Miceli (Cgil), nella ”ripartenza” c’e’ la sfida per una societ diversa e piu’ innovativa
LÕemergenza pandemia ha dato un nuovo ruolo al sindacato, un ruolo delicato e centrale. Cgil, Cisl e Uil si sono assunte la responsabilit di chiedere, e ottenere, il blocco dellÕeconomia; oggi, si assumono la responsabilit di guidarla nella riapertura, forti di un nuovo Protocollo di sicurezza firmato assieme alle associazioni delle imprese. Un impegno colossale, una vera prova del fuoco che i sindacati dovranno gestire dai prossimi giorni e per i prossimi mesi. Ne abbiamo parlato con Emilio Miceli, segretario confederale della Cgil, giusto al termine della trattativa no stop che ha portato questa mattina alla firma del Protocollo.Miceli, siete pronti a gestire tutto quello che verr dal momento in cui il governo annuncer la ripresa delle attivit? Cosa vi aspetta, ci aspetta, nel futuro?Non cÕeÕ dubbio che in questi due mesi abbiamo avuto un ruolo centrale nella vita e nelle decisioni del paese: ma avremmo preferito di gran lunga non averlo, date le circostanze. Quanto al futuro, una fase di emergenza eÕ ovviamente una fase di deroga: si tratta di ridisegnare i modelli contrattuali, di lavoro, di orari, della vita stessa delle persone. Noi abbiamo fatto una rete di accordi che rappresentano gli assi portanti del sistema produttivo. Ora, con lo sblocco, ci misuriamo con unÕ altra questione, cio rimettere in moto il paese, considerando i due versanti: quelli aziendali, e quelli dei grandi servizi collettivi. EÕ una partita gigantesca, dove ti giochi decenni di consolidamento del sistema dei contratti e dei diritti stessi. Una prova del fuoco inedita, per il sindacato.Sarete in grado?Dobbiamo per forza essere in grado. Dobbiamo riuscire a conciliare le esigenze del paese con quelle del lavoro, senza ridurre i diritti ed evitando di lasciar prevalere la logica che la produzione valga piuÕ della vita delle persone. Perche va bene ripartire, ma le aziende non possono pensare che, in una fase in cui il contagio eÕ ancora alto, sia possibile il riavvio a tutta manetta. Occorrer rallentare un poÕ, e occorrer essere molto vigili.Occorrer anche cambiare orari di lavoro, spalmarli su tempi pi lunghi, su settimane piuÕ lunghe. Questo richiede modifiche allÕorganizzazione del lavoro, azienda per azienda, caso per caso. Pi flessibilit?EÕ chiaro che i margini di flessibilit saranno destinati ad ampliarsi, per far fronte alle diverse esigenze. Per esempio, il lavoro la domenica: noi siamo il sindacato che premeva perche la domenica non fosse lavorativa per alcune categorie, come il commercio. Oggi invece dobbiamo farci carico del fatto che, se vogliamo il distanziamento, ci dobbiamo misurare con un lavoro spalmato sullÕintera settimana. EÕ un tema difficile. UnÕintera generazione di sindacalisti, forse piuÕ generazioni di sindacalisti, dovranno misurarsi con una ÔÕpalestraÕÕ pesante.Ma tutto questo sconvolgimento, alla fine, durer alcuni mesi, poi si potr tornare alla vita normale come lÕabbiamo conosciuta, non crede?E lei crede davvero che si torner come prima? Le faccio qualche esempio. EÕ indubbio che in questi due mesi abbiamo sperimentato come alcuni milioni di italiani possano lavorare dalla propria casa con lo smart working. Abbiamo cos agganciato un tema che per anni eÕ stato solo una nicchia, e che oggi invece vediamo che grande futuro pu avere, se declinato nel modo giusto. Nella Pubblica amministrazione, innanzi tutto, ma anche nelle aziende, nellÕindustria, per tutta quella parte di lavoro, ed eÕ moltissima, che non richiede strettamente la presenza.Lo smart working probabilmente trarr nuova linfa da questa esperienza. Ma che altro di questi mesi pensa che ci porteremo dietro?Alcuni cambiamenti saranno duraturi e strutturali. I trasporti, che diverranno sempre pi personali e meno collettivi. Penso a piccole auto, biciclette, monopattini. Una mobilit diversa, si cambieranno le abitudini. Altro esempio, lÕecommerce: non solo gli utenti, ma anche i negozi, punteranno sempre pi a comprare e vendere online. La cena a domicilio diverr abitudine consolidata. Insomma: non sono un ÔÕnuovistaÕÕ, ma penso che non tutto sar legato allÕemergenza. Ci sono cose che ci hanno costretto in questi mesi a confrontarci con lÕinnovazione, a prenderci confidenza, e che potranno essere proiettate nel futuro, a prescindere dallÕemergenza.Quindi pensa che alla fine ci sar anche una, diciamo, eredit positiva, in questa terrificante esperienza?Non si pu vedere nulla di positivo in quello che eÕ accaduto e sta accadendo. Ma la situazione ci sta costringendo a misurarci con un deficit di innovazione che il paese aveva, con il digital divide, con le infrastrutture della rete che vanno potenziate, eccetera. Il paese intero, non solo il sindacato stato costretto a misurarsi con tutto questo. E oggi, probabilmente, si pu immaginare, nel futuro, di spostare parte degli investimenti su settori nuovi.Per il sindacato questa necessit di innovazione in cosa si concretizza?Il sindacato si sta misurando oggi, per la prima volta nella sua storia, con una grande mole di accordi ma senza avere a disposizione quello strumento di partecipazione che per noi era tradizionale dai tempi di Di Vittorio, cio le assemblee con i lavoratori. Convocavi lÕassemblea, arrivavano 50, o 500, o 5000 lavoratori, parlavi, esponevi, ascoltavi. Ora dobbiamo trovare un sistema diverso per proporci alle stesse 50, 500 o 5000 mila persone: che per saranno distanti. Dovremo inventarci nuovi spazi di partecipazione.Che rapporto avete avuto con le aziende, in questi mesi? A vederla dallÕesterno, si direbbe di condivisione, pi che di scontro. EÕ cosiÕ?Le aziende sono un mondo variegato, come tutti i mondi. Posso dire per che nel momento in cui eravamo tutti partecipi di un evento straordinario come il blocco dellÕeconomia, a tutti tremavano i polsi nello stesso modo. Non era mai successo che un atto di governo, dopo la consultazione con i sindacati, decidesse di fermare lÕeconomia. La cosa che mi ha confortato, eÕ stato constatare che il sistema paese ha capito che si doveva bere lÕamaro calice. E che tutte le componenti Ð imprese, sindacato, politica Ðne hanno preso atto. Ciascuno ha fatto il suo dovere. Il governo ha trovato le risorse necessarie per aprire un grande paracadute che tenesse dentro se non tutto il paese, almeno il pi possibile; le imprese, da parte loro, hanno accettato, dopo il blocco dellÕeconomia, anche quello dei licenziamenti. Grazie a tutto questo, il paese ha retto.Oggi, alla vigilia della ripresa, della ritrovata libert, sia pure a piccole tappe, a pezzetti, che bilancio trae da questa esperienza?Una cosa che ci ha mostrato il virus eÕ quanto rapidamente pu cambiare la societ. Abbiamo portato avanti la pellicola di molti frame. Il nuovo film ci fa vedere pi avanti, i rapporti con le imprese, la partecipazione, la comunicazione tra le persone. LÕemergenza ci ha mostrato il trailer di come cambieremo. Di come potremo cambiare. Si eÕ aperta una finestra su un mondo nuovo. Abbiamo vissuto nella societ della condivisione, ora dovremo costruire quella del distanziamento. Ma il paese ha dato una prova di grandissima, e probabilmente inattesa, insospettabile, maturit. E questo il patrimonio importante che ci resta, che ci sar prezioso anche in futuro.di Nunzia Penelope da ildiariodellavoro.it