Scacchetti (Cgil) a RadioArticolo1 sulle rilevazioni Istat: Il 90 per cento degli assunti sono precari e con salari bassi. L?unica condizione per generare nuova occupazione far ripartire l’economia. Preoccupanti i dati sui licenziamenti delle neomammeIl 90 per cento dei nuovi assunti sono lavoratori precari con salari molto bassi, rivelano gli ultimi dati Istat. ?L?unico dato positivo che l?occupazione cresce, ma se si vanno a guardare le caratteristiche dei neoassunti le notizie diventano assai meno ottimistiche, perch abbiamo a che fare con quasi tutto lavoro povero e precario, peraltro numericamente inferiore alla crescita europea. Cos la segretaria confederale Cgil, Tania Scacchetti, intervistata da RadioArticolo1.Il problema, secondo la sindacalista, che l?unica condizione per generare nuova occupazione far ripartire l?economia. Ma la legislazione propagandata come lo strumento per superare le difficolt storiche ha decisamente fallito, a partire dal Jobs Act. Per le nuove generazioni, si prospetta un futuro sempre pi incerto. Pi che incentivazioni, abbiamo a che fare con bolle speculative, determinate da 20 miliardi di sgravi economici e non da investimenti. Come noto, per la Cgil occorrono politiche diverse, che mettano al centro il lavoro come fattore di economia positiva, altrimenti continueremo ad avere nuovi occupati, ma per pochissime ore alla settimana. Non bisogna dimenticare, infatti, come rileva l’Istat, che si sono perse oltre un miliardo e 200 milioni di ore lavorate rispetto al livello pre-crisi. Ci significa che anche chi ha trovato un?attivit , in realt svolge un lavoro debole, precario e con molte meno ore lavorate rispetto al passato. Uno dei segni pi evidenti l?esplosione del part time involontario, simbolo del fatto che generiamo lavoro povero, che non permette una vita dignitosa?, attacca Scacchetti.A marzo, tra l’altro, scadono gli incentivi del primo triennio del Jobs Act. In questi anni il vantaggio economico che le imprese hanno avuto dal punto di vista degli sgravi stato molto pi elevato del costo che le stesse aziende avrebbero dovuto pagare se avessero licenziato le persone senza giusta causa o giustificato motivo. Quindi l?abolizione dell?articolo 18 ha significato non solo impoverire il lavoro dal punto di vista della sua strumentazione oggettiva, ma liberare l?impresa da quel vincolo enorme di deterrenza che aveva e che costitutiva un sistema di riequilibrio nel rapporto tra impresa e lavoratore.Siamo preoccupati perch con la fine degli sgravi le imprese potrebbero licenziare in modo massiccio quella fascia di lavoratori over 50, in prevalenza assunti, secondo i dati Istat, proprio a discapito dei giovani, indebolendo cos ulteriormente le fasce pi alte del mercato del lavoro. Insomma, si corre il rischio che i nuovi inattivi non siano pi i giovani, ma i lavoratori pi maturi. Oltretutto, il fatto particolarmente grave, perch sono lavoratori che non possono usufruire di contratti come l?apprendistato, n essere incentivati con i nuovi contratti di reinserimento. Tutto ci dovr essere oggetto di un?attenta vigilanza da parte del ministero del Lavoro?, evidenzia la sindacalista.Un altro dato da sottolineare riguarda il lieve incremento registrato nell?occupazione femminile ? commenta la segretaria confederale della Cgil ? , accompagnato, di contro, da un fenomeno assai preoccupante: nel 2016, su quasi 30 mila licenziamenti volontari di lavoratrici, 24.618 sono neomamme. Ci significa che in Italia non esiste la possibilit di conciliare lavoro e maternit : secondo me uno scandalo, tanto pi per il fatto che avviene in un Paese a basso tasso di natalit . In questo modo, la maternit tornata a essere una questione meramente privata, che riguarda i singoli nuclei familiari, che mette le donne di fronte a delle scelte, che in molti casi diventano forzate.Abbiamo fatto un gran dibattitto per contrastare la norma sulle dimissioni in bianco che le imprese fanno firmare alle lavoratrici all?atto dell?assunzione, ma il problema certo non lo si risolve se non si ritorna a ragionare di maternit come un fatto che ha valore sociale, di cui lo Stato si deve necessariamente far carico attraverso la fiscalit , le misure di conciliazione, le facilitazioni, mediante un sistema di welfare universale. Su questo, siamo indietrissimo rispetto all?Europa e ancora di pi in certe aree geografiche del nostro Paese?, conclude l?esponente Cgil. da rassegna.it
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