Protocollo sicurezza: Cgil, verso la firma ma ad alcune condizioni

Per il sindacato deve essere siglato anche l’accordo per le vaccinazioni nei luoghi di lavoro, ma servono garanzie. Dettori, Cgil: chiediamo il rispetto del piano nazionale per non creare disuguaglianze e controlli rigorosi delle aziende sanitarie locali

Protocollo sulla sicurezza anti-Covid nei luoghi di lavoro e per la campagna di vaccinazioni in azienda: l’accordo non è lontano, ma ci sono alcune questioni da chiarire. È il giudizio della segretaria confederale della Cgil, Rossana Dettori in una dichiarazione rilasciata all’Agi. La sindacalista sottolinea come l’obiettivo “è di arrivare martedì alla firma”. Ma con una condizione posta dai sindacati: “Che si firmino entrambi i protocolli”.

Il “nuovo” Protocollo detterà le regole anti-contagio cui devono uniformarsi datori di lavoro e lavoratori, adeguandosi ai cambiamenti intervenuti nel corso della pandemia fino all’ultimo Dpcm del 2 marzo scorso, nonché a tutte le disposizioni dettate nel corse degli ultimi mesi dal ministero della Salute, soprattutto in riferimento alla maggiore contagiosità delle varianti del virus.
Quanto alla vaccinazione nei luoghi di lavoro, sarebbero circa 7.500 le imprese che si sono messe a disposizione: il 75% nel Nord, il 13% al Centro e il 12% tra il sud e isole mentre sono oltre 10.000 i locali che potrebbero ospitare le strutture mediche. Ovviamente non ci sarà nessun obbligo: l’adesione dei datori di lavoro e dei lavoratori sarà volontaria. Né sarà previsto un requisito minimo di carattere dimensionale per le aziende che potranno dunque candidarsi liberamente.
Il sindacato, aggiunge Dettori, “ha già dato il suo assenso alle vaccinazioni nei luoghi di lavoro ma chiede delle garanzie a partire dal rispetto del piano vaccinale nazionale e dell’arrivo di un numero congruo di vaccini”. “In primo luogo – spiega – vogliano evitare che si creino disuguaglianze. Al protocollo nazionale devono seguire i protocolli regionali per l’applicazione e la verifica del rispetto delle indicazioni nazionali. Non possiamo permettere che in una regione che non ha ancora vaccinato le categorie prioritarie, cioè personale sanitario, persone fragili, anziani, disabili, proceda alle vaccinazioni nelle aziende. Non possiamo mettere in piedi un meccanismo che crei persone più tutelate e altre meno tutelate”.
Il secondo punto, prosegue Dettori, “è garantire il pieno rispetto del piano vaccini nazionale: quindi, le strutture che saranno adibite dalle aziende devono rispondere agli stessi criteri di quelle pubbliche”. In sostanza devono esserci gli spazi adeguati – ingresso, sala di anamnesi, sala vaccino, sala di attesa post-vaccino, entrate e uscite separate, due bagni – e ambienti sanificati con regolarità.
Per questo, dice la segretaria confederale, “le aziende sanitarie locali devono controllare, perché non possiamo far diventare i centri di vaccinazione luoghi di veicolazione del virus”. La Cgil boccia invece l’ipotesi che nei centri aziendali vengano vaccinati anche i familiari dei lavoratori: “Intanto vi è un problema di sicurezza sanitaria, visto che il protocollo prevedeva percorsi diversificati per i lavoratori e gli esterni come ad esempio i fornitori. Ma soprattutto non vorremmo che si creassero anche in questo caso nuove disuguaglianze”.
Quanto al “vecchio” Protocollo sicurezza (firmato il 14 marzo e integrato il 24 aprile 2020) Dettori osserva che vanno recepite e armonizzate nuove norme e circolari: “Il protocollo chiedeva per rientrare al lavoro il tampone negativo, ma una circolare successiva ha stabilito che si può ritornare in società dopo 21 giorni dalla positività al Covid, senza la necessità di un tampone negativo. È una contraddizione che va chiarita, per tutelare non solo i lavoratori ma tutti i cittadini”.
Altra norma da aggiornare è quella sulla distanza tra persone, prima fissata ad 1 metro e recentemente portata a 2 dall’Istituto superiore di sanità a causa della maggiore contagiosità delle varianti: “Bisogna compiere le opportune valutazioni nei posti di lavoro: dove non è possibile la distanza di 2 metri, occorre calcolare i fattori di rischio ed assicurare presidi di sicurezza adatti. Ad esempio, non può bastare la semplice mascherina chirurgica”.
Infine, il tema delicato dei negozi e dei supermercati: “Almeno nelle zone rosse va ripristinato il contingentamento dei clienti e assicurata la presenza di igienizzanti, guanti e così via. I controlli sono stati allentati”, conclude Dettori.

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