Lavoro domestico, scade il 30 settembre la richiesta del bonus di 200 euro

Lavoro domestico, scade il 30 settembre la richiesta del bonus di 200 euro. Colf e badanti possono presentare la domanda all’Inps tramite la Filcams Cgil territoriale e il Patronato Inca. Il sindacato ribadisce: è un sostegno necessario ma non sufficiente per rispondere all’impoverimento dei redditi

Lavoratrici e lavoratori domestici potranno percepire il bonus di 200 euro previsto dal decreto Aiuti. Hanno tempo fino al 30 settembre per farne richiesta: per poterlo ricevere devono risultare titolari, già dal 22 maggio 2022, di uno o più rapporti di lavoro domestico regolarmente denunciati all’Inps e aver percepito – come indicato dal decreto, un reddito inferiore ai 35.000 euro nel 2021. Le lavoratrici e i lavoratori potranno presentare la domanda all’Inps tramite la Filcams Cgil territoriale e il Patronato Inca. “Si tratta di un riconoscimento non sufficiente a dare risposte al problema dell’impoverimento dei redditi dei lavoratori che hanno bisogno di interventi strutturali, ma rappresenta un sostegno una tantum di cui anche gli addetti del comparto, spesso trascurati dai provvedimenti legislativi, possono usufruire”, commenta Filcams in una nota.
Un comparto, quello del lavoro domestico, che continua a rappresentare un elemento fondamentale per l’organizzazione delle famiglie, in modo particolare con il supporto che fornisce nella cura delle case, dei minori, degli anziani, delle persone non autosufficienti. “Servizi e attività – aggiunge la Filcams – che dovrebbero essere sostenuti maggiormente dalle politiche di welfare dello Stato, con investimenti e risorse adeguate alla loro organizzazione”. Un comparto importante, quindi, quello dei lavoratori domestici, come emerge anche dai dati recentemente diffusi dall’Osservatorio Inps relativi al 2021 che restituiscono il quadro di un settore in crescita: sono 961.358 le lavoratrici e i lavoratori regolarmente assunti, con un incremento dell’1,9% rispetto all’anno precedente, dovuto probabilmente alla normativa sugli spostamenti introdotta con il lockdown e alla spinta per l’emersione dei rapporti irregolari, prevista nel decreto Rilancio. Il settore – che resta a netta prevalenza femminile, con la presenza dell’88,6% di lavoratrici donne, e registra una maggioranza di lavoratrici e lavoratori stranieri, concentrati soprattutto nella fascia tra i 50 e i 54 anni – vede una più alta concentrazione degli addetti in Lombardia, Lazio, Emilia Romagna e Toscana. Il 53% del totale sono collaboratrici e collaboratori domestici e il restante 47% assistenti familiari, che registrano i contratti di lavoro con un maggior numero di ore settimanali. Nonostante l’aumento del lavoro regolare, resta comunque dominante quello irregolare, che si attesta ad un preoccupante e inaccettabile 60%.
Questi dati confermano la rilevanza del lavoro di cura svolto dal comparto pur senza riconoscimenti e confermano, di conseguenza, le rivendicazioni e le proposte portate avanti dalla Filcams Cgil nel corso di questi anni. In tale direzione, la sigla di categoria della Cgil ha presentato, insieme a Fisascat Cisl, Uiltucs e a tutte le parti sociali del settore, una piattaforma ai governi che si sono succeduti per chiedere di indirizzare risorse nazionali ed europee verso azioni volte a migliorare le condizioni di lavoro nel settore domestico: il contrasto al lavoro irregolare, ma anche il riconoscimento del diritto alla malattia e alla maternità, una legislazione in tema di immigrazione che garantisca meccanismi certi e costanti per la regolarizzazione dei lavoratori domestici e l’istituzione di un assegno universale per la non autosufficienza. “Punti fondamentali per il settore, sui quali continuiamo a essere impegnati e su cui la politica e le istituzioni non hanno ancora dato risposte concrete e di prospettiva”, conclude la nota.

Fonte: collettiva.it

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