Sanità, serve una svolta: l’intervista di Dalida Angelini su Repubblica

 L’intervista su Repubblica Firenze della segretaria generale di Cgil Toscana
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La segretaria toscana della Cgil: “Sulla sanità serve una svolta, Giani decida la rotta”Intervista a Dalida Angelini: “Grandi Asl, ma sul territorio siamo deboli”

«Sulla sanità serve una svolta o andiamo a sbattere». Scende in campo la Cgil, parla la segretaria toscana Dalida Angelini: «Si sente parlare di buco di bilancio e su questo occorre essere chiari: è il governo che deve dare una mano e fare la sua parte dando i ristori alle Regioni. Ma su assunzioni, territorio e liste d’attesa la Regione deve offrire un progetto e poi proporre un patto sociale. Il dipartimento sanità va riorganizzato e rilanciato, oggi non si sa nemmeno con chi parlare. Per dare respiro ai pronto soccorso vogliamo dirlo che siamo l’unica Regione italiana che sulle ambulanze manda un medico mentre le altre solo infermieri specializzati? La sanità toscana è un’eccellenza nazionale e deve rimanerlo: serve uno sguardo al futuro, Giani decida da che parte andare». Il campanello d’allarme per il governatore adesso suona in maniera ufficiale.

Angelini, cosa sta succedendo alla sanità toscana?
«Il sistema in Toscana è sempre stato di eccellenza. Veniamo da 2 anni complicati col Covid, abbiamo iniziato in affanno la campagna vaccinale ma abbiamo recuperato benissimo. Adesso dobbiamo interrogarci su quel che avevamo lasciato in sospeso. Nel 2014 abbiamo contribuito alla riforma delle 3 grandi Asl, operazione di grande importanza. Però avevamo detto che gli ospedali dovevano specializzarsi e mettersi in rete con la medicina di base. E che il sistema territoriale doveva essere rinforzato, cosa che non si è fatta. E questo lo abbiamo toccato con mano col Covid».

Siamo sull’orlo di un clamoroso sciopero della sanità?
«Siamo al punto in cui ci sta tornando indietro il boomerang: grandi Asl ma territorio debole, e allora i problemi si riabbattono sulle Asl. Penso alle liste d’attesa, alla mancanza di infermieri, ai pronto soccorso in crisi, ai medici che mancano anche per colpa del numero chiuso a Medicina, che il governo deve abolire. Abbiamo davanti anni difficili, ma abbiamo anche grandi opportunità: il ministero ha appena rifinanziato con 2 miliardi il fondo sanitario nazionale, e poi ci sono le risorse del Pnrr per le case della salute e gli investimenti in tecnologia. Il problema è che serve stabilire una rotta. Giani deve decidere da che parte vuole portare la sanità del futuro. Senza rafforzare il territorio non ce la facciamo: guardiamo cosa sta facendo l’Emilia Romagna. C’è uno stato di agitazione da settembre. Servono assunzioni. Se non arrivano risposte lo sciopero è possibile».

Giani sostiene che la Toscana è la Regione che assunto di più.
«Ed è vero, ma non basta. Abbiamo assunto persone che erano già dentro il sistema stabilizzandole. E la Toscana aveva un elemento di sofferenza già prima del Covid. Insieme al governo nazionale ci dovrebbe essere un ragionamento serio sullo sblocco delle assunzioni. Noi auspichiamo che il sistema toscano sia ancora un’eccellenza. Vorrei evitare che tanti medici che fanno grandi cose se ne andassero».

Teme una fuga dei super professionisti dalla sanità toscana?
«No ma vedo, guardo, leggo. Qualche medico importante ha fatto delle scelte andando nel privato. Dobbiamo evitarlo. Occorre capire e comprendere un quadro che è tutto critico: mancano specialisti, infermieri. E medici di famiglia. C’è bisogno di adeguare il modello, la sanità non può più essere considerata un costo ma è un investimento, se lavoro sulla salute vuol dire che ho meno cronicità e riduco i costi. Consideriamo che oggi abbiamo un toscano su 5 over 65 e tra pochi anni saremo un toscano su 3: la demografia deve spingere un ragionamento avanzato sulle cronicità. Serve lavorare su non autosufficienza, cure domiciliari, aree interne. E investire in digitalizzazione. In Toscana abbiamo 78 case della salute ma la medicina generale non è in rete con gli ospedali. Se pensiamo al Covid, abbiamo affrontato meglio il 2021 perchè avevamo messo le terapie intensive in rete. Il Pnrr finanzierà le nuove case della salute, le mura, ma poi serviranno assunzioni e una rete. Chiediamo una visione che guardi al domani: siano coinvolti il Consiglio regionale, i sindaci, le parti sociali».

La sanità toscana rischia di perdere autorevolezza a Roma?
«E’ un rischio reale se non rispondiamo ai problemi. Dobbiamo provare a mantenere il sistema con assunzioni e col territorio: potenziando le case di comunità si sgravano i pronto soccorso, dove è vero che mancano medici, ma vogliamo dirlo che siamo forse l’unica regione che ha le ambulanze con medico e infermiere a bordo? Capisco nei territori più periferici ma forse possiamo valutare nelle aree più urbanizzate di levare quei medici e di metterli ai pronto soccorso».
Le liste d’attesa stanno diventando un problema.
«Che va risolto senza lasciarsi prendere da tentazioni strane: sento parlare di ricorso al privato più spinto ma io auspico che la Regione mantenga dritta la barra su un sistema sanitario pubblico e universale. Servono rinforzi. E una regia sanitaria».

Parla del Dipartimento sanità?
«È un grande problema quello. Non è che può fare tutto l’assessore o Giani. Non puoi pensare che va via Carlo Tomassini, che io stimo, e poi arriva un altro. Il punto è sapere da che parte andare. Oggi se chiami non sai con chi parlare, hanno difficoltà anche loro al Dipartimento. E qui è un problema politico, Giani deve decidere quel che vuol fare, non mi interessa sapere chi ci sarà dopo Tomassini, l’importante è che ci siano competenze alte e che chi arriva abbia a cuore la sanità pubblica toscana. Non dobbiamo gettare a mare il sistema. Dobbiamo aggiustarlo, non rottamarlo».

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