate da Gdf e Inps, versando nelle casse dell’Erario circa 5.800.000 euro”: gli indagati si sarebbero resi responsabili “delle violazioni amministrative in materia di lavoro riferibili a 854 rapporti di impiego, con l’applicazione di 571 distinte maxi sanzioni per lavoratori completamente ‘in nero’ nonché di ulteriori 283 sanzioni per infedeli registrazioni sul Libro unico del lavoro”. I tre titolari delle aziende, oltre a impiegare senza “contratto né copertura previdenziale e assicurativa” i braccianti, avrebbero inoltre “costretto diversi lavoratori, per lo più stranieri, a vivere in affitto in un casolare abusivo sugli stessi terreni delle aziende agricole, in condizioni igienico-sanitarie precarie”, senza riscaldamento e allaccio alla rete idrica e senza acqua potabile, con il costo dell’affitto decurtato dalla paga. Constatate agli indagati anche violazioni fiscali per redditi non dichiarati per oltre 2 milioni di euro e omessi versamenti di Iva e altre imposte per circa 600.000 euro. Ricostruito poi l’ammontare degli affitti ‘in nero’ ai lavoratori nel casolare, con un’ulteriore sanzione per oltre 150.000 euro. Gli accertamenti hanno riguardato infine i contributi ottenuti dagli imprenditori dall’Ue, tramite fondi Feasr, nell’ambito della Pac: sarebbero emerse “numerose irregolarità che gli indagati avrebbero commesso simulando il possesso dei requisiti previsti”. In particolare, unitamente a una quarta azienda agricola loro complice, avrebbero prodotto contratti di affitto fittizi di terreni agricoli. Da qui la denuncia anche per truffa aggravata ai danni dello Stato e dell’Ue per indebita percezione di oltre 151.000 euro di erogazioni pubbliche comunitarie, soldi che sarebbero inoltre stati “distorti” e utilizzati per pagare i braccianti. Il conseguente danno erariale venutosi a creare è stato segnalato alla competente procura regionale Toscana della Corte dei Conti. (ANSA).

LA NOTA DELLA FLAI CGIL

Erano in centinaia e lavoravano 15 ore al giorno per una paga di 2,5 euro l’ora, senza contributi e assicurazione, sotto minaccia di licenziamento. I tre imprenditori li costringevano a vivere in affitto in un casolare abusivo in condizioni igienico-sanitarie molto precarie. Denunciati anche per truffa aggravata ai danni dello Stato e dell’Unione Europea per contributi tramite i fondi strutturali nell’ambito della Pac. L’inchiesta partita a seguito delle segnalazioni della Flai Cgil che commenta: “Episodi come questo evidenziano l’estensione del fenomeno dello sfruttamento e caporalato, da Nord a Sud, passando per regioni simbolo dell’eccellenza agroalimentare e dove l’agricoltura non è certo una ‘agricoltura povera’. Come evidenziato anche dal Primo Quaderno dell’Osservatorio P. Rizzotto, in Toscana contiamo 27 aree e località in cui si individua lavoro sfruttato e caporalato, a fronte delle 405 complessive sul territorio nazionale. C’è molto da fare, ma vogliamo cogliere segnali positivi nella lotta al contrasto di una economia illegale, dello sfruttamento e del caporalato, grazie alle leggi oggi esistenti, al lavoro delle forze dell’ordine, al presidio quotidiano del sindacato e al coraggio di quelle lavoratrici e lavoratori che trovano la forza di denunciare e ai quali non mancherà mai il nostro sostegno”.

Pulsante per tornare all'inizio