OCSE: IN ITALIA CRESCE DISUGUAGLIANZA REDDITI ED E’ SUPERIORE ALLA MEDIA INVESTIRE IN OCCUPAZIONE

Ricchi sempre piu’ ricchi e poveri sempre piu’ poveri: la disuguaglianza dei redditi tra le persone in eta’ lavorativa e’ aumentata drasticamente nei primi anni novanta e da allora e’ rimasta a un livello elevato, nonostante un leggero calo verso la fine del primo decennio degli anni duemila. In Italia, la disuguaglianza dei redditi, e’ superiore alla media dei paesi Ocse, piu’ elevata che in Spagna, ma inferiore che in Portogallo e nel Regno Unito. E’ quanto emerso dal rapporto Divided we stand: why inequality keeps rising diffuso dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico a dicembre scorso e presentato questa mattina all’Istat.Nel 2008, si legge, il reddito medio del 10% piu’ ricco degli italiani era di 49.300 euro, dieci volte superiore al reddito medio del 10% piu’ povero (4.877 euro) indicando un aumento della disuguaglianza rispetto al rapporto di 8 a 1 di meta’ degli anni Ottanta. Le imposte sui redditi e i sussidi sociali hanno un ruolo importante nella redistribuzione del reddito in Italia, riducendo la disuguaglianza di circa il 30% – la media Ocse e’ un quarto. E ancora: la proporzione dei redditi piu’ elevati e’ aumentata di piu’ di un terzo.L’1% piu’ ricco degli italiani ha infatti visto la proporzione del proprio reddito aumentare del 7% del reddito totale nel 1980 fino a quasi dell 10% nel 2008. La proporzione di reddito detenuta dallo 0.1% della popolazione e’ aumentata da 1.8% a 2.6% nel 2004. Allo stesso tempo, le aliquote marginali d’imposta sui redditi piu’ alti si sono quasi dimezzate passando dal 72% nel 1981 al 43% nel 2010.L’Ocse ha rilevato poi un ruolo maggiore del reddito da lavoro autonomo: l’aumento dei redditi da lavoro autonomo ha contribuito in maniera importante all’aumento della disuguaglianza dei redditi da lavoro; la loro quota sul totale dei redditi e’ aumentata del 10% dalla meta’ degli anni Ottanta e i redditi da lavoro autonomo sembrano ancora predominare tra le persone con i redditi piu’ alti, al contrario di molti altri Paesi Ocse.Inoltre, dal rapporto emerge che i lavoratori meglio pagati lavorano piu’ ore. In Italia la differenza tra le ore di lavoro dei lavoratori meglio e peggio retribuiti e’ aumentata, confermando l’andamento visto nella maggior parte dei Paesi Ocse. Dalla meta’ degli anni Ottanta, il numero annuale di ore di lavoro dei lavoratori dipendenti meno pagati e’ diminuito, passando da 1580 a 1440 ore; anche quello dei lavoratori meglio pagati e’ diminuito, ma in minor misura, passando da 2170 a 2080 ore.Un altro motivo per cui la diseguaglianza dei redditi resta acuita e’ che sempre piu’ persone si sposano con persone con redditi da lavoro simili ai loro. Questo cambiamento sociale ha contribuito ad un terzo dell’aumento della disuguaglianza di reddito da lavoro tra le famiglie.L’aumento della disuguaglianza dei redditi da lavoro maschile rimane, tuttavia, la prima causa dell’aumento della disuguaglianza totale spiegandone la meta’. Infine, la redistribuzione attraverso i servizi pubblici e’ diminuita: come in molti paesi Ocse, in Italia sanita’, istruzione e servizi pubblici destinati alla salute contribuiscono a ridurre di circa un quinto la disuguaglianza di reddito. Gli stessi contribuivano a una riduzione della disuguaglianza pari a circa un quarto nel 2000. La spesa sociale in Italia e’ basata prevalentemente su trasferimenti pubblici, come per esempio i sussidi di disoccupazione, piuttosto che da servizi. Ma la capacita’ di stabilizzare la diseguaglianza del sistema impositivo e dei sussidi e’ aumentato: iImposte e sussidi compensavano meta’ dell’aumento della disuguaglianza del reddito da lavoro e da capitale (che include gli stipendi lordi, i risparmi e il reddito da capitale) prima della meta’ degli anni Novanta. Da allora hanno compensato quasi interamente l’aumento della disuguaglianza del reddito da lavoro e da capitale. ASCAÿOCSE: CONTRO DISUGLIANZE INVESTIRE I RISORSE UMANE ED OCCUPAZIONEContro la disuguaglianza dei redditi bisogna investire nelle risorse umane e sull’occupazione.Sono le raccomandazioni politiche per i paesi dell’Ocse emerse dal rapporto Divided we stand: why inequality keeps rising diffuso dall’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico a dicembre scorso e presentato questa mattina all’Istat.L’occupazione, si legge, e’ il modo per migliore di ridurre le disparita’. La sfida principale consiste nel creare posti di lavoro qualitativamente e quantitativamente migliori, che offrano buone prospettive di carriera e la possibilita’ concreta di sfuggire alla poverta’.E’ essenziale investire nelle risorse umane, un processo che deve iniziare dalla prima infanzia ed essere sostenuto per tutto il ciclo di istruzione obbligatoria. Una volta realizzata la transizione dalla scuola al lavoro, occorre fornire incentivi sufficienti affinche’ tanto i lavoratori che i datori di lavoro investano nelle competenze lungo l’intero arco della vita lavorativa. E ancora: La riforma delle politiche fiscali e previdenziali costituisce lo strumento piu’ diretto per accrescere gli effetti redistributivi. Perdite ampie e persistenti di reddito per i gruppi a basso reddito in coincidenza con le fasi recessive evidenziano l’importanza del ruolo degli ammortizzatori sociali, dei trasferimenti pubblici e delle politiche di sostegno del reddito. Tali meccanismi devono essere ben congegnati al fine di ottenere i risultati sperati.Infine, la quota crescente di reddito per la popolazione con le retribuzioni piu’ elevate suggerisce che la sua capacita’ contributiva e’ aumentata. In tale contesto, le autorita’ potrebbero riesaminare il ruolo redistributivo della fiscalita’ onde assicurare che i soggetti piu’ abbienti contribuiscano in giusta misura al pagamento degli oneri impositivi e l’offerta di servizi pubblici gratuiti e di qualita’ elevata in ambiti quali l’istruzione, la sanita’ e l’assistenza familiare riveste un ruolo importante. ASCA

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