Pedopornografia: foto e video in chat dell’orrore, denunciati 20 minori

La Polizia Postale e delle Comunicazioni ha concluso una complessa e delicata attività d’indagine che ha portato alla denuncia in stato di libertà di 20 minorenni, in concorso tra loro, per i reati di detenzione, divulgazione, cessione di materiale pedopornografico e istigazione a delinquere aggravata.
L’attività è stata svolta dai poliziotti del Compartimento Polizia Postale per la Toscana coordinati dal Procuratore Capo della Procura della Repubblica presso il Tribunale per i Minorenni di Firenze, dott. Antonio Sangermano. La vicenda è iniziata quando una madre lucchese, trovando sul telefono cellulare del figlio quindicenne numerosi filmati hard con protagoniste giovanissime vittime, si è rivolta alla Polizia Postale chiedendo aiuto.
Dall’analisi del telefonino è emerso un numero esorbitante di filmati e immagini pedopornografiche, anche sotto forma di stickers, scambiate e cedute dal giovane, rivelatosi l’organizzatore e promotore dell’attività criminosa insieme ad altri minori, attraverso Whatsapp, Telegram e altre applicazioni di messaggistica istantanea e social network. Sul telefono del ragazzo erano inoltre presenti numerosi file “gore” (dall’inglese “incornare”), la nuova frontiera della divulgazione illegale, video e immagini provenienti dal dark web raffiguranti suicidi, mutilazioni, squartamenti e decapitazioni di persone, in qualche caso di animali.
Dopo oltre cinque mesi d’indagini i poliziotti hanno identificato i soggetti che a vario titolo detenevano o scambiavano immagini e video pedopornografici. Le numerose perquisizioni eseguite dalla Polizia Postale e delle Comunicazioni, coordinate dal CNCPO (Centro Nazionale Contrasto alla Pedopornografia Online), sono state eseguite nei confronti di minori nelle città di Lucca, Pisa, Cesena, Ferrara, Reggio Emilia, Ancona, Napoli, Milano, Pavia, Varese, Lecce, Roma, Potenza e Vicenza.
Il più “anziano” del gruppo ha compiuto da poco 17 anni, il più giovane ne ha 13. A far parte delle chat dell’orrore vi erano anche 7 adolescenti, tutti 13enni. Sono stati sequestrati decine di telefonini e computer, dalla cui perquisizione informatica sono emersi elementi di riscontro inconfutabili. Sono in corso, da parte degli esperti della Polizia Postale, approfondite analisi di tutti i supporti sequestrati al fine di acquisire le prove informatiche e verificare il coinvolgimento di altri soggetti, nonché l’ambito di diffusione del fenomeno. (Adnkronos)

Scoperta ‘chat orrore’: polizia, è un fenomeno nuovo “Video violenti condivisi insieme a file pedopornografici”
“Il fenomeno nuovo che è venuto alla luce nelle indagini è che accanto allo scambio di materiale pedopornografico avviene in contemporanea l’invio dei cosiddetti file gore, presi per lo più dal deep web, molto violenti, con immagini crude di suicidi e decapitazioni di persone e animali, quasi a voler alimentare con questi video il contenuto di crudezza dei file pedopornografici”. Lo ha detto Annalisa Lillini, dirigente del compartimento della polizia postale per la Toscana, parlando dell’inchiesta coordinata dalla procura della Repubblica presso il tribunale dei minori di Firenze che ha portato a perquisizioni nei confronti di 20 ragazzini di età compresa tra i 13 e i 17 anni. Secondo quanto emerso, i file di natura pedopornografica e quelli contenenti video di violenze venivano condivisi su una chat, amministrata da un 15enne residente a Lucca. Le indagini sono partite dalla denuncia della madre del ragazzo, che dopo aver trovato i video nel cellulare del figlio ha deciso di rivolgersi alla polizia postale. (ANSA).

Piscologa, con tecnologia scomparsa adolescenza Non esiste più filtro adulti, sul web gara a trovare cose orrende
“Se da un punto di vista psicologico l’infanzia e l’adolescenza esistono ancora, da un punto di vista sociologico sono sparite. E la tecnologia ha accelerato questo processo: davanti ad uno schermo non c’è più nessuna differenza tra adulti e adolescenti. E questi ultimi sono molto più svegli di noi, anche in grado di accedere facilmente al dark web”. E’ il parere di Maria Beatrice Toro, psicologa e psicoterapeuta, sulla “chat dell’orrore” usata da giovanissimi dove venivano scambiate immagini molto violente. “Nella vita reale – aggiunge l’esperta che ha scritto ‘Tecnoliquidità’ e ‘Crescere con la mindfulness’ rivolti al mondo dei ragazzi – non esiste più la mediazione e il filtro dell’adulto, fruiamo degli stessi intrattenimenti e delle stesse notizie, sui social e sul web. Ma mentre gli adulti sono ‘scolarizzati’, gli adolescenti hanno una immaturità celebrale e un bisogno infinito di esplorazione e trasgressione, come del resto è sempre stato, che li porta ad essere attratti da contenuti estremi. E’ una gara al peggio, a chi è più bravo a trovare cose orrende, prima erano le gare sui binari, ora la violenza sul web. Un fenomeno che è aumentato durante il periodo claustrofobico del Covid”. “I file gore sono file con contenuto estremo che esistono dagli anni Duemila – spiega la psicologa – e per andare sul dark web non ci vuole un ingegnere informatico, basta usare un browser, lo fanno tanti adolescenti. Il ragazzino cerca un file vero, anche se molto violento, perché dopo aver fatto una overdose di virtuale cerca la realtà. In questo senso la tecnologia è diventata un veicolo di iperrealtà, si è alzata la soglia di sensibilità, è un upgrade rispetto alla finzione. Più è vero, più vale qualcosa. E se arriva dagli amici è ancora meglio del dark web”. In questo contesto, spiega Maria Beatrice Toro, per i genitori è “difficile essere informati e stare al loro stesso livello”. “Fare i genitori del Terzo Millennio è uno sforzo incredibile – sottolinea – c’è una generazione di genitori logori, provati da una precarietà lavorativa e a volte sentimentale in cui i figli sono l’unico bene rifugio, l’unica solidità e sono spaventati dal diventare impopolari. Hanno un enorme problema a dare regole e la paura di una porta chiusa. Sono dipendenti affettivi dai figli, sono questi ultimi i loro riferimenti, anziché esserlo i genitori per i figli”. (ANSA).

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